Tutti i nemici di Nenni

Tutti i nemici di Nenni Tutti i nemici di Nenni Dissero sì ai carri armati a Praga e ci scappò anche un torta in faccia IROMA RONIA del destino e della confusione semantica della Prima Repubblica, fatto sta che a un certo punto gli psiuppini furono etichettati come i «filo-cinesi». Strano: proprio il psiup, proprio il partito più indefettibilmente fedele all'Urss, talmente filosovietico da approvare l'invasione della Cecoslovacchia da parte del Patto di Varsavia mentre persino il pei esprimeva (con sofferenza) la sua «condanna», proprio questo partito veniva classificato come il più vicino all'eresia maoista. E chissà che l'equivoco non si annidasse nelle pieghe del seguente sillogismo: il psiup è il partito italiano più «estremista», la Cina è «estremista» rispetto all'Urss, ergo il psiup è «estremista» come la Cina. «Estremista», il «partito socialista italiano di unità proletaria» nato giusto trent'anni fa, il 10 gennaio 1964, lo era di certo. Nato per combattere la linea di Nenni, l'unificazione con i socialdemocratici e soprattutto il progetto di collaborazione con la de e il centro-sinistra, il nuovo partito venuto fuori dalla rottura con il psi, divenne subito il rifugio di un variegato arcipelago di forze che solo con molta fatica possono essere ricondotte nella categoria di «socialisti di sinistra»: i «carristi» di Tullio Vecchietti, i massimalisti luxemburghiani di Lelio Basso, gli ultrasinistri antistalinisti come Lucio Libertini, i sindacalisti di sinistra di Vittorio Foa. Il tutto con l'autorevole sostegno di un Emilio Lussu e nel campo della cultura di Cesare Musatti. Oltreché con l'appoggio di giovani della «covata» di Raniero Panzieri come Alberto Asor Rosa. Nemico numero uno: Pietro Nenni. Intesa cordiale con il pei di Togliatti. Ma negli otto anni di vita del partito, il clima non fu mai idilliaco. Anzi. All'autore di un articolo su Mondo Nuovo schierato a difesa dei cubani nella querelle tra Castro e l'Urss, giunse subito l'ingiunzione di allontanarsi da quel settimanale. Luciano Della Mea, un fine intellettuale pisano in dissenso con la linea del partito, divenne addirittura il bersaglio di un feroce attacco dell'apparato che accusava il dissidente di aver aderito in gioventù alla Decima Mas chiedendone, come fece Lucio Luzzatto, l'allontanamento. Clima rovente nelle file del partito. Congelamento assoluto nel vertice saldamente tenuto in pugno da Tullio Vecchietti. E nei congressi, clima rissoso e addirittura violento. Durante il congresso di Napoli, in diretta televisiva, l'allora corrispondente Rai Rodolfo Brancoli viene colpito in pieno volto da una succulenta torta lanciata da un dissidente. Subito si scatena la caccia al «provocatore». Pestaggi, proteste, parapiglia. E i giovani psiuppini, in testa Daniele Protti, che abbandonano la sala. Comincia il declino inesorabile del psiup. Sancito dalla solenne sconfitta elettorale del '72. Oramai è in arrivo lo scioglimento e la confluenza nel pei. Al congresso che deve solennizzare la fine del partito arriva pure la beffa del lapsus di Berlinguer. «Ouesto scioglimento e questa confluenza che noi abbiamo voluto e che voi avete accettato», dice a un certo punto il segretario del pei nel suo intervento. Scoramento, incredulità. Poi Berlinguer, intuita l'enormità della gaffe, chiede pubblicamente scusa. Ma tra gli psiuppini in disarmo quel lapsus appare carico di una tremenda verità. [p. batt.] Berlinguer Un lapsusbeffa quando il psiup confluì nel pei

Luoghi citati: Cecoslovacchia, Cina, Napoli, Praga, Urss