Artisti scapigliati nella Grande Brera

Viaggio nel centro della pittura nazionale Viaggio nel centro della pittura nazionale Artisti scapigliati nella Grande Brera ■ ti MILANO 1 BI maior, con quel che I segue. Un articolo sulla I I mostra Milano Brera V 11858-1915, aperta fino al 4 aprile nelle due sedi dell'Accademia e dell'Ospedale Soave di Codogno non può non essere intestato al centro storico di quelle mostre e premi «dalla Scapigliatura al Simbolismo» che la rassegna sintetizza e rievoca. Ma varrà la pena che il visitatore affronti anche, forse un poco più avanti, in stagione più clemente, la discesa nel basso Lodigiano per scoprirvi uno dei più interessanti capolavori del neoclassicismo lombardo. Il luganese Soave, figura non secondaria nella Milano del Piermarini e del Pollak, eresse nel 1779-81 il severo ma elegante corpo centrale dell'Ospedale di Codogno, con il grande pronao sormontato dalla cupola, affiancato dalle due corsie. Esso ospita il corpus fondamentale della mostra, in cui una settantina di opere dimostra che, anno dopo anno, dall'Unità fino ai primi del '900, passò dalle sale di Brera l'essenza della pittura e della scultura nazionali, con i suoi limiti e le sue qualità. Come premessa, la sala d'accesso posteriore ospita una doppia sintesi, di Brera napoleonica e austriaca e della sua funzione estesa all'architettura: da un lato, la cosiddetta Cameretta portiana del segretario di Brera Giuseppe Bossi, conBossi stesso e Carlo Porta, del 1805, precognizione delle future battaglie romantiche, una bella scelta di Hayez con il Ritratto del duca Falcò testé riscoperto, il nostro Gonin fiammingheggiante (a Brera Carlo Alberto, ancora principe di Carignano, acquistò i suoi primi quadri) e una Inondazione di D'Azeglio fragorosamente ro- mantica, ovvero Milano come sfogo per una Torino arcigna con le arti; dall'altro, tavole di concorso del giovane D'Aronco, un album di studi e di rilievi di Camillo Boito, l'album fotografico delle opere del Sommaruga, ovvero Milano che contende a Torino e a Palermo il primato del gusto dell'«arte nuova». Lungo la grande corsia e nelle salette attigue si dispiega un discorso ben scelto che, basandosi appunto sulla varietà di presenze nazionali nelle mostre braidensi, travalica le tradizioni delle scuole locali e delle linee di gruppo per proporre inedite correlazioni, sviluppi di «generi», o semplicemente singoli esempi di qualità. In quest'ultimo caso, spiccano capolavori come la Solitudine 1876 di Fontanesi o II bambino Riccardo Borioli di Ranzoni, o si rivelano al meglio personalità cosiddette minori. La Fanciulla che guarda la finestra di Ciolina è un vertice assoluto della pittura divisionista, la qualità del Ritratto di bambina a pastello di Sottocornola è degna di Degas. Artisti notissimi sono presenti in for¬ me inedite, di esordio: è il caso dei bozzetti del Piccio poco più che ventenne per una decorazione in Palazzo Spini a Bergamo, che addolciscono romanticamente il modello neoclassico dell'Appiani, o del Naviglio sotto la neve, con i contrasti cromatici, duri e netti, del primo Segantini. Possiamo seguire il grande arco di sviluppo del paesaggio, protagonista dell'800, dalla nettezza nordica da prima metà del secolo della Veduta di Bellagio di Luigi Bisi fino alla nascita solare del divisionismo di Fornara in Primo passo verso la luce del 1898. Altrove, singolari possibilità di confronto nelle medesime circostanze storiche rompono schemi tradizionali. Una saletta con scelte raffinate è riservata ai macchiaioli, da Fattori a Signorini, da Sernesi a De Nittis: ma è indubbio che, nel 1859, e sia pure con l'ortodossia della «macchia» pittorica, L'accampamento di zuavi del giovane Lega parla lo stesso linguaggio dell'arrivo dell'esercito sardo al Passo dello Stelvio del coetaneo Gerolamo Induno. Passando a Brera, ancora più impressionante è la flagranza macchiaiola dello stupendo bozzetto del geniale Faruffini per Gli scolari dell'Alenato. A parte questo inserto ottocentesco, la sezione braidense schiera a conclusione le novità di Brera novecentesca, dal simbolismo di Nomellini alla presenza delle arti applicate nella mostra del 1906 (Mazzucotelli, Bugatti), da Wildt ad Alberto Martini a Viani, da un singolare dipinto di Chiattone, compagno di Boccioni e Sant'Elia, fino alle forme prefuturiste di Boccioni e di Carrà. Marco Rosei Da Hayez e Gonin a Lega e Boccioni, con riscoperte come «Lafanciulla» di dolina, vertice assoluto del divisionismo Giuseppe Bossi, «La cameretta portiana», un'opera del 1805 che rispecchia l'epoca napoleonica e austriaca dell'accademia