Il tramonto del made in England

Il tramonto del made in England Il tramonto del made in England Una storia travagliata, resiste soltanto la Rolls E' così anche la Rover, ultima grande marca automobilistica britannica indipendente, ha ceduto le armi, fagocitata dalla Bmw di Monaco di Baviera. E' la fine di un'epoca, anzi di un mito di antiche e nobili origini, di quella tradizione inglese nata quasi un secolo fa e che tanto ha illustrato capacità creativa, bravura industriale, pragmatismo intelligente della Great Britain. Adesso, in mani inglesi è rimasta - a parte piccole aziende semiartigiane - soltanto la leggendaria Rolls-Royce, che però è più una bandiera che una fabbrica di automobili in senso moderno. Ma, alle spalle, quanta e quale storia. L'industria dell'automobile era nata Oltremanica alla fine del secolo scorso, antesignane la Daimler, la Lanchester, la Wolseley e la Leyland, create nel 1896, dieci anni dopo l'invenzione, in Germania, del veicolo a motore. A cavallo del secolo c'era poi stata, come in altri Paesi a vocazione industriale, una grande fioritura di iniziative e di nuovi costruttori, come Riley, Rolls-Royce, Standard, Austin e appunto Rover, seguite da Morris, Jaguar, Triumph, Vanden Plas, Mg. Ciascuna aveva una personalità ben definita, particolarmente evidente nei modelli sportivi, i famosi spider inglesi che avevano nelle Mg la loro espressione più caratteristica e imitata. Poi cominciò un processo di alleanze, successivamente sfociato in vere e proprie fusioni societarie allo scopo di potenziare risorse industriali e finanziarie; dapprima (1938) con la creazione del Gruppo Nuffield (dal nome di lord Nuffield, proprietario della Morris), comprendente le marche Morris, Mg, Riley e Wolseley. Negli Anni 50 questo gruppo confluiva nella holding Bmc (British Motor Corporation), che aveva nella Austin la marca più popolare. Questo processo di concentrazioni successivamente si accentuava, prima con l'incontro fra la Jaguar e la Daimler (che già aveva assorbito la Lanchesteri, a loro volta confluite, nel 1966, nel nuovo gruppo British Motor Holding, il cui nucleo era formato dalla Bmc. Intanto la Triumph e la Standard si fonde¬ vano nella Leyland, che nel 1968 costituiva la potente holding nazionalizzata British Leyland comprendente le attività di marche come Jaguar-Daimler, Austin, Riley, Wolseley, Morris, Mg, Rover, Triumph. Ma da questo momento cominciava il declino: alcuni marchi scomparivano (fra gli altri, Austin e Austin-Healey, Riley, Wolseley, Morris, Triumph); Ford acquistava la Jaguar e la Aston Martin; nel 1989 la Rover veniva privatizzata con l'intervento della British Aerospace e la formazione del Rover Group con le marche Rover, Land Rover e Mg e la partecipazione azionaria (20%) della giapponese Honda, il cui intervento serviva soprattutto allo sviluppo tecnologico e a migliorare la gamma dei modelli. Adesso l'arrivo della Bmw, che si assicura un marchio di prestigio garantendone il rilancio attraverso le sue ampie risorse. Come è stato possibile questo generale declino di un'industria che per certi aspetti era in anni lontani considerata pressoché esemplare? Un'industria che ha dato prodotti di alto valore anche simbolico come la leggendaria, storica Austin Mini, nata nel 1959 e ancor oggi costruita dalla stessa Rover. Alcune cause sono remote, risiedono in un diffuso conservatorismo progettuale e impiantistico; in un troppo lento rinnovo dei modelli; nella conflittualità, dura e a tratti insanabile fra le parti sociali; forse anche in un malinteso senso di patriottismo. Per curioso contrappunto, nel campo dello sport automobilistico i colori britannici continuano a essere al vertice dei valori. Non nel settore della produzione di serie vera e propria, ma nella concezione globale delle monoposto di Formula 1. Ieri con Cooper, Vanwall, Brm, poi con Brabham, Lotus, Williams, McLaren, mentre i progettisti d'Oltremanica sono contesi da tutti i costruttori di automobili da competizione. Vuol dire che la scuola inglese non è seconda a nessuna. Ma il rapporto fra sport e industria non sempre è proponibile. Ferruccio Bernabò

Luoghi citati: Germania, Monaco Di Baviera