Sotto le sabbie di Gaza un arsenale per l'ora X di Foto Afp

no asciughi le lacrime al Muro del Pianto» Sotto le sabbie di Gaza un arsenale per Fora X LA CORSA ALLE ARMI CGAZA 'NOIJL milioni per una piola Beretta, otto per un fi; .•'•.'•.salto israeliano Galil, u ; più per un M-16 americano, po' me"- r>3r un Kalashnikov russo .cinquemilalire, poi, ci si compra un proiettile da nove millimetri. Questi sono i prezzi correnti praticati al mercato clandestino nella striscia di Gaza. Mentre la pace si avvicina, si assiste a una vera e propria iperinflazione di armi. E' la premessa di un futuro, possibile Libano? Tutte le fazioni palestinesi, sia quelle favorevoli sia quelle contrarie agli accordi di Washington, si stanno attivando per crearsi un arsenale. E colorii che no han no la possibilità, in primo luogo commercianti e proprietari terrieri, fanno lo stesso. Nell'atmosfera di né-pace-né-guerra che regna da quattro mesi nella polveriera dei Territori, il futuro è incerto e molti si preparano al peggio. Yasser Arafat, che dovrà presto prendere il controllo di questa terra di miseria e di violenza, comincia a inquietarsi per la proliferazione delle bande armate. E il capo dell'Olp non ha tutti i torti. «Ne ho abbastanza di prendere ordini e di farmi calpestare dagli israeliani. Da oggi in poi, venderò a chiunque possa pagare». Con le borse sotto gli occhi e la barba mal rasata, Abou Islam ha più l'aria di un ladro di polli che di un mercante di cannoni. Se ne sta lì, con otto giovani «clienti» che pendono dalle sue labbra. Lui è uno dei cinque o sei faccendieri legati ad Arafat. «Tutti sembrano molto inquieti», conferma Ahmed Hallis, numero due di Al-Fatah a Gaza. «La proliferazione delle armi nelle mani di gente irresponsabile sta diventando un problema molto grave». Raffiche in segno di gioia durante feste e matrimoni, fucilate nel corso delle manifestazio¬ ni e delle sfilate, spari d'avvertimento durante liti e discussioni: i palestinesi tirano fuori la rivoltella per un nonnulla. «La situazione non può andare avanti così», si lamentano i notabili locali. Il 14 gennaio, in una delle moschee della Cisgiordania, il mullah ha fatto un sermone proprio sulle armi. Condannando «i giovani» che van io in giro armati, «persino iil.ìo unive^'/.a, nei mercati e nei luoghi pubblici», si . appellato all'aiuto di Allah. Pochi giorni dopo, 300 studenti dell'Università di Gaza hanno inscenato una dimostrazione. Chiedevano misure energiche «contro il dilagare delle armi» e chiedevano ad Arafat di «impegnarsi con serietà» per controllare il fenomeno. Il capo dell'Olp è passato all'azione. Un gran numero di volantini, con l'emblema dei «Falchi di Al-Fatah», la milizia armata fedele ad Arafat, sono stati distribuiti durante le principali riunio¬ ni pubbliche e affissi davanti alle moschee. «Le persone non autorizzate sorprese a circolare armate saranno arrestate e le loro armi sequestrate». Resta ancora da chiarire chi siano le persone autorizzate. Le fazioni che contrastano il processo di pace, comunque, non hanno la minima intenzione di deporre le armi. Pw il momento gli scontri tra falchi . colombe sono ancora limitati. Pochi giorni fa, per esempio, a Boureij, sono morti due palestinesi nel corso di uno scambio di fucilate tra un gruppo di militanti dell'Olp e alcuni attivisti di Hamas. Adesso si sta negoziando una tregua, ma durerà? Arafat riuscirà a riportare la calma? Sembra improbabile. Recentemente, una parte dei «Falchi di Al-Fatah», il cui capo Abu Reech è stato ucciso dagli israeliani, si è schierata all'opposizione e non obbedisce più agli ordini del «Vecchio». Le uccisioni dei collaborazionisti - veri o pre- sunti - sono di nuovo riprese. Nonostante gli ordini ripetuti più volte da Arafat, tra 750 e 950 palestinesi sono stati già massacrati dall'inizio dell'Intifada. Nelle ultime 24 ore, le vittime sono state otto. Due settimane fa, a Gaza è stato ucciso Achraf Ikhal, membro di Al-Fatah. L'organizzazione ha protestato contro l'assassinio di questo «eroe della causa palestinese». «Non si sa più chi è con o chi contro, o lo si sa troppo bene», osservano nella zona. Questa confusione sta facendo la fortuna dei commercianti d'armi. Ma dove trovano la «materia prima»? Perlopiù in Israele. Ma¬ fia russa, banditi arabi, soldati drogati che vendono l'equipaggiamento per una dose: le fonti tradizionali d'approvvigionamento sono rimaste le stesse. La differenza rispetto al «prima» è che dall'accordo di pace i controlli tra Israele e i Territori sono diventati meno severi. E molti accusano lo Stato ebraico. Un dirigente dell'Olp, Ahmad Hallis, lo accusa di «favorire il traffico d'armi in modo da seminare i germi del caos a Gaza». Taoufik Abu Kabussa, responsabile della Shabiba, il movimento paramilitare della gioventù dell'Olp, è d'accordo: «Vogliono libanizzare Gaza in modo da poter poi dire: "Vedete, i palestinesi sono degli irresponsabili. Come potete pretendere che noi israeliani ci ritiriamo dalla Cisgiordania?"». Patrice Claude Copyright «Le Monde» e per l'Italia «La Stampa» Netanya • /: TELAViV.^ AshdooV •Ramla^^ GERUStóÉffiflIEj Ashqelon ù ■ v yr:* ^Betlemme Gaza ^Hnbron Mar Morto, Beer SI* va Sedorrr ISRAELE Il cardinale Joseph Ratzinger (a sinistra) accanto al rabbino Rene Samuel Sirat durante il convegno ebraico-cristiano a Gerusalemme [foto afp]