Silvio-Rai la guerra infinita

Il leader di Forza Italia pone condizioni, Veltroni replica: le domande aspre necessarie in politica Il leader di Forza Italia pone condizioni, Veltroni replica: le domande aspre necessarie in politica Silvio-Rai, la guerra infinita «Sfiderò Occhetto, ma non in una piazza tv» MILANO. Pretattica tele-elettorale. Berlusconi dice che lui i faccia a faccia in tv li farà («anche con Occhetto») ma a patto che a regolare lo scontro «ci sia l'orologio e non la piazza». Manda un siluretto alla Rai e intanto aspetta. Vittorio Dotti, avvocato storico della Fininvest, candidato di Forza Italia, scrive una lettera aperta al garante per l'editoria e la radiodiffusione Santaniello dicendosi vittima «di un agguato ben ordito» da «tale Enrico Deaglio» a Milano Italia, «una sedicente trasmissione informativa». Manda un siluretto alla Rai e intanto si indigna. Gianni Pilo, l'uomo dei sondaggi di «Forza Italia», anche lui «vittima dell'agguato di Raitre», anche lui imbufalito contro «Milano Italia» e la sua «informazione distorta e faziosa», minaccia «di chiedere a tutta Forza Italia di disertare le trasmissioni Rai». Ipotizza: «Dato che in campagna elettorale varrà la regola dell'equal time, se non andremo noi, la macchina si bloccherà». Manda un siluretto alla Rai e intanto prepara sondaggi. Chiaro che dopo essersi dati un garante (Gianni Letta, «coordinatore per l'informazione» dei tre direttori Fininvest) inizi l'accelerazione per chiedere che la Rai faccia altrettanto. Non va male (perciò) puntare il dito «sulla sua palese faziosità». Dice Berlusconi che sì, lui andrà ai contraddittori, ma «alla prima provocazione gratuita, al primo insulto, al primo agguato, giro i tac- chi e me ne vado». Aggiunge: «Non parteciperò a emissioni costruite per annientare il dialogo e i dialoganti». Seccatissimo gli risponde (per agenzia) Occhetto: «Non avendo io una tv a disposizione dove organizzare l'incontro secondo gli imperiosi desideri di Berlusconi, non vedo altre vie se non quella di essere ospitati in una delle trasmissioni esistenti, oppure quella di attendere le tribune eletto¬ rali». Seccatissimo gli risponde pure Veltroni: «Lei, dottor Berlusconi chiede quello che nessun uomo politico ha mai chiesto, cioè che la tv sia un puro orologio», non amerà «le domande aspre», ma in politica «sono necessarie». In attesa della puntata di domani, Berlusconi fa passare il tempo con riunioni tecniche nel villone. Sposta i suoi 400 candidati sullo scacchiere, conta i numeri dei sondaggi, rilascia una lunga intervista sulla Bosnia. Aspetta notizia sui guai giudiziari del fratello Paolo. Incrocia le dita. Il molto annunciato incontro con Umberto Bossi sfuma ancora. Si vedranno, ma non si capisce quando, né dove, né come. Sabato sarà a Ancona per la sua seconda convention, con ritorno in serata a Arcore. Potrebbe vedere Bossi domenica. Potrebbe incontrarlo per una conferenza stampa a due, un modo di suggellare l'alleanza davanti a testimoni con taccuino, visto che più di una volta, il Dottore, si è lamentato delle troppe giravolte dei suoi numerosi (e rumorosi) interlocutori politici. «Li incontro un giorno e ci accordiamo. Il giorno dopo hanno già cambiato sedia e versione». Guai della politica. A metà pomeriggio se la prende (ancora un po') con i comunisti. Scrive la «lettera aperta all'Unità», che ogni mattina gli fa prendere uno stranguglione, ma che al telefono (in diretta al «Rosso e il Nero» di Santoro) definì un «giornale bellissimo guidato da un direttore bravissimo che fa tanti spot nelle nostre reti». Ai ragazzi dell'«Unità», scrive: «Nei miei confronti alternate toni eccessivamente reverenziali e toni eccessivamente sarcastici. Trovo curioso che mi si consideri contemporaneamente il grande fratello, un cagasotto, un sottile stratega, un fifone, un arrogante, un onanista, un decisionista con gli attributi». Decidetevi. [p. cor.) Walter Veltroni

Luoghi citati: Ancona, Arcore, Milano, Milano Italia