Conto alla rovescia per i bombardieri

Conto alla rovescia per ■ bombardieri Conto alla rovescia per ■ bombardieri Dai serbi promesse e minacce: «Ci vendicheremo sull'Italia» BRUXELLES DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Il conto alla rovescia per Sarajevo è scattato all'una di questa notte. Da qui a dieci giorni i serbi dovranno ritirare le artiglierie a 20 chilometri dalla città, ed i musulmani consegnare le proprie ai Caschi blu. Se non lo faranno, 140 aerei della Nato potranno colpire i trasgressori. «Il grilletto è già tirato», ha detto il ministro degli Esteri Andreatta, e per questo ieri i contatti diplomatici hanno raggiunto un ritmo frenetico. A Ginevra, dove il leader serbo-bosniaco Radovan Karadzic ha accettato il ritiro, sono ripresi i negoziati, bloccati però subito dalla polemica sulla responsabilità della strage a Sarajevo. «Siamo venuti a Ginevra per chiedere l'apertura di un'inchiesta sulla strage - ha detto Karadzic -; noi sappiamo chi è stato, e fino a quando non sarà aperta l'inchiesta di una commissione congiunta Onu-musulmani-serbi, non intendiamo negoziare». Il premier musulmano Haris Silajdzic ha però rifiutato «che siano gli assassini ad indagare sugli omicidi che hanno commesso», affermando che l'Onu «ha già stabilito che il colpo di mortaio che ha colpito il mercato proveniva dalle postazioni serbe». In realtà quest'affermazione è falsa: i Caschi blu non sono stati in grado di indicare la provenienza della granata, ed anzi, secondo quanto ci hanno detto alla Nato, «le indicazioni fanno ritenere possibile, se non addirittura probabile, che la responsabilità della strage sia dei musulmani». Dopo un intervento del Segretario generale dell'Onu Boutros Ghali, dunque, Silajdzic è stato costretto ad accettare una commissione d'inchiesta Onu, cui parteciperanno serbi e musulmani. Sono stati i dubbi sulla responsabilità della strage a dettare equilibrio alla Nato. Nella dichia- razione d'ultimatum si riconosce che i serbi portano «la responsabilità principale della tragica perdita di vite umane» provocata dall'assedio di Sarajevo, ma se ai serbi si ingiunge di ritirare i propri cannoni, ai musulmani si impone di consegnarli all'Onu. Secondo un'altra fonte, anzi, «gli americani faranno capire ai musulmani «che non combatteremo la loro guerra». Il timore di provocazioni resta comunque alto, ed il comandante del fianco Sud della Nato, Jeffrey Boorda, ha discusso ieri con l'Unprofor di come garantire il controllo della «zona d'esclusione» attorno a Sarajevo. Ma dubbi a parte, l'ultimatum è lanciato. Se i bombardamenti dovessero riprendere, i jet dell'Alleanza potrebbero colpire subito. A partire dal 21 febbraio, invece, se i cannoni non saranno stati ritirati, gli attacchi potranno essere effettuati su segnalazione dei Caschi blu, dopo il via di Ghali. Il suo rappresentante in Bosnia si è detto contrario all'uso dell'aviazione. Sulle incertezze occidentali, come sulle strettoie del meccanismo decisionale, i serbi hanno ieri speso le proprie minacce. Karadzic ha detto che «di ultimatum ce ne hanno già dato uno a Sarajevo nel 1914». Il suo ministro dell'informazione, Miroslav Tohoij, ha aggiunto che «altre guerre, e mondiali, sono iniziate con ultimatum ai serbi», e da Belgra¬ do il portavoce dell'esercito jugoslavo, il colonnello Stojadinovic, ha minacciato che «se la Nato bombarderà, creerà le condizioni per una grande guerra balcanica, se non europea». Forse prevedendo le minacce, Bill Clinton aveva già risposto: «Nessuno deve sottovalutare la volontà della Nato di andare fino in fondo». Karadzic, evidentemente, gli ha creduto e ha accettato di ritirare l'artiglieria, mentre il suo rivale Silajdzic ha accettato le condizioni imposte ai musulmani. Ma in questa girandola di minacce in libertà non poteva mancare l'avvertimento all'Italia. Il leader n -"ionalista di Belgrado Vojislav Seselj ha detto che in caso di attacco «dovremo bombardare gli obiettivi Nato raggiungibili in Italia . sparare ai Caschi blu». Paziente, Andreatta ha fatto sapere che quello dei missili serbi è un bluff: «Vigileremo». Fabio Squillante II leader dei serbi bosniaci Radovan Karadzic