Tornano tutti al tavolo progressista

Alla fine anche Ad dice sì a Occhetto: ci bastano le garanzie sul nuovo governo Alla fine anche Ad dice sì a Occhetto: ci bastano le garanzie sul nuovo governo Tornano tutti al tavolo progressista «Noi penalizzati», lite nel pds ROMA. «Piccolo miracolo» lo definisce Achille Occhetto. E ne ha ben donde. Riuscire a tenere insieme i progressisti è stata impresa improba. Ad uno ad uno tutti i partner del Pds hanno trovato il modo di mettere i bastoni tra le ruote alla «gioiosa macchina da guerra». Ora gli animi sembrano finalmente placati. Alleanza democratica ha sciolto ieri l'ultima riserva e la Rete, in Sicilia, parrebbe disposta ad una maggiore generosità. Il miracolo è frutto della paura. Paura dell'avversario che sarà pure, come dice il segretario della Quercia, «la riedizione del vecchio», «il frutto avvelenato del craxismo», «un gruppo di bande nemiche tra loro», e chi più ne ha più ne metta - ma che si mostra piuttosto agguerrito. Oltre che intenzionato a tallonare da presso pidiessini e soci. E l'idea di opporre Titti Parenti a Luciano Violante nel collegio di Grugliasco ne è un esempio. Ma lo stato di calma apparente della sinistra non deve trarre in inganno. E' vero che Ad si ritiene soddisfatta (e rimborsata di quei collegi sicuri che in un primo tempo aveva visto sfuggirle). Come si deduce dalle dichiarazioni di Ferdinando Adornato, il quale annuncia: «Non corriamo da soli perché l'alleanza progressista ha ribadito che per il dopo eie- zioni indicherà un governo con gli stessi connotati di quello di Ciampi, che è il Clinton italiano». Ed è vero che la Rete sembra propensa a concedere, nel suo feudo siciliano, qualche seggio ad Alleanza democratica e al Psi. E ancora, è vero che di fronte all'odiato Berlusconi, la sinistra si mostra compatta come non mai. Però i rischi sono sempre in agguato. Persino nella pacifica Emilia Romagna, dove Rifondazione comunista ha scoperto che, a sua insaputa, il Pds conduceva trattative in proprio. Con il partito popolare. Ben inteso, nulla di vistoso. Semplicemente qualche accordo di desistenza a Parma e Piacenza, lì dove la Lega è forte. Insomma, ex De ed ex Pei sono propensi a favorirsi a vicenda pur di sbarrare il passo alla destra. Qualche problema, il Pds lo ha anche in casa propria. Con quelli che sono stati esclusi dalle liste. Non a tutti è stato promesso in cambio un seggio a Strasburgo, o un ipotetico ministero, come quello offerto a mo' di risarcimento ad Alfredo Reichlin. Qualcuno è stato lasciato a terra tout court. E tra i malcapitati - soprattutto tra i miglioristi - c'è chi medita vendetta. La direzione che si aprirà stamane si preannuncia quindi piuttosto turbolenta. Il gruppo dirigente di Botteghe Oscure, infatti, si è mostrato assai magnanimo con gli alleati. Avrebbe dovuto tenere per sé il 50 per cento dei collegi sicuri, ma alla fine si è accontentato di qualcosina di meno. A scapito dei suoi parlamentari. Dunque, per tener buoni i partner, la Quercia ha dovuto penare non poco. Prima ci si sono messi i verdi. Che hanno minacciato di rompere le trattative. Volevano trenta collegi sicuri. Li avevano già ma non se ne erano accorti. Poi è stata la volta di Ad. E in tutto ciò Leoluca Orlando, dall'inizio alla fine, non ha mai smesso di dare grattacapi ad Occhetto. E non è affatto detto che non continui. Anche se per ora la Rete si limita a polemizzare con gli intellettuali torinesi, rei di aver riproposto lo «sche¬ ma Castellani» per le elezioni politiche. «E pensare che tra di loro c'è Vattimo, proprio lui che fu tra i primi a sostenere che a Torino bisognava fare l'accordo con Rifondazione se si voleva vincere», ironizza Diego Novelli. Meno chiassosi, ma non per questo più malleabili gli uomini di Cossutta. Nei tavoli regionali hanno bocciato un bel po' di candidature. Inclusa quella di Miriam Mafai a Pescara. La motivazione? «E' di destra». Eppure su Ottaviano Del Turco non avevano avuto niente da eccepire. «E' un compagno, un riformista», aveva spiegato il rappresentante di Rifondazione. La Mafai no, «perché è di Repubbli¬ ca». Solo i socialisti hanno dimostrato una pazienza ammirevole. Certo, Gino Giugni ha fatto qualche bizza. Al ministro del Lavoro il Pds ha scovato un collegio sicuro a Venezia. Lui però sta conducendo le trattative per la vertenza Fiat e preferisce Torino. Tutto sommato, però, il partito di Del Turco è quello che ha dato il minor numero di grattacapi alla Quercia. Merito dei suoi dirigenti? Al collega di partito, Francesco Tempestini, il braccio destro del segretario, Roberto Villetti l'ha spiegata in altro modo: «Vedi - ha detto noi al tavolo siamo solo una portata». Maria Teresa Meli Ferdinando Adornato alla conferenza stampa di Alleanza democratica