Mariotto e Mino ai ferri corti sulle liste di Fabio Martini

I più decisi si arrangiano da soli come Mannino a Bagheria con la lista «Popolo e libertà» Segni chiede al ppi un taglio drastico sulle candidature; La Malfa fa da moderatore Monatto e Mino ai ferri corri sulle liste «Tenetefuori Mancino e Mattarella» ROMA. Quella domenica pomeriggio Mariotto Segni se l'è vista ^proprio brutta. La convention del Palaeur è finita da un'ora e, chiusi i cancelli, Segni affronta i 150 •«capetti» del suo movimento. Sono arrabbiati i «popolari» della periferia. E accerchiano il capo: '«Attento Mariotto, perché stanno ^ritornando le vecchie facce...», '«attenzione perché il mezzo Palaeur vuoto è un campanello d'aliarme...», «se non cambia me ne 'vado...». Mai Segni è stato contestato 'così aspramente dai suoi e, dopo idue ore incandescenti, un Ma: riotto dal volto purpureo deve 1 mettere sul piatto tutto il suo Iprestigio: «Vi prometto sulla mia Ipersona che mi batterò per un 'rinnovamento integrale delle li<ste». Quella drammatica assemblea 'a porte chiuse è la chiave per decifrare la nuova crisi tra Segni e •Martinazzoli, esplosa ieri dopo 'l'ennesimo faccia a faccia tra i due. Mariotto ha chiesto piazza pulita: via tutte le vecchie facce, anche quelle presentabili. Dunque, fuori chi ha qualche ombra giudiziaria sul collo come Sergio Mattarella e Ciriaco De Mita. Fuori parlamentari di lungo corso come Giuseppe Gargani. E fuori - ecco la sorpresa - anche personaggi come Nicola Mancino e Rosa Russo Iervolino, che hanno la «colpa» di aver avuto un ruolo politico negli anni d'oro di De Mita e Forlani. «Sì - ammette Giuseppe Bicocchi, braccio destro di Segni - sarebbe un bel segno di rinnovamento». Un pugno allo stomaco per Mino Martinazzoli e infatti ieri sera, dopo un'ora di colloquio con Segni, il segretario del partito popolare aveva la faccia più seccata del solito: «Ho perso tre elezioni di fila, presentando volti nuovi. Quindi non ho bisogno di lezioni da nessuno». E a chi gli chiede se Mattarella sia «in pericolo», Martinazzoli ri¬ sponde con una pesantezza mozzafiato: «Bisogna stare molto attenti ad assecondare questi nuovi giustizialismi». E' andato male quel faccia a faccia tra Mariotto Segni e Mino Martinazzoli, al quale era presente anche Giorgio La Malfa. E a chi gli domanda se ci siano i presupposti per tenere unito il centro, Mariotto risponde: «Questo lo vedremo», una frase enigmatica che è tutto un programma. Segni fa il duro, anche perché sa che, dentro il ppi, c'è il cavallo di Troia: è Rocco Buttiglione. «Vi sono reati per così dire tecnici dice il filosofo amico del Papa che coinvolgono persone onestissime. Ma siamo sicuri che riusciremo a fare un'eccezione ben calcolata della quale non approfittino canaglie in agguato?». Buttiglione allude al direttore del Popolo Sergio Mattarella, chiamato in causa per una manciata di milioni, «scagionato» invece da Maria Eletta Martini: «Mattarella per il nostro codice deontologico può essere ricandidato». Una partita sul filo del rasoio, quella sulla questione morale. E uno che ha fatto un passo indietro come Giorgio La Malfa, a microfoni spenti, fa un'osservazione che è un invito alla moderazione: «Ma Bossi non ha un avviso di garanzia? La Lega discute di questo?». In realtà, da ieri sera, tra il Patto di Segni e il partito popolare di Martinazzoli si è aperta una durissima trattativa che riguarda la formazione del futuro gruppo dirigente del Centro. Segni e Buttiglione, per il dopo-elezioni, guardano a destra «e puntano - come dice uno dei capi del Centro cristiano democratico, Francesco D'Onofrio - ad un forte rinnovamento del gruppo parlamentare», cioè vogliono una pattuglia il più possibile omogenea alla propria strategia. Questo il senso del taglia-fuori per De Mita, Mancino, Mattarella e la Iervolino, guarda caso lo stato maggiore della sinistra interna. Ma oltre al repulisti delle vecchie facce, in ballo c'è anche una nuova richiesta fatta ieri da Segni: quella di presentare alle elezioni un simbolo comune (quello del Patto) sia nei collegi uninominali (e questo era pacifico), ma anche nella parte proporzionale. Una richiesta pesante: Segni, di fatto, chiede a Martinazzoli di far scomparire dalle schede elettorali il simbolo del partito popolare. Una richiesta che sta molto a cuore a Segni, perché in questo modo non si riuscirebbe a quantificare la forza del Patto e quella del partito popolare. E ieri notte il vertice del ppi, riunito d'urgenza, ha acceso il semaforo rosso per Segni: per le candidature niente regole rigide (Mattarella si può presentare) e quanto al simbolo del ppi sarà distinto da quello del Patto. Fabio Martini

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