I capolavori nel bagno di Marco Vallora

Provocazione a Monza: in mostra la pinacoteca mai nata Provocazione a Monza: in mostra la pinacoteca mai nata I capolavori nel bagno Mille opere stipate in una villa EMONZA N titolo metaforico, quasi lirico: II Museo Negato. Ma perfettamente coerente con la mostra in corso sino ad aprile al Serrone di Villa Reale: vi sono esposte alcune opere d'una potenziale pinacoteca che la miopia, anzi, la colpevole ignavia delle burocrazie amministrative vorrebbe lasciar mute e morte, a marcire. Intendiamoci, non che ci siano soltanto capolavori, sarebbe ipocrita sostenerlo: ci sono anche opere minori, ma comunque significative d'un collezionismo generoso ed eclettico, quale quello dei GalbesiSegrè, che lasciarono all'innocente popolazione di Monza, che sinora mai le ha potute ammirare, più di milleduecento opere (spesso stipate anche nel bagno della loro villa: che fossero Madonne del Seicento, tavolini Maggiolini o più verosimili Ratti delle Sabine). Scrive il direttore di questo museo mai nato, Paolo Biscottini, con una rabbia che si volge inevitabilmente in sarcastica elegia: «Nel 1983 il restauro del soffitto del corridoio al piano nobile dell'ala Nord della Villa Reale, ove aveva sede la Pinacoteca Civica, costava 26 milioni. La spesa parve eccessiva ed il restauro non venne fatto. Oggi non lo si può più fare perché la decorazione a stucco del soffitto è andata perduta». Così, chiuso per restauri, il museo non ha più veduto la luce. Giustamente protestando contro la vague delle mostre effimere - pur dopo aver dedicato in questi anni delle ragionevoli monografie ad alcuni protagonisti della pittura monzese, come Mose Bianchi - Biscottini ha deciso di provocare la popolazione e soprattutto gli amministratori (che continuano a disputare, come nell'Azione Parallela di Musil, se debba dipendere da Milano o da Monza questo capolavoro di villa, voluta dagli Asburgo, progettata dal Piermarini e magnificamente affrescata Jall'Appiani, e che intanto sta andando in rovina) e ha deciso di mostrare una parte di questo patrimonio tenuto in ostaggio dall'indifferenza e dall'incuria politica. Certo, a vedere le opere, è più ragionevole pensare - come spesso ci si è augurati - ad un museo dell'Ottocento e Novecento, maggiormente giustificabile, tenendo conto dei considerevoli Mose Bianchi (per esempio quel Dopo il Duello che fa pensare al Rolla di Gervaix), ma anche degli altri monzesi meritevoli, come il nipote Pompeo Mariani, Eugenio Spreafico o Emilio Borsa. Oppure ad artisti che ebbero diversi rapporti con la città. Interessante per la materia densa ed accecata, ad esempio, Guido Cinotti, la cui vedova Mia ha lasciato tutto in eredità a questo museo ipotetico. Oppure il fossombrese Anselmo Bucci, che a Monza venne a spegnersi, artista così onnipresente nelle biografie e negli epistolari dei pro- tagonisti delle avanguardie rondiste e vociane e così poco studiato come pittore. Presente qui con alcune eleganti vedute francesizzanti, tra Marquet e Vlaminck, ed un incredibile Giovanni Battista simbolista. Infine un notevole busto di Giuseppe Grandi, un bell'Arturo Martini ed un inconsueto bassorilievo di Marini. Ma l'introibo a questo capitolo è assai vasto: si passa da uno stendardo processionale ad una proposta di attribuzione, al Garofalo, per uno sfumato, dossesco San Girolamo. Si va da un interessante affresco, ricondotto al manierista lombardo Giuseppe Meda (e non più al Peterzano od al Fiammenghino) ad un curioso Martirio di San Lorenzo dubitativamente lasciato a Daniele Crespi. Divertenti i due Faustino Bocchi, con la cavalletta che assale un nano e poi, bastonata, viene trasportata al giudizio in barella. Si vorrebbe sape- re di più sulla graziosissima Sacra Famiglia su vetro, di ambito Vouet, sul curioso Ratto di Ganimede carraccesco-romano, su una lombarda Fucina di Vulcano e su una divertente scena d'interno con Venere e Psiche attorniati d'un pastiche di mobili impero in stile Praz, che chissà quale azzardo fece attribuire ad Appiani. L'interesse della mostra, infatti, consiste anche nell'utile lavoro di schedatura delle opere raccolte nel curato catalogo Tranchida: opere spesso ancora in via di certificazione. Marco Vallora Per la prima volta esposta alpubblico la collezione ricca ed eclettica della famiglia Galbesi-Segrè «Via dei Mulini a Monza» di De Grada uno dei capolavori rimasti nascosti

Luoghi citati: Milano, Monza