I signori del credito forile

I signori del credito forile I signori del credito forile Così Tangentopoli ha prosperato sulle banche PRESTITI & MAZZETTE POVERO sor Bernardo Tanlongo, un secolo fa, grasso, sudaticcio, con la marsina unta e bisunta, in adorazione religiosa davanti al Bambino dell'Ara Coeli, o laico e framassone, secondo l'occorrenza. Adesso, Mazzotta, della Cariplo, si consegna senza sbarbarsi ai giudici, Cantoni della Bnl, si autosospende per faccende dei lotti di terreno di Segrate, e un'orgia di banchieri di serie B scalpita per dichiarare le proprie colpe. Povero sor Bernardo, per un secolo buono, ha incarnato il topos del banchiere ladrone, per quei miseri 34 milioni stampati dalla Banca romana oltre i limiti consentiti Tremarono Crispi e Giolitti; sor Bernardo finì in carcere; l'onorevole De Zerbi si suicidò. Passò quasi sotto silenzio la storia, locupletata dalle vicende del sor Bernardo, di quel direttore del Banco di Napoli (ma chi si ricorda il nomo?), che tentò di espatriare con due milioni e mezzo in contanti. Oggi il bambinello l'hanno rubato - anche lui - e le cronache di fine regime (un altro regime) registrano senza sosta, implacabili, segnali di cospicui di intrallazzi bancari. Chi ò mai Roberto Costanzo? Bob, si sa soltanto che Paolo Cirino Pomicino, potentissimo capo-Commissione parlamentare e poi ministro del Bilancio, negli anni del fulgore lo sistemò alla Cassa Rurale di Benevento. E tal Minicucci, che ha rassegnato ieri le dimissioni dal Consiglio d'Amministrazione del Banco di Napoli? Buio. Si sa che presiede Telespazio, che era targato pri. E Cortucci, della Banca Popolare di Credito di Siracusa? Ignoto ai più, anche lui. Ma l'Ansa trasmette, minuto per minuto, una specie di bollettino di guerra bancario, quasi a esorcizzare lo scandalo dello Ior - banca estera, sede il Vaticano - animato dal suo importantissimo redattore-capo Gigi Bisignani, l'anima di Carlo Sama. Banchieri arrestati, banchieri latitanti, banchieri autosospesi, banchieri confessi. Lo scorcio di campagna elettorale che ci separa dal 27 marzo - non ò difficile prevederlo - vedrà i banchieri protagonisti. Giampiero Cantoni, presidente della Banca Nazionale del Lavoro ha dato il «là» e ora tutti i banchieri e banchierini d'Italia si consegnano a Mani Pulite, sperando nell'indulgenza della Corte. Non tutti, per la verità, hanno una moglie ricca come Cantoni. Una Capponi di Firenze che, volendo, Segrate se la comprava tutta, prima ancora che arrivasse Berlusconi e ne trattasse l'edificabilità con giovani socialisti come Silvano Larini e Bettino Craxi. Fa un po' pietà il povero sor Bernardo, preso in mezzo tra cardinali e piemontesi, se proviamo a ricollocarlo alla fine della Prima Repubblica. Il procuratore Antonio Di Pietro si è ancora guardato dal dirlo, il presidente del processo Cusani, Tarantola, fa finta di niente, e la dottoressa Parenti, detta Titti la Rossa, dovrà un po' glissare, visti i problemi bancari del suo nuovo leader Berlusconi, tra gli «Oscar» degli indebitati d'Italia, che la porterà - così assicurano - alla guida del ministero di Grazia e Giustizia. Ma la Banca, così doviziosa per chi goda di Santi in Paradiso - almeno nel paradigma consolidato - irrompe adesso nella fine ingloriosa della Prima Repubblica. Mazzotta? Cantoni? La schiuma degli istituti minori, ignoti ai più, ma così potenti in termini di credito erogato? Diciamolo, il sistema banca¬ rio italiano e stato il principale sgabello di Tangentopoli. O addirittura di più? Chissà, per non fare teorie, conviene stare ai fatti. E i fatti sono questi: Piero Bongianino, amministratore delegato della Banca Popolare di Novara, accu- sato di concorso in bancarotta per il crack Sasea. Ricordate Florio Fiorini, una specie di Totò furbissimo e ottuso della finanza italiana? Bene, con quello lì, Bongianino è accusato di bancarotta fraudolenta. E Carlo Zini, provveditore generale del Monte dei Paschi di Siena, accusato di concussione? E Alberto Pavesi, della Cassa di Risparmio di Verona, perseguito sempre per concussione? E Lino Venini, presidente della Banca Popolare di Novara, incriminato per concorso in bancarotta, con quella specie di telenovela viaggiante che è il solito Florio Fiorini della Sasea? E Gianni Zandano, del San Paolo di Torino, chiamato in causa per il crack Dominion, ma soprattutto per aver fatto dicono gli accusatori - il gioco del suo boss, Ciriaco De Mita? Figurarsi, se parliamo di boss: c'è Ferdinando Ventriglia, presidente del Banco di Napoli, grande dignitario del credito partenopeo e nazionale, democristiano della vecchia guardia (Emilio Colombo era ab initio il suo dominus), chiamato in causa per finanziamento illecito dei partiti. E Giuliano Segre, ex presidente della Cassa di Risparmio di Venezia. Per non dire di Enrico Braggiotti, ex presidente della Banca Commerciale Italiana, riparato a Montecarlo dal suo amico principe Ranieri, per una tangente di qualche decina di miliardi. Chissà se è completo questo piccolo, modestissimo, censimento degli scandali bancari d'Italia. Tenderemmo, però, ad escluderlo risolutamente, perché c'è un fatto difficilmente discutibile: se la Prima Repubblica crolla sulla corruzione, la Banca ne è - come dire? - il tessuto connettivo. E allora è nella Banca che dobbiano attenderci le sorprese più clamorose. Logico: chi ha frodato la Centrale dei Rischi della Banca d'Italia concedendo crediti impensabili? Chi ha concesso crediti di partito oltre ogni ragionevole limite? Capite, adesso, che importanza ha avuto la gestione del credito da parte delle forze politiche dominanti? Per molti decenni, il credito in questo Paese, è stato spartito con criteri esclusivamente politici, deciso da leader bancari designati direttamente dai partiti: la lobby avellinese, piuttosto che quella milanese. Poco importa. I gruppi di regime potevano contare su un credito illimitato, a tassi di mercato. E gli altri? «Fido con stecca», ha riassunto qualcuno, raccontando che, per avere credito dalle banche, quando non si era qualcuno, non occorreva altro che pagare una piccola commissione : 2, 5, 10 per cento, non alle banche, ma ai plenipotenziari designati dai partiti, che governavano il credito. Povero sor Bernardo, lui stampava qualche milione, ma i suoi epigoni, con rischi molto minori, finanziavano la repubblica dei partiti. Alberto Staterà Da Ventriglia a Segre, da Mazzotta a Venini, tutti sotto inchiesta i «big» dello sportello BANCHIERI NEL MIRINO ANCORA IN CARICA LINO VENINI 8ANCA POP Dl NOVARA C0NC0RS0 IN 8ANCAR0TTA FERDINANDO VENTRIGLIA BANCO DINAPOU FINANZIAMENTIILLECITIA PARTITI' GIANNI ZANDANO S. PAOLO 01 TORINO CONCORSO IN BANCAR0TTA ^J^V|NTRIGUAl^ •CHIESTA L'ARCHIVIAZIONE ROBERTO MAZZOTTA NON PIÙ* CARIPLO ■ IN CARICA CORRUZIONE E RICETTAZIONE ZANDANO TZL5L CARLO POLLI CARIPLO CORRUZIONE PIERO BONGIANINO BANCA POP DI NOVARA CONCORSO IN BANCAROTTA ENRICO BRAGGIOTTI C0MIT RICETTAZIONE VINCENZO PALLADINO COMIT CONCUSSIONE OLIVIERO PRUNAS BANCA DI ROMA CONCORSO IN CORRUZIONE GIULIANO SEGRE CASSA VENEZIA FALSO IN BILANCIO ■l BRAGGIOTTI l" .,„,„„.„ y-vj [gg CARLO ZINI MONTE PASCHI CONCUSSIONE ^xj ZINI ^ GIAMPIER0 CANTONI BNL CORRUZIONE In alto, Giampiero Cantoni A sinistra, Roberto Mazzotta