Arrivano i sopravvissuti di Sarajevo

Un volo nella notte da Falconara ha trasferito i bosniaci colpiti al mercato Un volo nella notte da Falconara ha trasferito i bosniaci colpiti al mercato Arrivano i sopravvissuti di Sarajevo Negli ospedali 16feriti, c'è anche una bimba Sono scesi dal Dc9 dell'Aeronautica militare stravolti, stringendo buste di plastica. Dentro c'è quanto sono riusciti a portar via dall'inferno di Sarajevo. «Un massacro» mormora un uomo. «Non ci torno più». C'è una bimba di quattro anni infagottata in un cappottino verde, l'orsetto di peluche tra le mani. Un'altra poco più grande si stringe alla madre, trascina un sacco di nylon da cui spunta una bambola di pezza. Il padre scende dalla scaletta dell'aereo con le stampelle: sono di legno, come da noi non si vedono più da anni. Poi gli infermieri calano dalla pancia del Dc9 una ragazzina di 12 anni, su una barella. Sono sedici feriti bosniaci, accompagnati da 19 parenti. Sopravvissuti al massacro del mercato di Sarajevo, sono arrivati ieri sera poco dopo le 22 all'aereoporto dì Caselle. I feriti saranno curati alle Molinette, al San Luigi, al Cto. Feriti nel corpo, ma soprattutto nella mente. Nei loro sguardi è impresso un inferno di corpi, urla, disperazione. Il Dc9 avrebbe dovuto atterrare a Caselle nel pomeriggio: alle 14,30 i feriti erano arrivati a Falconara con un aereo svedese. Fino a sera l'arrivo è stato rinviato di minuto in minuto: formalità da sbrigare, i documenti dei profughi da controllare. A bordo doveva esserci un bimbo di due mesi: non è salito, ma al suo posto c'è un uomo di trent'anni. Controlli anche sanitari: i medici dell'ospedale da campo di Falconara visitano i feriti, li smistano scegliendo l'ospedale cui indirizzarli. L'aereo militare era decollato da Falconara intorno alle 21. Alle 22 l'atterraggio accanto alla palazzina dell'aviazione generale, vicino al varco 3. Quindici ambulanze erano pronte sulla pista: la Croce rossa di Torino, e volontari da mezza provincia. Li aspettavano i giovani del Comitato accoglienza profughi dell'ex Juoslavia, funzionari dell'ufficio stranieri del Comune e dell'assessorato alla Sanità della Regione, Bruno Milione e gli agenti della Polaria. Giornalisti, fotografi, cameramen. Pochissimi dei profughi parlano italiano. Si cercano l'uno con l'altro: un ferito viene caricato sull'ambulanza, i parenti non vogliono lasciarlo solo. Hanno paura di perdersi, di non riuscire a rintracciare il loro caro in una città di cui qualcuno non ha neppure capito il nome. Quella di Anesa Beganovic, 12 anni, è l'ultima barella. Accanto c'è suo padre, che dice «Ero al mercato, era l'inferno». Non hanno mangiato nulla dalla sera prima, corrono dietro ai pochi bagagli rimasti nella pancia dell'aereo. Una vigilessa regala alla bimba con l'orsacchiotto un sacchetto di caramelle. Poi finalmente partono le ambulanze, si incolonnano verso gli ospedali. Dietro i pulmini con i parenti: qualcuno sarà ospitato in albergo, qualcuno al gruppo Abele. La campagna che ha consentito loro di arrivare a Torino è denominata «operazione Irma», dal nome della bambina ferita mesi fa. In città hanno operato l'assessorato regionale alla Sanità, Comune, Croce Rossa e Compagnia San Paolo, grazie alla Fondazione «Da Torino per i bambini della Bosnia» nata presso lo studio del notaio Marocco. La Compagnia ha lanciato un appello per costituire un fondo di solidarietà. Come primo contributo ha versato mezzo miliardo. Giovanna Favro Anesa Beganovic, 12 anni, ieri sera al suo arrivo all'aeroporto di Caselle con un Dc9 dell'Aeronautica

Persone citate: Beganovic, Bruno Milione, Giovanna Favro

Luoghi citati: Marocco, San Paolo, Sarajevo, Torino