L'agricoltura? Facciamone una Spa
Il presidente della Coldiretti, Paolo Micolini, propone una rete di finanziarie verdi Il presidente della Coldiretti, Paolo Micolini, propone una rete di finanziarie verdi Vagricoltura? Facciamone una Spa «Il settore ha bisogno di meno vincoli e più serietà» «Per l'unità sindacale si deve partire da quella economica» ROMA DAL NOSTRO INVIATO Può nascere una «Spa» dell'agricoltura italiana? In teoria la cosa non dovrebbe essere difficile, ma la realtà è un'altra cosa. L'agricoltura nazionale non è riuscita a diventare un sistema produttivo al passo con i tempi e, soprattutto, con la concorrenza, ma nemmeno ad esprimere una «lobby» (nel significato positivo del termine) che riesca a far valere certe logiche di politica economica a supporto del settore; e dire «supporto» vuol dire finanziare gli investimenti, far arrivare capitali dove ci sono valide possibilità di sviluppo e crescita, non fare assistenzialismo. Di assistenzialismo ce n'è stato anche troppo ed è diventato un'arma a doppio taglio, impugnata dai nostri partner-concorrenti a Bruxelles per colpevolizzare alcune delle strutture strategiche dell'Italia verde. Morale: siamo alle corde, ma, oltre alla concorrenza che morde, c'è il fatto che le cittadelle del nostro sistema agroalimentare stanno passando, con una cadenza impressionante, sotto bandiere straniere. E allora? «Allora non possiamo aspettare di essere comprati e venduti», risponde Paolo Micolini, da due mesi al vertice della Coldiretti. Ma che strumenti abbiamo per reagire? Dove sono i soldi per ridare ossigeno al settore? «I soldi dobbiamo trovarli da soli - continua Micolini - valutando le possibilità di finanziare alcuni comparti». Quali comparti e come, presidente? «Il latte e l'ortofrutta, tanto per cominciare. Usando quelle che potremmo chiamare finanziarie verdi». Ovvero? «Ovvero i produttori agricoli si tassano versando una quota e in cambio ricevono azioni della società. Con i soldi raccolti si può scendere sul mercato e acquistare le aziende in vendita con strutture di trasformazione e commercializzazione che fanno al caso nostro». Tutto questo è un progetto riservato alla sola Coldiretti? «Assolutamente no, siamo aperti e, anzi, ci aspettiamo la collaborazione delle altre organizzazioni agricole. Confagricoltura e Confederazione italiana agricoltori in testa». C'è già una scaletta operativa? «Il primo segnale lo avremo il 31 marzo, alla scadenza dei contratti interprofessionali. Quando potremo sondare la disponibilità dei potenziali soci a quotarsi». A parte l'argomento finanziarie, qual è la prima cosa da fare per l'agricoltura? «Sburocratizzare il sistema, in Italia e a Bruxelles. Ci vogliono meno vincoli e più serietà». E quali spazi può garantire l'agricoltura come contribu- to alla crisi dell'occupazione? «Notevoli, se li leghiamo alle produzioni tipiche del nostro Paese. Ma bisogna investire, rinnovare. Si deve andare verso quello che il mercato chiede: tanto per fare un esempio, produzioni "pulite" nell'ortofrutta. Bisogna muoversi, specializzarsi, non aspettare che gli stranieri conquistino il nostro mercato interno e quelli di esportazione. Ancora, bisogna puntare sui giovani, creare le motivazioni che li spingano a lavorare in agricoltura. E questo, perché no, deve valere anche per il cassintegrato col posto a rischio». Dopo il crollo della Federconsorzi si è molto parlato di una struttura alternativa. Oggi a che punto siamo su questa strada? «Stiamo lavorando seriamente alla costituzione di una società che possa garantire a livello nazionale l'approvvigionamento dei mezzi tecnici necessari all'agricoltura. Oggi il costo di questi mezzi, in Italia, è del 15-20 per cento maggiore che nel resto d'Europa. Quindi è indispensabile arrivare al traguardo in fretta». Dopo le elezioni sarà più facile o più difficile parlare di unificazione dei sindacati agricoli? «Non è tanto un problema di elezioni. Il punto vero è quello di cominciare a unificare le organizzazioni economiche: produttori, cooperative, nuove Spa. Poi, di lì, si vedrà. D'altronde anche l'unifiìzione europea è partit? da un accordo economico». Ma com'è questa Coldiretti di cui si è trovato al timone dopo che Lobianco ha lasciato la presidenza? Anzi c'è anche chi dice che è sempre lui a tirare le fila. E poi state per traslocare all'Eur, lasciare questo palazzo patrizio nel centro di Roma... «Andiamo per ordine. Il senatore Lobianco oggi presiede il "parlamentino" Coldiretti e in questa veste dà il suo grande contributo all'organizzazione. Che io sia un presidente sotto tutela è una voce che può far comodo a qualcuno, ma non è assolutamente così. Riguardo al trasloco in zona Eur posso rispondere che, dopo 50 anni, la Coldiretti avrà una casa sua. Qui, alla fin fine, siamo in affitto, mentre la nuova sede è di nostra proprietà. Sul com'è la confederazione oggi posso dire che stiamo pensando di riorganizzarla al suo interno. Dovremo certamente dire dei "no", perché ci rendiamo conto che certi rubinetti vanno chiusi. In sessanta giorni abbiamo fatto sei riunioni di giunta e due del direttivo nazionale: le decisioni che ne sono scaturite sono sempre state unitarie. Insomma la nave regge bene, l'importante, in tempi di burrasca, è non aggrapparsi alle onde». Vanni Cornerò «Non possiamo aspettare di essere comprati e venduti. Dobbiamo trovare da soli i soldi per far sopravvivere il nostro sistema agroalimentare» Paolo Micolini è da due mesi al vertice della maggiore organizzazione agricola italiana
Persone citate: Lobianco, Micolini, Paolo Micolini, Vanni Cornerò
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