Il partigiano si stampa ma non va in libreria
Nelle memorie attaccava Pertini e il pei Gli eredi: «Lo Struzzo è ostile alla sua linea ideologica» il caso. Einaudi: censura o scelta di mercato per i diari di Pizzoni? Il partigiano si stampa ma non va in libreria N A esiste ancora la vecchia e gloriosa Giulio Einaudi Editore, quella degli Anni Cinquanta, che era considerata una cittadella rossa, una torre d'avorio degli intellettuali comunisti? Gli avversari irriducibili della «cultura einaudiana» ne sono convinti. Il quotidiano avvenire, «di ispirazione cattolica», come si legge nel tabellino della gerenza, ha dedicato ieri quasi una pagina a un libro edito nello scorso dicembre con il marchio della casa editrice torinese: Allaguida del Clnai. Memorie per i figli, diario partigiano di Alfredo Pizzoni, che fu presidente del Comitato di liberazione per l'Alta Italia nel 1944-'45. «Memorie importantissime», secondo il giornale, ma così scomode che «l'Einaudi non le distribuisce». Dunque, un caso: si pubblica un libro ma lo si tiene nei magazzini. Per quali oscure ragioni? Va da sé: per censura politica. Andiamo a vedere che cosa c'è di vero. Tutto comincia il giorno che Natalino Irti, presidente del Credito Italiano, decide di dare dignità di stampa al diario inedito di Alfredo Pizzoni, che era stato suo predecessore alla presidenza della banca dal 1945 al 1958. Figlio della borghesia militare lombarda, medaglia d'argento nella grande guerra, studi giuridici a Oxford e Londra, dalla laurea dirigente del Credito Italiano, maggiore dei bersaglieri nell'ultima guerra, Alfredo Pizzoni, dopo l'8 settembre, entra nella Resistenza, con il nome di battaglia di Pietro Longhi. Esponente dei liberali, quando nel 1944 si costituisce il Clnai ne è nominato presidente. Si occupa in particolare di raccogliere i finanziamenti per mantenere le bande e per armare l'insurrezione: era il ministro delle Finanze dei partigiani. Due giorni dopo la Liberazione deve lasciare la presidenza del Clnai, sostituito dal socialista Rodolfo Morandi. Diventa presidente del Credito Italiano, fino alla morte, nel 1958, a 63 anni. Torniamo al volume. Il Credito Italiano trova un accordo con il Gruppo Elemond, che affida il diario al suo marchio più prestigioso, lo struzzo einaudiano. Renzo De Felice, autore per la stessa Einaudi della monumentale biografia di Mussolini, scrive un'introduzione. Curato da Walter Barberis, responsabile delle grandi opere, Alla guida del Clnai esce a dicembre, fuori collana, nella veste editoriale della memorialistica einaudiana, la stessa riservata a Piero Gobetti e Carlo Rosselli. Un bel libro di 328 pagine, con un elegante inserto fotografico, senza purtroppo indice dei nomi, ma con note bibliografiche sui personaggi citati. E senza indicazione di prezzo sulle tremila co¬ pie tirate, perché effettivamente non è destinato alle librerie. «Un libro interessante, non c'è dubbio - ci spiega Barberis -, ma il problema della commercializzazione dipende dall'accordo fra Elemond e Credito. Abbiamo seguito il libro con la stessa cura che dedichiamo a tutte le nostre opere di saggistica, ci siamo presi i mal di pancia che dovevamo prenderci, ma in questo caso eravamo piuttosto editori-stampatori. Come da contratto, abbiamo consegnato tutte le copie all'istituto bancario». «Non possiamo nascondere il nostro disappunto - ci dice invece Giovanni Bognetti, docente di diritto, genero di Pizzoni (che ebbe cinque figli) -, Noi chiediamo a Einaudi di mettere in circolazione l'opera per il grande pubblico. Si tenga conto che le spese di composizione sono state già pagate. E' inevitabile sospettare che Einaudi esiti perché non apprezza l'indirizzo politico-ideologico del diario. Ma io spero ancora che si riesca a convincere l'editore». Effettivamente Pizzoni rappresentava quella parte della Resistenza che subito dopo la Liberazione si scontrò con il partito comunista e che nella storiografia resistenziale è rimasta sostanzialmente senza voce. A parte l'impostazione ideologica generale, il diario contiene anche immagini per nulla edificanti di personaggi come Emilio Sereni o Sandro Pertini, che defenestrarono Pizzoni dal vertice del Clnai per ragioni di partito. «In realtà c'era bisogno, alla testa del Clnai, di un uomo che non avesse avuto la tessera fascista - dice il senatore Leo Valiani, testimone dell'epoca, smorzando la polemica -. E Pizzoni aveva dovuto prenderla per restare dirigente del Credito, sebbene antifascista». Tuttavia quello e altri episodi raccontati nel diario sarebbero rivelatori, secondo lo storico Renzo De Felice, delle basi su cui stava nascendo la Prima Repubblica oggi alle corde: «Più di uno dei comportamenti e dei retroscena di allora offrono spunti per comprendere meglio la nostra situazione di oggi». Ma saranno queste le ragioni per cui i lettori interessati alla memorialistica resistenziale non possono trovare il volume nelle librerie? «Scusate, De Felice chi lo pubblica?», sbotta Barberis. In realtà, sembra di capire che per la casa editrice Pizzoni non è altro che un'operazione commerciale fatta con il Credito: conti alla mano, si è chiusa lì. Se Alla guida del Clnai non è stato distribuito, forse non si tratta di una questione culturale ma di una decisione di marketing. Magari sbagliata, chi lo sa? Alberto Papuzzi Nelle memorie attaccava Pertini e il pei Gli eredi: «Lo Struzzo è ostile alla sua linea ideologica» Nell'immagine grande Alfredo Pizzoni Qui accanto Leo Valiani In alto, Sandro Pertini e Renzo De Felice Liberale, presidente del Clnai, rimosso due giorni dopo il 25 Aprile
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