«Vedo un solo rimedio privatizzarle tutte»

PARLA MARIO SARCINELLI «Vedo un solo rimedio privatizzarle tutte» PARLA MARIO SARCINELLI Lm ROMA UNICA cosa da fare è privatizzare rapidamente le banche pubbliche». Mario Sarcinelli, vicepresidente operativo della Bers, è soprattutto il grande «aventiniano» del sistema creditizio italiano. Da vicedirettore generale della Banca d'Italia fu, insieme al governatore Paolo Baffi, incriminato ingiustamente nel '79 per sospetti legati alle vicende Sir. Riabilitato e nominato direttore generale del Tesoro, ha lavorato controcorrente per tutti i durissimi anni del «Caf» finché, nel '90, è andato all'estero, assumendo una carica di assoluto prestigio ma lontana, assai lontana dall'Italia. Dottor Sarchielli, possibile che periodicamente le banche italiane diano scandalo all'estero? «Io resto convinto che in linea di principio sia possibile guidare un'impresa pubblica, anche in Italia, in maniera indipendente dal potere politico. Ma ormai nel nostro Paese il sistema di economia mista è talmente defedato che l'unica soluzione per evitare il periodico ricorrere di quelli che lei chiama "scandali" è privatizzare quanto possibile, al più presto». Ha sentito che Moody's mette all'indice i persistenti collegamenti tra Stato e banche italiane? Cosa ne pensa? «Oggi le chance di recuperare credibilità, senza ricorrere a interventi drastici, sono veramente poche. Per questa ragione dico che bisogna accelerare il processo delle privatizzazioni, non vedo altri rimedi che questo, radicale». Come si è potuti arrivare a questo punto? «A suo tempo avrebbe dovuto esse- re costruito un diaframma tra le banche pubbliche e la gestione del potere politico. Se lo si fosse fatto, il sistema avrebbe potuto reggere. Invece non lo si fece». Ma le vicende di «Bancopoli», le notizie sui banchieri inquisiti, avranno un effetto nocivo sull'immagine delle nostre banche all'estero? I casi Atlanta, Fedit, Agrifactoring sono ancora recenti... «Direi che non si deve enfatizzare questo problema. E' evidente che episodi simili non giovano. Ma è altrettanto vero che il mercato sa distinguere assai bene tra vicende personali, eventualmente anche gravi, e problematiche finanziarie che mettono a repentaglio la soli¬ dità patrimoniale del sistema, come quelle che ha ricordato lei. Le vicende degli ultimi giorni si riferiscono a comportamenti personali che sono o potrebbero rivelarsi scorretti, ma non intaccano la solidità delle banche». Non le sembra di essere un po' troppo distensivo? «No: sul piano dell'immagine, il bene supremo del banchiere è la sua credibilità, la fiducia che ispira, tutti valori che, quando parte un'inchiesta giudiziaria a suo carico, vengono intaccati. Ha ragione chi rivendica l'immutata solidità delle banche, ma la credibilità dei banchieri esce appannata da simili episodi, sicché è giustificato che almeno temporaneamente si faccia- no da parte». E dunque la privatizzazione risolverebbe il problema? «Diciamo che è 1 unico rimedio. Purtroppo non è un toccasana, perché affrontiamo le privatizzazioni senza avere ancora sul mercato i fondi pnsione e gli altri investitori istituzionali in grado di dare compattezza al risparmio di massa. Non siamo in grado di costituire noccioli duri, ad esempio, con la necessaria sicurezza». Quindi anche le prìvatizzazio- ni hanno le loro incognite? «Non si capisce bene a chi risponderanno i manager di queste società a proprietà diffusa». Dai tempi suoi e di Baffi ad oggi, è cambiato qualcosa oppure niente? «Sono cambiate moltissime cose, direi quasi tutto. L'unico problema è trasferire i grandi mutamenti verificatisi nella società italiana in tutti i settori della vita pubblica, ottenendo l'avvio di un processo virtuoso di risanamento, e non l'ulteriore abbassamento della credibilità del sistema Italia». Dottor Sarcinelli, ma il ripetersi degli scandali non è implicitamente una prova dell'inefficienza del sistema dei controlli? «Guardi, i controlli non vanno né demonizzati né mitizzati. La società moderna è complessa e articolata. Non è materialmente possibile, e nemmeno pensabile, assoggettare a controllo tutto quanto avviene sul mercato. Accanto ai controlli istituzionali degli organismi preposti, dalla Banca d'Italia alla Consob eccetera - che a mio avviso sono efficienti - devono funzionare di più anche i controlli "di mercato", cioè quelli interni ed esterni alle società ma comunque privatistici. Mi riferisco alle società di revisione, ai collegi sindacali. E poi deve esserci la difesa principe, un'etica professionale sentita e praticata da coloro che sono chiamati a ricoprire ruoli delicati». Ma sarà possibile ottenere questo recupero di etica professionale? «Più che possibile, sarà indispensabile. D'altronde, quando il banchiere non deve più rispondere al politico che l'ha nominato, non ha più scuse, è solo con la sua responsabilità e la sua etica. In Italia s'è perso il senso delle molte braccia di distanza che devono intercorrere tra i politici, i banchieri, gli industriali. Quando questo senso sarà ripristinato, la scelta di un banchiere pubblico - se ancora ve ne saranno - dovrà essere fatta sulla base dell'esperienza professionale e avendo presenti i possibili conflitti di interesse. Troppe commistioni, fino ad oggi. Il banchiere dev'essere un professionista specializzato, che non può e non deve avere interessi personali diversi dall'esercizio del credito al solo beneficio della sua azienda». Sergio Luciano In alto, il presidente Scalfaro con il governatore Fazio A sinistra, Mario Sarcinelli Qui accanto, Paolo Baffi

Persone citate: Baffi, Bers, Dottor Sarchielli, Mario Sarcinelli, Paolo Baffi, Sarcinelli, Scalfaro, Sergio Luciano

Luoghi citati: Atlanta, Italia, Roma