LE VITTIME COL CONTO IN BANCA di Marco Ansaldo

LE VITTIME COL CONTO IN BANCA Moeller, Giannini, Zenga LE VITTIME COL CONTO IN BANCA ANDREAS Moeller è un ragazzo dagli equilibri fragili per essere un tedesco. Alla Juventus l'abbiamo visto crescere nella considerazione generale per i suoi gol, che sono l'effetto di una straordinaria sensibilità di attaccante. Boniperti stravede per lui. Dice che non c'è niente di meglio di uno scambio in velocità tra il tedesco e Baggio, l'essenza del calcio moderno sta in quel loro modo quasi animalesco di comprendersi. Eppure Moeller è un campione che non convince fino in fondo. E' come se giocasse il ruolo dell'eterno incompreso. Sbaglia una partita? Non è mai colpa sua. Qualche volta la scusa è un malanno, qualche altra è la posizione nella quale lo costringe il Trap, che invece ha rinunciato a farne l'esterno di destra come avrebbe voluto. Oppure finisce sotto accusa il gioco globale della Juve che non lo esalta, mentre è esattamente il contrario, cioè la Juve funziona se si esalta lui. Da un paio di mesi (con qualche ripensamento, come ieri, in cui si è appellato al contratto in scadenza nel '95) il giovane Andy tira la corda e lascia trapelare che sono in molti in coda per acquistarlo, se la Juve si decidesse a venderlo. Il che è vero, ma sono sbagliati i toni. E' come se dicesse «me ne vado perché non mi meritate». Eh, no. Non abbiamo mai visto una società rinunciare a un talento così giovane se non esiste da parte sua una carenza, una debolezza. A meno che non lo si ceda per soldi. Ma non è il caso della Juve. Il problema comunque è generale. Prendete Giannini. L'abbiamo seguito alcune volte, quest'anno, e l'impressione che ne abbiamo ricevuto è sempre stata modesta, per non dire penosa. Dai tempi di Eriksson, il Principe non si è più ripreso: pareva un fuoriclasse, è stato invece un giocatore bellissimo a sprazzi. Tanto che la Roma, quando un paio di anni fa ha provato a cederlo, l'ha poi ritirato dal mercato perché nessuno voleva investirci tutti i miliardi richiesti. Adesso, di fronte a una contestazione becera, ma inevitabile, Giannini spiega di essere una vittima sacrificale. «Da tredici anni faccio il parafulmine a qualcuno», ha dichiarato. A chi? A Viola, a Ciarrapico, a Sensi, i suoi presidenti? A Liedholm, a Eriksson, a Radice, a Bianchi, a Mazzone, ai suoi allenatori? A quale loggia massonica erano iscritti tanti personaggi così vincolati al giuramento di rovinare il povero Giannini? Purtroppo nel calcio si afferma sempre più questa sindrome di Calimero. I tifosi sono «straordinari» finché applaudono, ingrati quando fischiano o voltano le spalle al beniamino non proprio irreprensibile. Allora si alza il grido di dolore alla Zenga. La retorica degli uomini «che vi hanno salvato (voi tifosi, n.d.r.) da ben maggiori delusioni; che hanno dato i momenti più belli a questa maglia spesso a discapito della loro vita familiare». E che per questo che era il loro lavoro ricevevano anche qualche miliardo, caro Zenga, o no? Marco Ansaldo