Il dottore va al congresso, punitelo; mai più soli in montagna

77 Re dei francobolli a caccia degli oggetti che hanno cambiato il secolo LETTERE AL GIORNALE // dottore va al congresso, punitelo; mai più soli in montagna Un congedo molto caro Sono un medico ospedaliero e come tale sono istituzionalmente chiamato a risolvere problemi complessi che per loro natura non è possibile risolvere a domicilio. Ho una laurea in medicina, due specializzazioni e la dispendiosa abitudine di tenermi aggiornato sui risultati della ricerca nazionale ed internazionale. Una fetta non piccola del mio tempo e del mio stipendio è infatti spesa per l'aggiornamento: poiché l'ospedale dove lavoro non riceve alcuna rivista scientifica, io leggo quelle cui sono personalmente abbonato e, solo quando posso assentarmi e recarmi presso una biblioteca universitaria, leggo altre riviste. Il secondo canale di aggiornamento consiste nella partecipazione a congressi che trattano argomenti riguardanti il mio campo specifico. Come tutti i miei colleghi ho sempre partecipato ai congressi utilizzando il congedo straordinario, che prevedeva la possibilità di assentarsi dal posto di lavoro dopo domanda scritta controfirmata dal primario, portando poi all'amministrazione della Ussl il certificato di partecipazione; naturalmente la spesa di iscrizione al congresso, il viaggio, il pernottamento, i pasti ed ogni altra cosa erano a mio carico. La scelta di congressi della durata di un solo giorno era quella più utilizzata. Sono rimasto quindi sconcertato quando l'ufficio personale mi ha informato che l'articolo 39 della Legge Finanziaria dello Stato per il 1994 prevede: «Per il primo giorno di ogni periodo ininterrotto di congedo straordinario spettano al pubblico dipendente tutti gli assegni ridotti di un terzo...». I giornali mi hanno spiegato che la legge è stata promulgata per combattere l'assenteismo del venerdì o del lunedì, quan- do certi dipendenti prendono un solo giorno di «malattia». Ed io che non ho mai preso un giorno di malattia da quando mi sono laureato, quando vado ad un congresso mi devo vedere decurtato lo stipendio di un terzo? Certo! La legge dice così: congedo straordinario, senza specificare per quale motivazione è stato concesso. E se sono chiamato come testimone in tribunale (congedo straodinario per pubblica utilità)? Come sopra...! E così via. Naturalmente l'interpretazione di «il primo giorno di ogni periodo ininterrotto» comprende anche un solo giorno di congedo; anche se questo a me non sembra, interpretando letteralmente le parole. Cosa devo fare? Vado ai congressi prendendo congedo ordinario (ferie)? Non mi sembra giusto: io mi «devo» aggiornare per offrire un servizio migliore ai pazienti dell'Ussl. Allora scelgo solo congressi della durata di una settimana? Intanto mi decurtano lo stipendio di un terzo solo il primo giorno. Oppure non vado più ai congressi! Ma che l'amministrazione e la pubblica opinione, tra qualche anno, non vengano a rinfacciarmi che non sono aggiornato... Dott. Andrea Guala Aiuto pediatra Ospedale Civile di Borgosesia (Ve) Un maestro di sci non è una guida In riferimento all'articolo apparso su La Stampa del 31 gennaio '94 Strage sotto la neve, 9 morti nel quale si riportava più volte che il gruppo era accompagnato da una guida, il Collegio delle guide alpine del Piemonte ha ritenuto opportuno verificare la fondatezza di tale notizia. Una telefonata al P.G.H.M. (Peloton Gendarmerie de Haute Montagne) di Bourg St. Maurice - Isère - Francia, ci ha permesso di scoprire, come supponevamo, che lo sfortunato gruppo in questione non era in effetti accompagnato da una guida alpina bensì da un maestro di sci. Non è nel nostro interesse evidenziare quando gli altri professionisti della montagna sbagliano, è però nostro dove¬ re difendere la figura e la professionalità della guida alpina quando occorre. Nel vostro articolo firmato r. cri. non compare in effetti il termine guida alpina, ma solo guida. Penso capirete anche voi, però, che quando si parla della guida riferendosi alla montagna si intenda ovvia- mente la guida alpina. Nel nostro Paese manca molta cultura di montagna, la massa dei frequentatori della montagna, in estate ed in inverno, non sa che può rivolgersi ad una guida per imparare ad andare in montagna o per farsi accompagnare in sicurezza. Il vostro giornale ha riportato puntualmente tutte le notizie di morti sotto valanga, che quest'anno sono moltissimi a causa delle condizioni particolarmente pericolose del manto nevoso. Mai è stato detto che la guida alpina è abituata a lavorare su questo terreno e che può essere una buona scelta quella di farsi accompagnare da una guida. Alberto Re, Torino Presidente del Collegio regionale del Piemonte dell'Albo professionale delle Guide Alpine Amare vuol dire... Ho perso un amico. Stesso Liceo, stessa Università, una grande amicizia. Un anno fa iniziò a sentirsi male: non era una malattia grave, ma aveva bisogno di tempo per guarire. Purtroppo, per la sua ragazza lui era ormai diventato un ostacolo alla sua carriera, una perdita di tempo. Lo lasciò. Questo ragazzo ora è guarito, sta bene e lavora, ma io non lo riconosco più come l'amico di un anno fa. Ha perso la disponibilità, la pazienza, la sensibilità verso il prossimo che lo avevano sempre accompagnato. Non ha più fiducia in nessuno. E' il «solito» segno dei nostri tempi. Questa corsa alla carriera, al denaro non permette di portare con sé bagagli ingombranti quali coraggio, responsabilità ed amore. Forse hanno ragione i nostri genitori quando pronunciano la famosa frase «Ai nostri tempi...», forse a quei tempi si amava di più, i problemi si affrontavano assieme. Sono convinto che la nostra generazione ormai stia dimenticando quanto sia bello amare un'altra persona. Peccato. F.f Torino Una cooperativa contro la crisi Leggo sempre con grande interesse gli articoli del professor Mario Deaglio, e di recente mi hanno particolarmente colpita le sue tre regole (Tre idee.../del 17 gennaio), che, nell'ambito della tanto dibattuta solidarietà sociale, trovo concrete e realizzabili. Con il suggestivo titolo «Una scialuppa nella tempesta» è tornato, il 27 gennaio, sull'argomento il sindacalista Avonto. Devo confessare che mi ha lasciata un po' perplessa e delusa il non trovare menzionate, né nell'articolo di Mario Deaglio, né nella puntualizzazione di Giovanni Avonto, le cooperative sociali, istituite con la Legge 381 dell'8-11-1991. In un'epoca in cui tutti sono pronti a lamentare la mancanza di iniziative di solidarietà sociale e, parallelamente, la tendenza a «toccare» le tasche già vuote del contribuente, mi sembra che meriterebbe di essere illustrato e propagandato questo nuovo tipo di cooperativa che per legge va gestita con criteri di mercato, deve dunque avere autonomia economica, senza assolutamente contare su sovvenzioni statali. Vi allego alcune righe dell'art. 1 della Legge 381. Legge 8/11/1991 n. 381. Disciplina delle cooperative sociali. Art. 1. Definizione. Le cooperative sociali hanno lo scopo di perseguire l'interesse generale della comunità alla promozione umana e all'integrazione sociale dei cittadini attraverso: a) la gestione di servizi socio-sanitari ed educativi; b) lo svolgimento di attività diverse - agricole, industriali, commerciali o di servizi - finalizzate all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate. (L'articolo 4/2 precisa che «le persone svantaggiate devono figurare nella misura di almeno il 30% dei lavoratori della cooperativa). Antonietta Zucchino

Persone citate: Alberto Re, Andrea Guala, Antonietta Zucchino, Avonto, Giovanni Avonto, Mario Deaglio, Penso

Luoghi citati: Francia, Piemonte, Torino