Trent'anni fa i quattro di Liverpool apparvero all «Ed Sullivan Show» in tv e conquistarono l'America

Sbarco a Trent'anni fa i quattro di Liverpool apparvero all'«Ed Sullivan Show» in tv e conquistarono l'America Sbarco a New York HO passato sei giorni nella sala di Abbey Road, dove i Beatles hanno registrato i loro dischi, in compagnia di Mark Lewisohn, trentacinquenne ex impiegato della Bbc passato alla musica, che nell'87 ha avuto l'onore di catalogare, per conto dell'Emi, tutti i nastri del loro archivio. Nei loro otto anni di registrazioni, i Beatles hanno diffuso soltanto dieci ore e mezza di musica - venti due dischi a 45 giri o tredici album. Ma ora si scopre che i nastri degli archivi di Abbey Road contengono oltre quattrocento ore di registrazione. La collezione va dal 6 giugno 1962, data dell'audizione che convinse il riluttante produttore dell'Emi George Martin a firmare un contratto con loro, al 4 gennaio 1970, quando Paul, George e Ringo (John era in vacanza in Danimarca) registrarono il gran finale per l'album d'addio del gruppo, «Let it be». Nell'archivio non c'è soltanto la matrice di quella canzone nella versione ufficiale, ma anche i nastri di lavoro che permettono di seguirne l'evoluzione. Ci sono anche molte jam session improvvisate, discussioni, scherzi grossolani, chiacchiere e qualche canzone inedita. Tra le altre cose, Lewisohn e io abbiamo potuto ascoltare le prime sette versioni di «A day in the Life» - l'ultima canzone di «Sgt Pepper's Lonely Hearts Club Band» - chiusi nella Sala 22, dov'è conservato l'ultimo registratore a quattro piste, l'unico apparecchio in grado di far rivivere le registrazioni degli Anni 60. A discutere «A day in the Life» c'è anche George Martin, il produttore dei Beatles alla casa discografica Emi, che considera questa canzone «forse la più importante dell'album». Parlando di John, dice: ((Anche in questa prima versione, ha una voce che fa venire i brividi». Quando il nastro parte, Lewisohn e io sentiamo John mormorare «Sugarplum Fairy, Sugarplum Fairy», anziché battere il tempo con i numeri. Mentre Paul o George contavano impeccabilmente 12-3-4 prima di attaccare, John ne era assolutamente incapace. «Soltanto Lennon - dice Lewisohn - poteva escogitare così tanti modi demenziali per dire quattro semplici numeri». Subito dopo, sentiamo la chitarra acustica di John accennare una melodia nelle battute iniziali della canzone. L'aria è quella di (A day in the Life», ma suona molto più semplice, come un motivetto folk. Lo scopo di questa prima versione è tirar giù una traccia ritmica di base sulla quale lavorare, ma gli altri cercano ancora la loro strada e spicca solo la voce di John. Manca quella di Paul McCartney, eppure «A day in the Life» è forse l'ultima collaborazione LennonMcCartney - un classico esempio di come lo stile compositivo dell'uno fosse perfettamente complementare a quello dell'altro. John più tardi dirà che lui e Paul avevano scritto molte canzoni «perfettamente d'accordo», ma a quell'epoca uno forniva la parte centrale mancante o gli accenti per una canzone che l'altro aveva quasi completato. Nel caso di «A day in the Life» è Paul che completa la canzone di John, che ha trovato la melodia e la storia - un uomo che «blew his mind out in a car» (è andato fuori di testa in una macchina), l'esercito inglese che «had just won the war» (aveva appena vinto la guerra) e i «four thousand holes 4QL in Blackburn Lancashire,> (quattromila buchi a Blackburn Lancashire). La canzone però aveva bisogno di qualcosa di più. Paul aveva in giro il frammento «Woke up, fell out of bed...» (Svegliato, caduto dal letto), che faceva un contrasto perfetto. Occorreva però cucire le due parti. E non era ancora nata l'idea del crescendo caotico dell'orchestra. Al suo posto, Lewisohn e io sentiamo, dopo il verso «I'd love to turn you on» (Vorrei piacerti), la voce di Mal Evans, un assistente dei Beatles, che conta a voce alta da uno a ventiquattro, mentre Paul martella casualmente ■ la tastiera. E' questa la trovata per separare le , ventiquattro battute ancora da inventare dalla parte scritta da * Paul. Occorreranno quattro versioni per ottenere una traccia ritmica che soddisfi i Beatles e la seduta di registrazione dedicata a questo sforzo dura dalle sette e mezzo di sera alle due e mezza di notte: gran parte delle sette ore vengono spese in prove, non registrate, per trovare il suono e il tempo che i Beatles cercano. Nella versione 2, il pianoforte è diventato un elemento molto più sicuro, le dita toccano i tasti per riempire i vuoti dietro la voce di Paul, che continua a mancare. La versione 3 si interrompe subito per una falsa partenza, la quattro è perfetta. E' quella del ritmo che si sente nell'album: malinconico e risoluto. Lewisohn racconta moltissime storie sul lavoro dei Beatles con i tecnici di Abbey Lane per deformare le voci e gli strumenti in modi nuovi. Geoff Emerick, che una volta appese a una bottiglia del latte piena d'acqua un microfono chiuso in una borsa di plastica, per dare a John Lennon un suono vocale inedito, ricorda: «I Beatles dicevano: "Non vogliamo che il piano suoni corno un piano, vogliamo che suoni come una chitarra. Ma poi vogliamo che la chitarra suoni come un piano". Passavamo ore a cercare di inventare suoni nuovi». John era particolarmente innamorato della forte eco della sua voce. Ascoltando il finale della versione 4, la parte ritmica si ritira, e si sente la voce di John in qualche modo ampliata: aveva aggiunto tre sovrincisioni, con forti eco. Le versioni 6 e 7 sono ulteriori tentativi di trovare la giusta fusione tra le voci e i brani ritmici già registrati. Nella versione 6 vengono sovraregistrati il basso e la voce di Paul, la batteria di Ringo e una seconda voce di Lennon. Non è ancora la perfezione, ma sono già molto vicini alla versione finale. A un certo punto si sentiva McCartney dire: «Oh, m...», ma nella versione successiva questo passaggio viene "smorzato". A questo punto la canzone è finita, tranne che per le famose 24 battute ancora vuote. La tempesta di suoni è un'idea di Paul, che pensò di portare in studio un'orchestra e di farla suonare in modo folle. Poiché né Lennon né McCartney sapevano leggere le note, toccò a George Martin, quella sera del 10 febbraio 1967, spiegare ai quaranta musicisti convocati ad Abbey Road che cosa avevano in testa i Beatles: cominciare con le note più basse che i loro strumenti potevano suonare e poi, alla ventiquattresima battuta, finire con le più acute, in un accordo in Mi maggiore. Racconta Martin: «Dissi loro: "Qualunque cosa facciate, non ascoltate il vostro vicino, non voglio che facciate tutti la stessa cosa". Naturalmente, mi guardarono come se fossi pazzo». L'atmosfera era bizzarramante festosa. I Beatles avevano chiesto agli orchestrali di vestirsi da sera, ma con qualche tocco stravagante: il primo violino, ad esempio, aveva la mano che teneva l'archetto "inguantata" in una zampa di gorilla. Vennero registrati quattro tentativi. Le prime tre volte si sente il gruppo scoppiare a ridere, con John che li prende in giro e dice: «Smettetela di perdere la testa!». Alla fine i Beatles ebbero l'idea di suonare contemporaneamente un accordo in Mi maggiore su tre pianoforti, facendo durare il suono il più a lungo possibile, aiutandosi con espedienti elettronici. Occorsero nove tentativi prima di suonare l'accordo perfettamente insieme. Quando questa sovrincisione viene attaccata al crescendo finale dell'orchestra, John si dichiara soddisfatto. L'accordo si abbatte con gran fracasso, seguito da 53 secondi di coda sonora, che si smorza lentamente. Mark Hertsgaard Copyright «The New Yorker» e per l'Italia «La Stampa» Le 400 ore inedite di registrazione negli archivi Emi I Beatles in America nel 1964 durante l'«Ed Sullivan Show» sotto: il quartetto di Liverpool in un concerto HOLLYWOOD. Trentanni fa i Beatles sbarcarono in Usa e ora l'America ricorda quello storico avvenimento definito «the British Invasion». La notte: il 9 febbraio 1964; il luogo: Ed Sullivan show; l'ascolto: massimo. Pubblichiamo dalla rivista «New Yorker» l'articolo di Mark Hertsgaard che racconta la sua «caccia» negli archivi Emi, ad ascoltare 400 ore di registrazioni inedite dei 4 di Liverpool. 4QL ■ ,*