Caserma dei carabinieri doveva saltare in aria di Enzo Laganà
I In Calabria, sventato un piano dei clan Caserma dei carabinieri doveva saltare in aria Bloccato l'artificiere della 'ndrangheta Traffico di droga: 34 finiscono in cella REGGIO CALABRIA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Le cosche della 'ndrangheta reggina volevano far saltare in aria una caserma dei carabinieri. L'attentato avrebbe dovuto interessare la stazione di Pellaro, un rione a Sud della città. L'attentato doveva essere realizzato con un grosso ordigno. A rivelare tutto è un pentito della 'ndrangheta, un esperto di esplosivi, che avrebbe dovuto collocare il tritolo e che all'ultimo momento non se l'è sentita di portare a termine l'attentato, spaventato dal grosso quantitativo di esplosivo che doveva maneggiare. L'attentato doveva servire ad allentare il cerchio delle indagini che i militari di quella caserma stavano portando avanti proprio nell'ambiente del commercio di eroina e cocaina ma nello stesso tempo anche per intimidire tutte le forze dell'ordine presenti in città. Sempre nell'ambito della lotta allo Stato, le cosche preparavano anche l'evasione di un boss dal carcere di Palmi. Il piano terroristico-mafioso risale a metà dello scorso anno ma è stato svelato solo ieri dal comando provinciale dell'Arma a conclusione della prima «risposta operativa» dei carabinieri agli ultimi sanguinosi agguati subiti (il 18 gennaio a Scilla con due morti e il 1° febbraio in città con due feriti gravi). L'operazione dei carabinieri ha portato all'emissione di 34 ordini di custodia cautelare emessi dal giudice per le indagini preliminari distrettuale Iside Russo su richiesta del sostituto procuratore della Repubblica Giuseppe Verzera, 22 dei quali eseguiti, 6 notificati in carcere (tra cui quelli a personaggi noti come Leo Zappia e Carmelo Mulina), mentre altrettanti inquisiti non sono stati rintracciali. Per tutti il provvedimento parla di associazione di stampo mafioso finalizzata al traffico di droga. Il blitz colpisce esponenti giovani delle cosche che più sono presenti nel territorio meridionale di Reggio dove appunto s'è verificato l'ultimo agguato di martedì sera; elementi della malavita collegata alle famiglie Barreca di Pellaro (della quale fa parte l'ormai noto collaboratore di giustizia Filippo Barreca) e Latella che dominano al rione Saracinello. Le due cosche reggine - a quanto è stato riferito - si rifornivano da quella pericolosissima dei Morabito di Africo che, in pratica, rifornisce non soltanto l'intero territorio calabrese ma riesce ormai a piazzare la «merce» anche in vari centri del Nord grazie ad un'organizzazione capillare di affiliati, soprattutto in Lombardia. Le due cosche provvedevano poi a gestire la distribuzione della droga su quasi tutta la fascia che va da Villa San Giovanni fino a Melito Porto Salvo compresa quindi la città, un commercio che fruttava annualmente un giro d'affari di parecchi miliardi ed al quale provvedevano elementi molto ben introdotti negli ambienti giovanili. E' stato durante la fase d'avvio dell'intera operazione che si è venuti a conoscenza dell'intenzione della 'ndrangheta locale di far collocare una potente carica esplosiva davanti l'ingresso della stazione dei carabinieri di Pellaro da dove erano partite le prime indagini e dove la stretta degli investigatori era più intensa. Da un'intercettazione telefonica si è passati poi alle ammissioni da parte di chi aveva ricevuto l'incarico di portare a compimento l'azione terroristica. Enzo Laganà
Persone citate: Barreca, Carmelo Mulina, Filippo Barreca, Giuseppe Verzera, Iside, Latella, Leo Zappia, Melito, Morabito
Luoghi citati: Africo, Calabria, Lombardia, Palmi, Porto Salvo, Reggio, Reggio Calabria, Villa San Giovanni
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