Governi deboli denaro caro di Mario Deaglio

Studiosi fra economia e politica Studiosi fra economia e politica Governi deboli denaro caro I EGLI ultimi due anni, in. Europa e Giappone la disoccupazione è aumentata di. svariati milioni di unità; la. produzione è scesa bruscamente; l'incremento, apparentemente privo di soste, dei consumi, privati sembra giunto al termine. A. questo quadro classico di recessione manca però un elemento essen-' ziale: mentre le autorità monetarie sono riuscite a far scendere il tasso di interesse nominale a breve periodo, il tasso reale e cioè il prezzo depurato dell'inflazione - che è il vero prezzo del denaro rilevante ai fini dello sviluppo, è rimasto ostinatamente fermo oppure è sceso pochissimo. Da dove trae origine quest'anomalia del prezzo del denaro che non cala e contribuisce a perpetuare la debolezza dell'economia? Secondo la teoria neoclassica, oggi predominante, l'alto prezzo del denaro rientra in un equilibrio naturale: famiglie e imprese sono disposte a risparmiare solo di fronte alla prospettiva di rendimenti molto al-* ti, si rifiutano di farlo a livelli inferiori. Il mondo sarebbe condannato a uno sviluppo scarso o nullo finché la quantità di risparmio sarà insufficiente, finché le famiglie non accetteranno tassi di interesse più bassi e i disavanzi pubblici, che distruggono il risparmio, non saranno sufficientemente ridotti. Queste due condizioni, però, possono essere realizzate soltanto in tempi lunghi e intanto l'equilibrio naturale non ci salva da un fortissimo disagio sociale provocato dalla recessione. Di fronte a tale squilibrio, una volta impostate le corrette politiche monetarie, secondo i neoclassici non resterebbe da fare altro che allargare le braccia aspettando che la recessione passi. Di fatto, molti governi occidentali stanno comportandosi proprio così. Due economisti italiani, Pierluigi Ciocca, capo ufficio studi della Banca d'Italia e Giangiacomo Nardozzi, che insegna al Politecnico di Milano, hanno reagito alla diffusa rassegnazione degli addetti ai lavori. Forse hanno tenuto a mente le parole di Keynes: «Gli economisti si attribuiscono un compito troppo facile e troppo inutile se in momenti tempestosi possono dirci soltanto che quando l'uragano sarà lontano, l'oceano tornerà tranquillo». E proprio da Keynes prendono le mosse in un saggio in deciso contrasto con l'ortodossia dominante, L'alto prezzo del denaro, un'interpretazione dei tassi d'interesse internazionali, uscito da Laterza. Keynes sosteneva che il tasso di interesse non dipende solo dalla quantità di risparmio domandata e offerta bensì anche da altri fattori tra i quali le previsioni dei risparmiatori sui rendimenti del risparmio e il grado di convinzione con cui queste previsioni vengono' formulate. E siccome le conoscenze tecniche dei risparmiatori non sono mai molto grandi, le previsioni, secondo Keynes, sono basate in parte su elementi convenzionali. La prima di queste convenzioni è che il tasso di interesse attuale sia quello «giusto» e che pertanto non sia destinato a cambiare se non per specifici avvenimenti futuri. Se questo è vero, come sostengono Ciocca e Nardozzi, il governo complessivo dell'economia non si può limitare alla gestione della quantità di moneta; per essere efficace, la politica monetaria deve orientare le attese del mercato e in particolare riducendo l'incertezza. Nella loro critica cortese ma devastante, gli autori sostengono, sulla base di dati non facilmente controvertibili, che l'alto prezzo del denaro in termini reali è conseguenza della sfiducia dei mercati nella capacità dei governi: in particolare del giudizio negativo sugli aspetti monetari della riunificazione tedesca e sul deficit del bilancio pubblico degli Stati Uniti, i quali negli anni di Reagan e Bush hanno aumentato i consumi più che gli investimenti. I banchieri centrali assistono impotenti, e devono limitarsi, come Ciampi prima e Fazio poi, a lanciare appelli e rampogne per ottenere una politica più chiara. Si può concludere che governi deboli, o comunque non credibili, portano necessariamente con sé un alto prezzo del denaro e per conseguenza un'economia soffocata e stagnante. Mentre stanno per recarsi alle urne, gli elettori italiani dovrebbero tenerne conto. Mario Deaglio

Luoghi citati: Europa, Giappone, Milano, Stati Uniti