Clinton alla guerra del Vietnam di Franco Pantarelli

Imminente l'annuncio a Washington, «via al commercio con gli ex nemici» Imminente l'annuncio a Washington, «via al commercio con gli ex nemici» Clinton olla guerra del Vietnam veterani: guai se revochi l'embargo a Hanoi IT YORK NEW YORK nostro servizio Ufficialmente Bill Clinton ci sta ancora pensando, ma per l'American Legion (oltre tre milioni di reduci, una forza elettorale tradizionalmente temuta) non ci sono dubbi su quale sarà la sua decisione: l'embargo commerciale contro il Vietnam sta per finire. E la reazione è furibonda. «Tradimento!», ha gridato il capo dell'associazione, John Sommer. Durante la campagna elettorale Clinton aveva promesso che l'embargo sarebbe stato tolto solo dopo che il Vietnam avesse dato tutte le informazioni sui 2200 soldati americani di cui ancora non è stata accertata la sorte. Quelle informazioni non sono arrivate, ma l'embargo sta per essere tolto lo stesso: «E' tempo di prendere la giusta decisione - ha detto Clinton - e lo farò in un paio di giorni». Quello che Sommer vuole denunciare, insomma, è un altro caso di promessa non mantenuta da parte di Clinton, e la sua minaccia è che «dovrà risponderne di fronte agli elettori». Il rapporto del Presidente con i reduci del Vietnam, come si sa, non è precisamente di grande amore. Quando loro seppellivano la giungla vietnamita sotto il napalm, lui manifestava contro la «sporca guerra»; quando loro partivano per il fronte, un po' fieri e un po' impauriti, lui si dava da fare per evitarlo, e quel ch'è peggio (ai loro occhi) ci riusciva. Lanciarsi all'attacco contro di lui, quindi, non ha comportato grandi sforzi. «Il mio passato non c'entra nulla con questa decisione», ha detto Clinton, tanto è vero che «ci sono molti illustri reduci che sostengono che l'embargo deb¬ ha psspra tnltn» TTnn Hi mirati fi ba essere tolto». Uno di questi è John Kerry, senatore democratico del Massachusetts ma soprattutto eroe del Vietnam pluridecorato. Un altro è John McCain, senatore repubblicano anche lui pieno di medaglie e che per di più è rimasto quasi sei anni prigioniero dei vietnamiti. Insieme hanno presentato una mozione, la settimana scorsa, per chiedere appunto la fine dell'embargo, e i loro colleghi l'hanno accolta a grande maggioranza: 62 a favore, 38 contro. Non era un voto vincolante per Clinton, ma rprtamantp oli ha Clinton, ma certamente gli ha fornito un forte sostegno politico che è andato ad aggiungersi alle pressioni che già da tempo esercitavano gli ambienti economici. L'embargo, diceva per esempio la Camera di commercio, più che i vietnamiti penalizza noi, che dobbiamo fare a meno di quel mercato, mentre gli altri Paesi vi prosperano. La prima ditta americana a beneficiare della fine dell'embargo, a quanto pare, sarà la «Boeing», da tempo alla disperata ricerca di ordinazioni. Potrà finalmente vendere i suoi aerei alla compagnia di bandiera vietnamita, e nelle sue casse entreranno molti, anelatissimi, milioni di dollari. I reduci però non demordono. Come si possono anteporre, tuonano, «gli interessi economici a quelli delle famiglie dei prigionieri di guerra?». Ma qui la risposta è che in realtà con l'aumento dei contatti che la fine dell'embargo comporterà, con il massiccio incremento di viaggiatori americani in Vietnam che si verificherà, anche la ricerca dei dispersi verrà facilitata. I sondaggi sul tema condotti recentemente la dicono lunga su quale groviglio di sentimenti la vicenda Vietnam sia ancora capace di suscitare in questo Paese. Il 57 per cento degli interpellati mostra di essere incrollabilmente aggrappato alla convinzione che «almeno alcuni» di quei 2200 «Mia» (missing in action) siano tuttora vivi. E quando si tratta di rispondere sì c no alla fine dell'embargo commerciale la maggioranza è per il sì, ma con un margine piuttosto stretto: 46 per cento contro il 40, e il resto incerti. Franco Pantarelli K^fiKHHJWHflSSi' Vietnamiti davanti alla locandina d'un giornale: «Cade l'embargo» [foto reuter]