Le insidie di Bulo Burli ex retrovia tranquilla

Le insidie di Buio Burli ex retrovia tranquilla Le insidie di Buio Burli ex retrovia tranquilla QUANDO sono arrivati a Buio Burti i primi paracadutisti della Folgore, proprio un anno fa, giorno più giorno meno, le polemiche si sono sprecate: i nostri comandanti storcevano il naso, gli sembrava di essere stati mandati nelle retrovie, in un settore di nessuna importanza, dove si poteva al massimo far la guerra alle zanzare. Un coro di proteste si è levato anche da parte dei politici: imbarazzati quelli favorevoli al nostro intervento in Somalia, furiosi e ironici i contrari, che facevano i conti di quanto sarebbe costato al nostro Paese far la guardia a un piccolo villaggio sperduto nella boscaglia. Avevano torto tutti: Balad, Johar, Gialalassi, Buio Burti si sono rivelati strategicamente importanti e la nostra presenza ha contribuito a rendere meno pericolosi i primi duecento chilometri della vecchia via imperiale che attraversava tutta l'Africa Orientale, da Mogadiscio fino ad Addis Abeba e poi ad Asmara. Accolti con diffidenza dalle popolazioni locali, i nostri soldati si sono guadagnati ben presto la stima e la simpatia degli abitanti. Sull'importante arteria che taglia la boscaglia, netta come una lama, affiancata in alcuni tratti dallo Uebi Scebeli, sinuoso come un serpente color dell'argilla, le aggressiooni dei «morian», i banditi, sono via via diminuite fino a cessare del tutto. I nostri accampamenti sono ben presto diventati un punto di ritrovo per la gente, che accorreva per ricevere cibo, vestiti, assistenza medica. L'ospedale da campo allestito a Johar ha assistito e curato migliaia di somali: partorienti, bambini, malati di dissenteria, tetano, tubercolosi, uomini e donne feriti in sparatorie fra clan o in sanguinosi regolamenti di conti fra cabile rivali. L'ospedale in tenda di Johar è diventato naziona¬ le, soprattutto per quanto riguarda la chirurgia, e a fronte di qualche ricovero di militari italiani, ci sono più di ventimila ricoveri di somali. A Buio Burti la convivenza fra i nostri soldati e la popolazione è sempre stata tranquilla. Gli ufficiali hanno stabilito ottimi rapporti con gli anziani, i notabili del villaggio e ogni giorno le nostre colonne raggiungono piccoli villaggi nella boscaglia per portare cibo e medicinali. Ma da un paio di mesi la situazione è cambiata, i rapporti si sono fatti più difficili: qui la popolazione è formata da Abgal fedeli al presidente ad interim Ali Mahdi, l'altro signore della guerra che non perde occasione per accusare gli italiani di favorire gli Haberghedir del suo rivale, il generale Aidid. Così sono incominciate le prime dimostrazioni per riavere le armi sequestrate, poi le sassaiole contro i nostri automezzi, le sparatorie notturne contro le nostre postazioni. A poche settimane dalla nostra partenza, gli animi si sono ancora più incattiviti: secondo una logica assurda, adesso gli Abgal ci accusano di abbandonarli inermi alla mercè dei rivali. E gli atti di ostilità aumentano col passare dei giorni, mentre i nostri soldati continuano nella loro missione pacifica, distribuendo viveri e medicine, assistendo i malati, pattugliando le strade contro gli attacchi dei «morian». Qualche volta pagando il prezzo più alto per la loro opera umanitaria. Com'è accaduto ieri, a Balad. [f. for.] LA MISSIONE DIMENTICATA li generale Fiore comandante del contingente italiano in Somalia

Persone citate: Aidid, Ali Mahdi, Burti

Luoghi citati: Addis Abeba, Africa Orientale, Asmara, Buio Burti, Mogadiscio, Somalia