BERLUSCONI

r BERLUSCONI r BERLUSCONI «Vi spiego perché non sono il despota» EGREGIO Direttore, approfitto della sua cortesia per rispondere alle critiche rivoltemi dal professor Bobbio e dal professor Zagrebelsky, in due editoriali pubblicati dalla Stampa. La mia decisione di occuparmi direttamente della cosa pubblica viene giustamente sottoposta a un vaglio particolarmente severo. E' giusto che un fenomeno nuovo, un imprenditore che cambia mestiere e si assume la responsabilità di un programma politico, susciti l'attenzione e anche la diffidenza di personalità della società civile e della cultura a cui va come sempre il mio rispetto. Non risponderò dunque come l'immaginario Reagan della Brianza, raccontato gustosamente da Vittorio Zucconi, e non dirò che «il dissenso di un editorialista vale almeno lOvoti di persone comuni». Con tutto il rispetto per l'ex Presidente degli Usa, il mio eroe preferito non è John Wayne, di cui mi piacciono le cavalcate eroiche ma non la propensione al duello mortale. Mi limito dunque ad osservare che non rappresento né per diritto né per rovescio quella «micidiale unificazione personale dei tre poteri economico, politico e culturale» di cui parlano gli editorialisti. Il Padreterno e la Trinità non hanno niente a che fare con le scelte di una persona comune come me, Gon valori in cui credo, compreso quello della separazione dei ruoli, delle responsabilità e dei poteri in una società liberale. Siccome le parole non sono sufficienti mai a testimoniare la verità, ho operato, quando ho deciso di promuovere un movimento politico che concorre alle elezioni, un taglio radicale con il mio ruolo di imprenditore e di editore. La Fininvest è gestita, dopo le mie dimissioni, da persone che riscuotono la mia fiducia ma che lavorano in piena e rigorosa autonomia, anche giuridica, dal titolare dei diritti di proprietà. Vorrei osservare che nessuna legge mi imponeva di compiere questo passo e, lo dico senza polemica, non c'è alcun altro imprenditore che ne abbia compiuti di analoghi nel momento in cui si è candidato al Parlamento. Si potranno studiare, se e quando fossi eletto e nel caso dovessi ricoprire ruoli istituzionali diversi da quello di rappresentare i cittadini secondo il mandato costituzionale, altri modi per segnalare una demarcazione, già chiara e operativa, Silvio Berlusconi man I mod I cazii tra la sfera di azione del leader politico e il suo status patrimoniale. Ma si tratta di dettagli e di decisioni che appartengono al campo della discrezione e della scelta personale. Non obblighi di legge o vincoli etici. Ho troppa stima del professor Bobbio per non pensare che, quando parla di «dispotismo televisivo» riferendosi a me e al gruppo che ho avuto l'onore di fondare, fa ricorso a uno schematismo intellettuale di cui sarebbe il primo a diffidare. Tutti sanno che l'unico «dispotismo tv» che si sia visto nel nostro Paese, e qui ricorro anch'io allo schematismo, è quello risalente alla cosiddetta «lottizzazione», cioè il dominio pieno e incontrastato dei partiti sull'abnorme concentrazione pubblica radiotelevisiva. La tv commerciale, per sua natura d'istituto e per logica, è il contrario del dispotismo, e ha dimostrato di essere un veicolo di comunicazione aperto a tutti e permeabile da ogni opinione politica, da ogni fenomeno civile. Se la tv commerciale non fosse nata e non si fosse affermata come elemento di riequilibrio sul mercato della comunicazione, l'Ita lia oggi sarebbe l'unico Paese al mondo, oltre alla Romania, con una informazione di Stato in regime di monopolio. Credo nella cultura della separazione dei poteri. Ma quella che Croce chiamava «la concezione liberale della vita» consiste, come il filosofo diceva, in una «disposizione pratica libe-" rale di fiducia e favore verso la varietà delle tendenze alle quali si vuole piuttosto offrire un campo aperto perché si provino e gareggino tra loro e cooperino in concorde discordia, che non porle limiti e freni, e sottoporle a restringimenti e compressioni». La mia battaglia per la libertà di mercato e d'impresa, in una società libera e solidale, è stata ed è la stessa da imprenditore e da cittadino che fa politica, sebbene tra i due ruoli abbia fissato demarcazione netta. C'è comunque un altro principio liberale che è doveroso ricordare, leggendo nell'articolo del prof. Bobbio una comprensibile ansia di elevare muri e barriere tra i poteri. Ed è quello secondo cui in una società libera tutto quel che non è espressamente vietato è consentito, mentre è delle società illiberali l'idea per cui tutto quel che non è espressamente consentito è vietato. Spero che almeno su questo si sia d'accordo. Silvio Berlusconi onj Silvio Berlusconi

Persone citate: Bobbio, John Wayne, Silvio Berlusconi, Vittorio Zucconi, Zagrebelsky

Luoghi citati: Romania, Usa