LA NUOVA GUERRA DI TROIA di Enzo Bettiza
Su «Italia 1 LA NUOVA GUERRA DI TROIA zione naturale, dalle cause vaghe e imperscrutabili, che potrebbero essere serbe, che spesso sono serbe, sì ma che altre volte potrebbero essere croate o addirittura musulmane. L'ambiguità di simili simmetrie etniche può avere al massimo qualche valore esplicativo, ancorché sbrigativo, se applicata alla totalità della Bosnia-Erzegovina, dove l'aggressione serba del 1992 ha provocato a un certo momento la rottura del fronte comune fra croati e musulmani, spingendo questi ultimi a recuperare sulla pelle e sulle terre dell'alleato più debole quello che avevano perduto nello scontro col nemico più forte. Così, nella grande esplosione bosniaca provocata da Belgrado, abbiamo visto scatenarsi, come prevedevamo fin dal 1991, una lunga catena di massacri reciproci fra serbi, croati e musulmani, in cui l'atavica pulsione balcanica alla violenza non ha risparmiato più nessuno. La Bosnia e l'Erzegovina nel loro insieme si sono riempite di orde di dannati costretti a recitare di volta in volta, talora simultaneamente, il ruolo di persecutori e di perseguitati. La spinta al suicidio ha incatenato tutti. Tutti hanno inferto e subito la morte nell'orrore e nell'ecatombe collettiva. Ma i serbi bosniaci di Karadzic, spalleggiati dai gelidi strateghi della Grande Serbia guidati e ispirati da Milosevic, che per primi hanno dato alle fiamme la Bosnia-Erzegovina, stanno emergendo ora vincenti dall'immane sterminio. A completare la vittoria gli manca ancora la conquista di Sarajevo. La città nel frattempo, da capitale dello Stato multietnico bosniaco, si è venuta trasformando in capitale di una costituenda repubblica islamica e monoetnica bosniaca. Il governo di questa nuova entità islamica, dal quale prati¬ camente sono stati esclusi croati e serbi, siede simbolicamente e in permanenza sotto le bombe nel centro di Sarajevo. Quindi, la sola supposizione che la granata omicida del sabato possa essere stata musulmana, è priva d'ogni credibilità. Croata neppure. I croati, che stanno concentrando tutte le loro forze contro i musulmani nella difesa di Mostar, considerata da essi come la capitale di una costituenda repubblica croato-erzegovese, non hanno né postazioni militari sulle colline di Sarajevo né alcun vero interesse politico o storico nella conquista di Sarajevo. Sono i serbi, popolo a suo modo omerico, che hanno fatto di Sarajevo la Troia del ventesimo secolo. Sono essi che l'assediano dalle alture circostanti, che ne cecchinano gli abitanti, che la dissanguano omeopaticamente, che fanno cadere a ritmi precisi e intervallati le loro bombe prima sulle persone vive, donne o bambini che siano, e poi sui soccorritori. Ci si domanderà perché, armati e vincenti come sono, essi non espugnino la città morente in un assalto secco e definitivo. Non lo fan¬ no perché non è nel loro piano politico. Come già ad altre città della Bosnia, i serbi desiderano applicare anche a Sarajevo la tattica della pulizia etnica centrata più sull'assedio che sulla conquista d'assalto: tattica lenta, volta a raccattare infine la città assediata, decimata e stremata come un catino vuoto e abbandonato. Fra l'altro, il vantaggio di una simile operazione è quello di evitare, evitando uno spettacolare attacco militare frontale, una massiccia reazione internazionale. Questi sono i dati reali della tragedia di Sarajevo che quasi tutti in Occidente si sforzano di non vedere, non analizzare, non descrivere. Sarajevo, offerta dall'imbelle Europa come una mela marcia e insanguinata alle fauci della Grande Serbia, è ormai non solo il simbolo del più sporco martirio balcanico ma della vergogna europea, della nullità americana, della farsa macabra dell'Onu che nella sua calcolata neutralità assomiglia a un'impresa di pompe funebri, che dà una mano all'aggressore per affossare più in fretta l'aggredito. Enzo Bettiza
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