«Dietro il Corvo la mano di Riina»

Palermo, nuove rivelazioni sulle lettere anonime a Palazzo di giustizia Palermo, nuove rivelazioni sulle lettere anonime a Palazzo di giustizia «Dietro il Corvo la mano di Rima» Ipentiti: voleva dividere i giudici PALERMO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «Il corvo è Totò Riina». Dai pentiti è arrivata una clamorosa conferma a ciò che gli investigatori antimafia credevano da tempo, soprattutto dopo l'ampia assoluzione del giudice Alberto Di Pisa. Il responsabile delle lettere anonime che nell'estate del 1989 fecero scorrere fiumi di veleno nel Palazzo di giustizia di Palermo sarebbe stato Totò Riina. Sì, proprio lui, il semianalfabeta capo delle «famiglie» siciliane di Cosa Nostra, il sanguinario despota del clan dei corleonesi che pur dopo la cattura avvenuta il 15 gennaio di un anno fa continua a sedere al vertice della mafia. Ma come avrebbe potuto lui che, a malapena, la moglie maestra Antonina Bagarella è riuscita a istruire in misura elementare? E qui gli ultimi pentiti, secondo indiscrezioni sulle quali il settimanale Panorama ha diffuso alcune anticipazioni di un servizio che pubblicherà nel prossimo numero, si sarebbero rivelati preziosi. Il settimanale scrive che il clan dei corleonesi con le lettere anonime «coprì omicidi funzionali agli equilibri interni a Cosa Nostra e seminò zizzania tra investigatori e magistrati». E ancora: «Adesso gli investigatori della Dia stanno cercando di scoprire i complici dei corleonesi annidati nelle istituzioni». Le lettere anonime chiamarono in causa fra gli altri Giovanni Falcone, Giuseppe Ayala magistrato del pool Antimafia e non ancora deputato, l'allora procuratore di Palermo Pietro Giammanco poi trasferito in Cassazione su sua richiesta ma soprattutto sull'onda dei rimproveri di 8 magistrati che 10 definivano «morbido» e ancora 11 capo della polizia Vincenzo Parisi e il questore Gianni De Gen¬ naro ora direttore della Dia. Il «corvo» sosteneva che costoro avevano favorito in gran segreto il rientro in Italia di Salvatore Contorno spalleggiandolo di fatto in una sua spietata controffensiva per arginare il già straripante potere di Riina. E della confusione che ne seguì si giovò il boss dei boss al punto che alcuni delitti allora attribuiti a Contorno e agli amici di questi ir. ittita, stando ai più recenti pentiti, sarebbero stati commessi proprio da suoi killer. E chi fu allora il «corvo» posto che non fu Alberto Di Pisa, che entro il mese sarà reintegrato con tutti gli onori nell'incarico perché la procura generale di Caltanissetta non ha proposto ricorso in Corte di Cassazione avverso l'assoluzione dalla sua stessa rappresentante chiesta in dibattimento? Scrivono i giudici d'appello nelle motivazioni della sentenza: «Autore delle lettere anonime avrebbe potuto essere un più o meno autorevole membro del corpo di polizia che avesse voluto sfruttare con finalità di vendetta la vicenda relativa alla venuta in Sicilia di Contomo e alla gestione dei pentiti». La Corte di Appello censura inoltre il comportamento dell' allora alto commissario Domenico Sica che per primo indirizzò le indagini verso Alberto Di Pisa: «Nè Sica nè i suoi collaboratori erano dalla legge autorizzati a compiere le operazioni e le attività che si sono arbitrati di porre in essere». Si tratta, scrivono i giudici, «di una vicenda giudiziaria illegittima ed arbitraria sin dal suo origine: si fa entrare in un processo una perizia extragiudiziaria effettuata da periti che, per la loro appartenenza al Sismi, sono stati e sono alle dipendenze del potere politico». Antonio Ravidà I I giudice Alberto Di Pisa

Luoghi citati: Caltanissetta, Italia, Palermo, Sicilia