Città dei falsi d'autore di Emanuela Minucci

Città dei falsi d'autore Città dei falsi d'autore Tra jeans, scarpe e T-shirt BUSINESS D'IMITAZIONE UN falso Keith Haring: in puro cotone, taglia media. L'autentico è «esposto» al Castello di Rivoli, sulla bancarella dei gadget dedicati all'artista americano, costa 48 mila lire. La maglietta-imitazione fino a ieri trionfava nella vetrina di una nota libreria torinese (no, il nome no, le indagini sono ancora in corso): il titolare dovrà rispondere, insieme con i produttori del «tarocco», di violazione della legge sul diritto d'autore. E' l'ultimo caso finito sulla scrivania della Jacobacci & Associati: studio di consulenza legale, specializzato nella lotta anti-contraffazione di firme e marchi depositati. Nel segreto dei loro computer, la memoria storica della «Torino taroccata». I paladini della griffe sostengono che il Piemonte è buona piazza per lo smercio dei falsi: «Basta andare per mercati - dice l'esperta dello studio di consulenza Patrizia Franceschina, - è tutto un fiorire di jeans pseudoArmani a 40 mila lire e improbabili scarpe "Bimberland" al prezzo di un paio di pantofole». Per non parlare dei grandi clas- sici - false borse Vuitton, foulard Hermes in polyestere - proposti dalle rivendite «ormai autorizzate» di marocchini che stazionano sotto i portici del centro, a pochi metri dalle boutique che trattano gli stessi marchi. «Il loro è un commercio senza fatture né bolle d'accompagnamento: per la Finanza è un'impresa impossibile punirli». I legali della Jacobacci si scomodano per forme di «tarocco» più gravi: marchi contraffatti e venduti da ambulanti muniti di regolare licenza o da negozi. «A noi interessa- no - dice Patrizia Franceschina mentre apre un armadio di oggetti che rifiutano l'etichetta doc - le grandi truffe che prevedono un lavoro da professionisti: dall'imitazione pedestre del packaging a quella del contenuto». Dalle mensole spuntano scarpe da ginnastica «Superba» (scatola identica a quelle della vere Superga prodotte in via Verolengo), T-shirt su cui campeggia il marchio «Gucci» (ricamato con filo scadente), boccette di profumo «Giorgio di Beverly Hills» che con quello vero ha in comune soltanto una buona dose d'alcool. Non manca poi la copia del pupazzo «Wrestling» (una specie di Mazinga che, a differenza di quello autentico, non ha le braccia snodate) e una bottiglia di«Martinelli Rosso» con etichetta identica a quella del vermuth preferito da James Bond. La mappa torinese dello «spaccio del tarocco»? Parte dai tappetini dei vu' cumprà, prosegue sulle bancarelle dei mercati e culmina nelle strade che circondano il Palasport e lo stadio: qui, in occasione dei concerti rock si moltiplicano le botteghe en-plein-air dei gadget «non originali». Magliette di Vasco Rossi che costano la metà di quelle vendute dal punto vendita autorizzato interno, ma dopo due lavaggi sono ridotte a un «omaggio alla pop-art». Ennio Cuffia di ((Anteprima», agenzia specializzata in gadget da concerto: «Noi paghiamo fior di diritti alle rockstar e usiamo materiali di qualità, siamo quinidi costretti a fare prezzi più alti: loro, invece, i taroccali, non hanno spese e guadagnano cifre da capogiro». Emanuela Minucci Nel mercato dei gadget imitati prosperano i venditori delle magliette con l'immagine di Vasco Rossi: costano la metà di quelle vendute dai punti autorizzati

Luoghi citati: Piemonte, Rivoli, Torino