Prossimamente «Il Copywriter di Baudino vola per affari»

Prossimamente Prossimamente IL COPYWRITER 1)1 BAI DINO VOLA PER AFFARI ■m | L protagonista è un coI pywriter da niente, lavora 1 maluccio ma non abbastanI za da farsi licenziare, nel I tempo libero sogna slogan bellissimi capaci di dargli un successo enorme: «Questo è il mio regno, l'ingrandirò» è quello che gli piace di più, peccato non sia suo... Ha una morosa, Amia, e un gatto. E' tanto sublimemente sciocco (all'apparenza) da «consegnarsi» senza resistenze a una truffaldina Iniziativa umanitaria diventando, quasi naturalmente, ineluttabilmente, piccolo anello, o capro espiatorio della Grande Tangente. E tanto deliziosamente assurdo (all'apparenza) da levarsi, di quando in quando, in volo: dapprima verso il soffitto di casa o del teatro lirico durante l'opera, metti un Don Giovanni; poi attraversando finestre e lucernari, in passeggiate aeree nel cielo metropolitano non senza incidenti e contusioni, come quando gli capita di sbattere contro il cornicione della più brutta chiesa barocca della sua città, e staccare il Naso alla statua della Santa Patrona, infine... E, no. In volo per affari, il romanzo-apologo di Mario Baudino in uscita da Rizzoli, non è raccontabile più di cosi. Si farebbe un grosso sgarbo ai lettori togliendogli, oltre che il piacere del «come va a finire», anche l'incomodo di decrittare i rebus, di scavalcare gli ostacoli, di riconoscere i «segni» che l'autore, dispettoso quant'altri mai, ha sparso nelle sue pagine. E anche se lui rivela di aver strizzato l'occhio a Hofmannsthal, parafrasato un tocco di Montale, «saccheggiato» un incipit di Foucault, nonché reso un fulmineo «omaggio» all'amato Queneau, non si tratta che di «assaggi»: la pietanza resta tutta da assaporare. Con la serietà di una storia che Baudino, attraverso la metafora, propone come il dilemmi sino ad ora insolubile (e attualissimo) nella nostra società, vale a dire «la corruzione come limite della democrazia rappresentativa». E con il divertimento che, in mezzo a politici e faccendieri, un'«Associazione per la Follia Democratica», un Gruppo Cinici e un altro dei Pii Fratelli della Piaga, Baudino offre con draghi e serpenti, Simon Mago e Teresa d'Avila, Mose Maimonide e San Giuseppe da Copertino, il frate volante: ((Perché la mistica applicata al mondo di oggi non può sfuggire a una venatura di humour». E' certo ciò che pensa anche il molto «saltuario» (e un po' ventriloquo) io narrante. A proposito, chi sarà mai costui? Si accettano scommesse... IN tanti recenti romanzi statunitensi sui costumi dei quasi ricchi metropolitani (vedi II falò delle vanità di Tom Wolfe, vedi American Psycho di Brett Easton Ellis) ha molta parte la descrizione, completa di griffes e di etichette col prezzo, dei beni di consumo come stereo, capi di vestiario, automobili, di cui costoro si circondano. Un archetipo di ciò è rintracciabile nell'ormai mitico Babbitt di Sinclair Lewis, uscito in origine nel 1922, ora riproposto dal Corbaccio. Qui l'eroe eponimo, ambizioso venditore di beni immobili nell'emblematica città di provincia in rapido sviluppo che l'autore chiama Zenith, si inorgoglisce ogni mattina della sua sveglia, la migliore sul mercato, «completa degli accessori più moderni, carillon, allarme intermittente e quadrante fosforescente». Quindi passa nella sua stanza da bagno all'ultima moda, «tutta porcellana, ceramica e metallo lucente come l'argento. Il portasciugamani era una sbarra di vetro montato in nichel. La vasca era lunga abbastanza per un granatiere». Dopodiché si veste, indossando la sua «uniforme di Solido Borghese»: un abito grigio, «ben tagliato, ben cucito e assolutamente anodino», scarpe nere con le stringhe, «ottime, solide, straordinariamente prive di alcunché di originale». In tasca ha stilografica, matita d'argento, orologio con catena cui sono appesi «un temperino d'oro, uno spuntasigari d'argento, sette chiavi». Più tardi, reso euforico da un affare concluso, e benché abbia deciso di smettere di fumare, per gratificarsi ferma l'auto e si compra un accendino elettrico che desidera da tempo, «un bell'oggettino, un cilindro nichelato con un astuccino argentato da attaccare al cruscotto». Babbitt guida una decappottabile, ma presto spinto dai figli passerà alla più prestigiosa berlina tutta chiusa, quale ormai si permettono conoscenti che guadagnano meno di lui... Con lo scrupolo affascinato di un etologo, e con un tono imperturbabile, vagamente reminiscente di quello maliziosamente epico con cui i padri della narrativa moderna avevano raccontato, fingendo di celebrarle, gesta di individui tutt'altro che ammirevoli (vedi Jonathan Wild di Henry Fiel- II Carnevale a tutto volume Mirella Appiatti