La Jihad del nuovo Mahdi all'attacco dell'Occidente

La Jihad del nuovo Mahdi La Jihad del nuovo Mahdi all'attacco dell'Occidente LA FORTEZZA ISLAMICA LA Cia e il Pentagono, naturalmente, non si sono accorti di nulla, ma il 25 aprile 1991, sulle rive del Nilo, a Khartum, è nato il nuovo, micidiale nemico dell'Occidente. E proprio nelle terre dove cent'anni prima le armate dei dervisci guidate dalla parola infuocata del Mahdi fecero brillare, breve come un lampo, il sogno della rivincita dell'Islam contro gli infedeli. Nella nuova armata di Dio, questa volta, c'erano le bandiere di cinquanta Paesi, dal Senegal alla Bulgaria, dal Congo alla Turchia, tutto il mosaico frantumato delle genti che un tempo vivevano sotto lo scettro di ferro del sultano. Il nuovo profeta si chiama Hassan al-Turabi, un sessantenne Machiavelli dell'Islam, tessitore istancabile di trame e di alleanze: ex ministro, consigliere occulto di vari regimi, tutti dispotici, innamorato non del gelido splendore del potere ma del suo nocciolo segreto. E con un unico, ossessionante sogno: «Sconfiggere l'Occidente tirannico, perché nel mondo non restano a Dio che le nostre forze di fronte alla forza assoluta del materialismo ateo». L'internazionale islamica modellata dalla fantasia politica di questo distinto professore, diplomato a Londra e alla Sorbona, è diventata la retrovia di tutti i fratelli musulmani del Nord Africa brulicante di attese apocalittiche, si infiltra nell'Eritrea appena indipendente e congiura nella Somalia, dove il lungo spasimo del conflitto rilancia le illusioni della fede. Turabi si presenta sempre come un mansueto intellettuale senza potere, un povero di Dio lontano da ogni tentazione di maccartismo religioso. Lo scorso anno è venuto perfino in Vaticano, passo chiave in una complessa strategia di immagine per cercare di disinnescare i sospetti dell'Occidente. Ma per capire quali sono gli scenari della sua guerra del Bene contro il Male basta guardare a Sud di Khartum, dove il Nilo, tra Malakl e Bor, affonda in sterminate pianure limacciose ingombre di iris e di papiri. E' l'altro Sudan, animista e cristiano, che parla inglese e non arabo, che rifiuta la sharia, perennemente ribelle; due Paesi un tempo giudiziosamente separati dai colonizzatori inglesi, riuniti contro natura al tempo dell'indipendenza. Turabi lo vuole per le terre fertili e i giacimenti petroliferi che un dispetto di Allah ha nascosto nelle terre degli infedeli. E' questo tesoro l'unica speranza per un Paese che nel Nord è devastato dalla desertificazione. Ma per metterlo a disposizione del capitale internazionale, naturalmente islamico, interessato al business agricolo, bisogna cacciare i dinka e i shilluk che lo abitano e far posto ai coloni islamici. E allora i pasdaran di Turabi hanno scatenato una accurata pulizia etnica: seicentomila morti negli ultimi cinque anni e decine di migliaia di profughi braccati dall'aviazione anche nei campi dove vivono di una avara carità internazionale. Solo il primo round di una guerra più lunga, in attesa di espugnare la cittadella Occidente. Domenico Quirico Hassan Tourabi uomo forte del regime sudanese e regista della offensiva dei movimenti fondamentalisti in Africa

Persone citate: Domenico Quirico Hassan, La Fortezza, Machiavelli, Turabi

Luoghi citati: Africa, Bulgaria, Congo, Eritrea, Londra, Nord Africa, Somalia, Turchia