I vecchi de «rana dannata» di Augusto Minzolini

I vecchi de, «rana dannata» I vecchi de, «rana dannata» Non li vogliono né Segni né Berlusconi EX SENZA PARTITO SROMA PROFONDATO su una poltrona di Montecitorio, Luigi Foti, ex de siciliano passato armi e bagagli ai Ccd di Mastella e Casini, cerca di darsi una ragione sul perché Berlusconi e Bossi non vogliono ex democristiani in lista. «C'è - si sfoga - 'sto Speroni che se la prende con me, ma chi cavolo è? Io neppure lo conosco. Anche il Cavaliere mica lo capisco. I suoi uomini mi hanno portato davanti un ragazzetto e mi hanno chiesto: "Ha visto che bella immagine che ha?". Gli ho risposto: "Sì, ma i voti chi glieli dà?". Questi senza batter ciglio mi hanno spiegato che in Sicilia hanno il 36% e che questo ragazzetto sarebbe stato sicuramente eletto. 10 gli ho replicato che il 36% casomai lo avrebbe Berlusconi, non quel personaggio. Ma non c'è stato niente da fare. Per questo sono molto curioso di vedere se questo miracolo tecnologico di Berlusconi funzionerà davvero in politica. A noi, comunque, non ci possono dire di "no" solo perché non gli piacciono le nostre facce. Se è così tanto vale che ce ne andiamo». Altro divano, altro ex de arrabbiato. Questa volta si tratta di Vito Napoli, un deputato rimasto fedele al Ppi di Martinazzoli, che Segni non vuole in lista. Fa parte di quel lungo elenco di nomi che parte da Ciriaco De Mita, passa per Mattarella e arriva addirittura a Nicola Mancino, su cui il leader dei pattisti storce il naso. «Non vogliono nessuno di noi - dice stizzito . So che stasera Mancino andrà da Martinazzoli per far sentire le nostre ragioni. La cosa che mi dà fastidio, comunque, è soprattutto una: se si va a vedere chi è l'uomo di Segni in Calabria si scopre che è Perelli detto il "Rambo" dei portaborse, uno che in tutti questi anni ha lavorato contemporaneamente per cinque parlamentari democristiani». Due passi più in là anch • Giuseppe Gargani ce l'ha con il mondo intero. «Voglio vedere - minaccia - se hanno il corraggio di dirmi di "no". Eppoi chi l'ha detto che De Mita non si presenta? E Mancino? E anche se fosse, perché io dovrei avere uguale sorte? Guardate solo perché sono educato non faccio un gesto osceno». Democristiani, o meglio ex democristiani, «vii razza dannata». Niente da fare: possono cambiare nome, possono pentirsi, ma ugualmente nessuno li vuole. Berlusconi ha paura di accompagnare 11 suo simbolo con quello dei «ccd», né vuole avere in lista molti degli aderenti al partito post democristiano. Anche Segni non vuole il simbolo del Ppi e al massimo è disposto ad avere in lista ex de di primo pelo, quelli cioè che hanno alle spalle solo una le- gislatura, lui che di legislature «scudocrociate» ne ha cinque. E loro poveretti, popolari o «ccd» che siano, non possono reagire: accettano di essere esaminati, vivisezionati, sperano e stanno sui carboni ardenti. Ed intanto i più decisi di loro cominciano a considerare l'idea di arrangiarsi da soli: come Calogero Mannino che ha intenzione di presentarsi con una sua lista («Popolo e libertà») nel collegio di Bagheria, o come Astone che farà la stessa cosa a Messina. Gli altri, invece, pregano. «Suite» reale dell'hotel Majestic di Roma (stanze 503-504) ieri pomeriggio. Dentro quelle stanze ovattate, quartiere generale di Marcello Dell'Utri, braccio destro di Berlusconi in Forza Italia, e di Domenico Menniti, un ex deputato missino che ne è divenatto il «consigliori», c'è il via vai di uomini del «ccd». Mastella e Casini vanno a dire agli uomini di Berlusconi che non possono accettare di essere trattati come dei profughi: «O stiamo dentro - è la loro richiesta - con tutti gli onori, o stiamo fuori». Dell'Utri e Menniti nicchiano e porgono ai loro interlocutori sondaggi su sondaggi che dimostrano, a loro avviso senza ombra di dubbio, che avere in lista la faccia di un ex democristiano fa perdere voti. «Eppure - commenta Mastella - voi dite no a noi eppoi come rappresentanti della società civile ci portate altri ex de. E' successo all'Elba: vi avevamo proposto un ex sindaco democristiano e voi ci avete fatto come controproposta il nome di un avvocato che, poi si è scoperto, per 20 anni ha fatto il consigliere de». Nella hall dell'albergo, che ha ospitato in passato anche gli incontri di Fini con Berlusconi, ci sono intanto i «ccd» siciliani che fanno la fila: ci sono Alberto Alessi, ex deputato de con il pallino del festival di Sanremo, e Mario D'Acquisto, già viceré an- dreottiano in Sicilia, che aspettano di parlare delle candidature nell'isola. «Questi sono matti - dice Alessi questi vogliono in lista solo me, come se io fossi stato lavato con Omo. Io non ci sto, io mica accetto. Io sono uno che ha mandato a quel paese anche Aragozzini quando a Sanremo penalizzarono la mia canzone per far vincere Masini, Eros Ramazzotti e i Pooh. E voi sapete bene come è finita: Aragozzini è andato pure in galera. Ecco perché o ci prendono tutti o ce ne andiamo tutti. E senza di noi Berlusconi in Sicilia non vince anche se va a braccetto con il msi». Sfoghi e minacce contro Berlusconi, come a sfoghi e minacce reagiscono i «popolari» sottoposti ai veti di Segni. Ieri sera la voce grossa al vertice di piazza del Gesù l'ha fatta anche Nicola Mancino. Anche lui, come è successo a De Mita e a Mattarella, rischia di essere stoppato dal «No» di Segni e davanti al vertice dei popolari al gran completo, il ministro dell'Interno, iscritto nel registro degli indagati per il caso Sisde, ha posto il problema : «Questo è un metodo che non è giusto e che non ci fa neanche vincere». Ma ormai c'è poco da fare: Segni vuole ridurre il peso nel polo di «centro» della sinistra de, per non avere dopo il voto la brutta sorpresa che la sua testa venga data in cambio di un accordo di governo con il pds. E per far fuori Mattarella e «soci» Segni è pronto ad usare la «questione morale» ma, soprattutto, il fatto che sono tutte «facce» della vecchia de. Augusto Minzolini I più decisi si arrangiano da soli come Mannino a Bagheria con la lista «Popolo e libertà» a o a , i o o a e o e i A sinistra, Sergio Mattarella con Ciriaco De Mita. A destra, Nicola Mancino. Sopra, Martinazzoli e Mario Segni

Luoghi citati: Bagheria, Calabria, Messina, Roma, Sanremo, Sicilia