«Amando il boss ho salvalo i miei figli»

Una donna ai giudici di Palmi: guidava il clan rivale, se avessi rifiutato la relazione loro morivano Una donna ai giudici di Palmi: guidava il clan rivale, se avessi rifiutato la relazione loro morivano «Amando il boss ho salvalo i miei figli» «Lui aveva già ucciso mio marito» PALMI. Per evitare che i suoi figli - quattro, tutti in tenerissima età - andassero incontro allo stesso tragico destino del loro padre, ucciso dai nemici, ha allacciato una relazione con l'uomo che guidava, con ferocia, la cosca rivale. Teresa Concetta Managò, 36 anni, dopo l'arresto, da qualche mese collabora con i giudici della direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria raccontando tutto ciò che sa sulla faida di Palmi, lo scontro estremo tra i due clan dominanti della città, quelli dei Gallico e dei Condello, che ha lasciato sul campo oltre 60 morti ammazzati. La donna ha deposto ieri, a Palmi, in corte d'assise, raccontando di come la paura l'abbia spinta tra le braccia di Domenico Gallico che, capo dell'omonimo clan, è sepolto vivo in carcere da due condanne all'ergastolo. Una vicenda dai toni cu una tragedia greca, con questa donna che dopo aver visto i resti del marito nelle lamiere contorte di un'automobile, fatta saltare in aria da una carica d'esplosivo collegata all'accensione, ha avuto solo un pensiero: «Evitare che i miei figli potessero subire la sorte del padre, che anche loro cadessero per vendetta». La donna, in un primo momento, fu anche sospettata di poter aver avuto una parte nell'uccisione del marito perché, si disse, Franco Condello era un uomo che si circondava solo di persone fidate e che era noto per la sua grande prudenza. Da qui l'idea che, ad ammazzarlo, o a collaborare con gli assassini, potesse essere stato soltanto qualcuno a lui molto vicino. Pur se vedova di un capo, Teresa Concetta Managò si è ritrovata sola a decidere cosa fare, a cercare un modo per allontanare i quattro figli dalla vendetta della cosca rivale. Un copione che spesso è stato scritto nella storia delle faide calabresi, quando la vendetta non si ferma nemmeno davanti ad una ' donna, ad un vecchio, a dei bambini. Dapprima ha pensato che potesse bastare iscriverli in una scuola di¬ versa da quella che frequentavano loro, ma purtroppo anche i figli di esponenti del clan rivale. Un'idea subito sbriciolatasi nell'impatto con la paura. Non la sua, ma dei genitori degli altri scolari, che le hanno fatto capire di temere che un'eventuale vendetta potesse coinvolgere anche i loro figli. Ormai con le spalle al muro, la donna ha giocato la sua ultima carta, quella della disperazione. Scrivere al capo del clan rivale, Domenico Gallico, per chiedergli un momento di pietà. Una lettera che ha avuto una risposta, «incontriamoci e parliamone», e che ha dato il via ad un nuovo capitolo del calvario di questa donna. La paura, certo, ma anche la personalità del suo interlocutore l'hanno spinta lad¬ dove pensava non potesse mai arrivare, nelle braccia dell'uomo che, per il ruolo che aveva nella gerarchia della cosca, difficilmente poteva essere stato tenuto all'oscuro di quanto si preparava contro Condello, cioè contro il padre dei suoi figli. Una relazione che dev'essere stata terribile, interrotta soltanto dalla cattura di Gallico. Personaggio, quest'ultimo, capace anche di gesti eclatanti, quanto disperati. Come quando schiaffeggiò, in piena udienza, il presidente della corte d'assise, il dottor Teresi, con il manifesto obiettivo di far scattare nei suoi confronti un'inchiesta penale e, con essa, anche l'incompatibilità del magistrato a continuare a dirigere il dibattimento. Con le ovvie riper¬ cussioni sui termini della scadenza della custodia cautelare. Nella sua deposizione - protrattasi per molte ore - Teresa Managò ha rifatto la storia di quasi quindici anni di violenza mafiosa, ricordando delitti ed indicando i loro presunti autori. La donna, davanti ai giudici, ha ribadito il suo pentimento, sincero e fino in fondo, e con esso anche la volontà di porre un freno ad una spirale di sangue che si è protratta per lungo tempo. Poi, finita la deposizione, circondata dai carabinieri si è defilata uscendo da un'aula che ha visto, forse ieri, scrivere un passo importante verso la sconfitta della 'ndrangheta. Diego Minuti Maria Stella Gentile con la figlia Angela. Scoprì gli assassini del marito seducendo un testimone

Luoghi citati: Palmi, Reggio Calabria