DOSTOEVSKIJ di Sergio Trombetta

Esce un nuovo saggio: la Russia dell'800 come tragedia greca Esce un nuovo saggio: la Russia dell'800 come tragedia greca DOSTOEVSKIJ la politica e l'abisso vi Demoni? Nella sua più | intima struttura, in ogni 1 sua fibra non è un roI manzo, ma una tragedia _il antica. Delitto e castigo? Il nocciolo della vicenda, l'uccisione dell'usuraia da parte dello studente Raskolnikov non è altro che una interpretazione moderna di un mito antico: un atto di ribellione e di superbia, di ybris, dell'uomo nei confronti della Terra Madre. Una nuova originale interpretazione tragica, mitica, mistica di Dostoevskij? Nuova non proprio, visto che il libro di Vjaceslav Ivanov Dostoevskij, Tragedia, Mito, Mistica, appena pubblicato dal Mulino, a cura di Stefano Garzonio, risale attraverso varie fasi di elaborazione, all'inizio del '900. Ma la lettura del grande romanziere compiuta dal massimo poliedrico pensatore del simbolismo russo di inizio secolo è certamente originale. La sua è un'interpretazione che lascia in secondo piano gli aspetti più politici, sociologici per gettarsi a capofitto invece nell'analisi del Dostoevskij indagatore degli aspetti scuri, appartati e insondabili, del cuore umano. Doppiamente importante questo ponderosissimo saggio. Perché da una parte dà del romanziere una visione molto simile, come vedremo, con l'approccio di grandi teatranti d'avanguardia di oggi (da Grotovsky a Thierry Salmon), dall'altra perché getta una luce vivida su uno scrittore (poeta, saggista) del primo Novecento, che forse è difficile definire dimenticato ma che certamente non gode della familiarità che meriterebbe; su di lui e sulla preziosissima cerchia di intellettuali che, a Pietroburgo come a Mosca, negli anni a cavallo fra la Rivoluzione del 1905 e la guerra, diede vita a un portentoso e raffinatissimo rinascimento culturale, al quale sempre di più mostra di volersi riallacciare la cultura russa di oggi. Erano i mercoledì sera alla Torre, la casa di Vjaceslav Ivanov e di sua moglia Lidija Zinoveva-Annibal, uno dei centri di questa rinascita, frequentati da artisti, poeti e filosofi. Lì, nelle dotte conversazioni con Berdjaev, con Blok, con Belyj, Ivanov ebbe modo di elaborare le sue teorie su Dostoevskij (che nelle discussioni del gruppo veniva semplicemente definito Feodor Michajlovic), partendo dalla sua formazione molto specifica di studioso dell'antichità greca (fondamentale il suo studio su Dioniso), alla quale non era estranea certamente l'influenza di Nietzsche. Romanzo come tragedia dunque, anzi «roman-tragedija» come lo definiva Ivanov stesso. «Il romanzo di Dostoevskij è catastrofico - scrive - giacché in tutta la sua impostazione è rivolto ad una catastrofe tragica. Da quel che noi chiamiamo tragedia esso si distingue... soltanto per il fatto che invece delle poche e semplici linee di un'azione abbiamo di fronte a noi, per così dire, una tragedia potenziata. Come se vedessimo la tragedia attraverso una lente di ingrandimento e trovassimo che nel suo tessuto cellulare si ripete e si imprime lo stesso principio antinomico al quale ò sottoposto tutto l'organismo. Ogni cellula porta in sé il seme di un'evoluzione agonistica e se il tutto è catastrofico, lo è anche ogni singolo nodo in piccolo». E come in ogni tragedia che si rispetti anche la soluzione di Delitto e castigo è catartica: nel personaggio di Raskolnikov troviamo «la rappresentazione di una interiore rinascita di un uomo sostanzialmente buono, ebbene perdutosi... Nella parte finale di I fratelli Karamazov registriamo una così elevata celebrazione del giovane martire che, consolati, benediciamo il suo oscuro sacrificio come una fonte di sconfinato bene». Allo stesso modo l'analisi che Ivanov fa dei romanzi ci porta all'individuazione di archetipi mitologici che rivivono attra¬ verso i personaggi tragici: «Per esempio nei Demoni volle mostrare come l'eterno femminino dell'anima russa debba soffrire per la sopraffazione e l'oppressione da parte dei demoni che da tempo immemorabile combattono nel popolo contro Cristo per il dominio del principio maschile nella coscienza popo¬ lare». Così nei personaggi dei Demoni, in Stavrogin e nella sua sposa segreta corrisponde il motivo della fiaba russa sulla fidanzata fatta prigioniera dagli spiriti e sul suo liberatore IvanCarevic. Ma di questa complessa e, parrebbe, macchinosa visione di Dostoevskij che Ivanov elaborò a lungo (e occorre ricordare che tra l'altro il testo russo è andato perduto, è rimasta una versione tedesca degli Anni 30, e la traduzione di Garzonio è basata su una precedente versione di Ettore Lo Gatto), di tutta questa visione che cosa è ancora valido oggi? «Non bisogna dimenticare afferma lo slavista Cesare De Michelis - che il lavoro di Ivanov è citato da Michail Bachtin, fra i massimi studiosi di Dostoe- vskij di questo secolo, come uno dei migliori tentativi di affrontare organicamente l'opera del romanziere. Se poi sia tutto da salvare si può discutere. Forse in questa impostazione Ivanov paga un suo grosso debito alla filologia classica tedesca. Interessanti sono comunque certe intuizioni, come quella sullo stile di Dostoevskij, così alto quando fa dialogare i suoi personaggi e invece così basso, quasi da feuilleton, alle Eugène Sue, nelle parti di raccordo; ma qui sarebbe interessante studiare quanto di questo stile basso non sia volutamente parodia di certi romanzi correnti dell'epoca». Più assolutoria la posizione di Fausto Malcovati, uno dei massimi studiosi italiani di Ivanov: «Il suo pregio è stato quello di basare la sua analisi sul terreno spiritualistico anziché su quello politico. Il concetto di «proniknovenie», che potremmo definire penetrazione dell'animo umano, quella ricerca nelle profondità dell'essere è stata fatta propria da certi registi di ricerca quando hanno affrontato i romanzi di Dostoevskij; e penso a Jerzy Grotovsky, ai Demoni di Thierry Salmon, alla Nastassija Filippovna tratto da L'idiota di Andrzej Wajda. Molto meglio questo aspetto spiritualistico rispetto a quello politico. Perché, è inutile nasconderselo, Dostoevskij era un fior di reazionario che oggi, se volessimo fare una battuta, sarebbe più vicino a Zhirinovskij che a Eltsin». Sergio Trombetta Secondo Vjaceslav Ivanov i romanzi nascondono miti antichi a J A destra, Zhirinovskij. Sopra, la famiglia dello scrittore, visto nell'immagine grande, da Levine. Sotto, lo slavista Vittorio Strada

Luoghi citati: Mosca, Pietroburgo, Russia