Mariotto: non mi resta che la questione morale
Mariotto: non mi resta che la questione morale Mariotto: non mi resta che la questione morale ROMA. Nel «bunker» di Segni a largo del Nazareno tira 'aria pesante, il capo è chiuso nel suo studiolo e Ottavio Lavaggi - un deputato del pri che conosce bene Mariotto - la dice tutta: «La verità? Dopo il "bagno" del Palaeur e le contestazioni subite, Segni ha capito che non può compromettere l'ultimo patrimonio che ha: la probità. Andate per strada e vi diranno che Segni è un po' ondivago, nessuno dirà che è un disonesto». Un'«istantanea» che coglie il travaglio di Mariotto: dopo le ammaccature delle ultime settimane, Segni ha deciso di giocarsi il tutto per tutto sulla questione morale. Fuori De Mita, fuori Mattarella, fuori anche Mancino, iscritto sul registro degli indagati. E Segni lo ha fatto sapere a Martinazzoli anche ieri: «Si può discutere di tutto, ma non sul rinnovamento radicale delle liste». E se Mariotto non la spunterà, se il ppi e il Patto divorzieranno, ieri Segni ha annunciato ai suoi che ne trarrà le conseguenze: «A quel punto rinuncerò alla leadership del Patto». Una conseguenza ovvia: senza la Lega (che si è defilata), eventualmente senza il ppi, del Patto non resterebbe che il nome. Ma la rinuncia alla leadership del Patto avrebbe una conseguenza non banale per Segni: la rinuncia alla candidatura a Palazzo Chigi. Un'ipotesi che renderebbe ancora più vaga una voce circolata ieri sera a Montecitorio: quella di una partecipazione alle elezioni di Giuliano Amato. Il guaio per Mariotto è che i suoi ultimatum per ora cadono nel vuoto. Martinazzoli è seccatissimo e non si preoccupa di dar- lo a vedere. Eccolo a piazza del Gesù, tra la macchina e il portone: «Questa iettatura del vecchio non la sopporto più». E la richiesta di Segni di presentare un simbolo unico ppi-Patto sia nei collegi che nel proporzionale, viene liquidata così: «Se si pretendesse che un partito appena nato si nasconda, verrebbero a mancare le regole minimali per un contratto». E così, dopo il duro faccia a faccia di due sere fa, la frattura tra Segni e Martinazzoli ieri non si è approfondita, ma non si è neanche risanata. Tra piazza del Gesù e largo del Nazareno c'è stato un grande andirivieni di ambasciatori. Ecco Gerardo Bianco, uno dei pochi amici che Segni ha nel ppi. Dopo un incontro a quattr'occhi con Mariotto, Bianco non evita una frecciatina: «Non capisco questa furia nuovista, pericolosa anche dal punto di vista elettorale». Una mezza porta l'ha aperta l'altro ambasciatore, Rocco Buttigliene.. Dopo aver incontrato Martinazzoli di prima mattina e poi Segni, il filosofo amico del Papa, ha proposto un compromesso: «Si potrebbe consentire al ppi di presentare il proprio simbolo per la proporzionale e adottare il criterio di formazione delle liste proposto da Segni». Una proposta di mediazione sbilanciata a favore di Mariotto, che si rassegnerebbe a misurare la forza elettorale del Patto, ma la spunterebbe sulla decimazione della sinistra interna. Col «codice» Segni, infatti, sarebbero esclusi oltre a De Mita, anche Mattarella e Mancino. «Segni - spiega Francesco D'Onofrio, presidente dei deputati del Centro cristiano democratico - con la questione morale sta cercando di spostare a destra l'asse del ppi. Ma ci poteva pensare prima: ora rischia di perdere anche questo giro». La sinistra dei popolari l'ha capito e non molla: «E' singolare - dice Leopoldo Elia che lo schieramento di Centro debba dividersi sul caso di Mattarella e di altri, rischiando di privarsi degli elementi migliori». [f. mar.] Segni a Martinazzoli «Fuori gli inquisiti altrimenti rinuncio alla guida del patto» Il segretario del ppi Mino Martinazzoli
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