L'Ansaldo ha messo il turbogas di Roberto Ippolito

Pronta al via la prima turbina su licenza Siemens. Musso apre una filiale a Mosca Pronta al via la prima turbina su licenza Siemens. Musso apre una filiale a Mosca I/Ansaldo ha messo il turbogas E sfida la General Electric sui mercati mondiali GENOVA DAL NOSTRO INVIATO Una vecchia lima sul bancone. Solo un anziano operaio può servirsene. E la usa nei rari casi di necessità: quando le sofisticate apparecchiature elettroniche che accerchiano quel tavolo da lavoro non garantiscono la perfezione delle misure dei componenti degli impianti costruiti qui, nella fabbrica genovese dell'Ansaldo, l'azienda della Finmeccanica attiva nell'industria per l'energia. Per lo stabilimento ieri è un giorno di festa. Viene presentata la prima turbina a gas (cioè il cuore delle centrali elettriche alimentate con il metano) realizzata dall'Ansaldo dal primo all'ultimo pezzo su licenza del colosso tedesco Siemens. L'azienda, finora in grado di offrire tutte le altre tecnologie per installare centrali elettriche, rimedia a un buco. «Il turbogas era una lacuna che stava diventando critica, visto che il 45% delle nuove centrali di tutto il mondo impiegano questa tecnologia» spiega Bruno Musso, il capo-azienda. Ma deriva anche da altri fattori, oltre che dal risultato, l'orgoglio che Musso non nasconde. «Abbiamo rivoluzionato la fabbrica - dice - e in soli tre anni siamo riusciti a costruire la nostra prima turbina a gas». Una ventina di macchinari nuovi costati 50 miliardi hanno fatto l'ingresso negli storici capannoni dell'Ansaldo. Sotto le colonne sopravvissute alle riorganizzazioni dell'antica struttura della fabbrica genovese, il vecchio si lega con il nuovo. E quella lima sul bancone ricorda quanto è difficile staccarsi da un passato ricco di ostacoli. L'Ansaldo non avrebbe potuto non cambiare. Prima ha perso l'affare dell'energia nucleare in Italia dopo il referendum che l'ha messa al bando. Poi ha subito le conseguenze delle crisi internazionali: l'embargo verso l'Iraq ha fatto sfumare commesse per 1400 miliardi. E infine la recessione ha provocato la paralisi del mercato nazionale: «Nel 1993 non abbiamo avuto nessun nuovo ordine in Italia e neppure l'attuazione delle preassegnazioni effettuate in precedenza». E così, voglia o no, l'Ansaldo è costretta a guardare all'estero. Il mondo chiede turbogas e turbogas va servito. Guardando avanti, si stempera la polemica per le occasioni mancate. Nel 1988 il governo non autorizzò lo scambio tra la Fiat (che avrebbe dato gli stabilimenti di turbine a gas e del settore ferroviario) e la Finmeccanica (che avrebbe ceduto l'Alfa Avio produttrice di motori per aerei). Nel 1989 si discusse invano l'integrazione tra l'Ansaldo (che indirettamente fa capo all'Iri) e la Nuovo Pignone (allora in mano all'Eni e operante a sua volta nel turbogas). «E' meglio non voltarsi indietro» afferma Musso che ora deve vedersela con i nuovi padroni della Nuovo Pignone, dopo la privatizzazione: «La competizione con la General Electric fa tremare i polsi». L'Ansaldo avrebbe voluto disporre della Nuovo Pignone, ma è un'azienda pubblica e non ha potuto tentare di comprarla: «Non è il primo e forse nemmeno l'ultimo caso di mancanza di politica industriale in Italia». Non avendo mai costruito turbine a gas e non potendo acquisire aziende nazionali del settore, tre anni fa l'Ansaldo ha ottenuto dalla Siemens la licenza per sfruttare le sue tecnologie. «Ma l'alleanza con i tedeschi prevede anche uno sviluppo tecnologico congiunto di nuovi prodotti» puntualizza Vincenzo Vadacca, amministratore delegato dell'Ansaldo Energia. Tuttavia non si collabora solo con la Siemens: «Anche con General Electric, Westinghouse e Abb - fa presente Musso - effettuiamo ricerche in comune. Puntiamo alla collaborazione competitiva. Lavorare con i concorrenti può sembrare strano, ma questo permette la presenza sul mercato mondiale». E così l'Ansaldo («la più piccola tra le grandi industrie per l'energia») cerca il successo fuori casa. Martedì prossimo Musso costituirà a Mosca l'Ansaldo A.O., la filiale di diritto russo che deve sfruttare le opportunità del dopo comunismo. In particolare il capo dell'Ansaldo fa presente il drammatico problema delle antiquate centrali nucleari dell'Europa Orientale: «Ce ne sono sedici pe¬ ricolose come quella di Cernobil», protagonista nel 1986 di un tragico incidente. Musso invita l'Europa a non dimenticare questo problema. E propone di varare «una specie di piano Marshall» (con il quale gli Usa favorirono la ricostruzione dopo la guerra in Europa) per chiudere le centrali tipo Cernobil e rinnovare quelle «che risultano migliorabili». Roberto Ippolito Bruno Musso amministratore delegato del gruppo Ansaldo

Persone citate: Bruno Musso, Vincenzo Vadacca