Sulla Seleco guerra aperta di Roberto Ippolito

Sullo Seleco guerra aperta Sullo Seleco guerra aperta Tra Savona e Rossignolo è subito rissa IL TV COLOR IN LIQUIDAZIONE ROMA. Era l'unica sopravvissuta. Ma ora la Seleco, quarto produttore europeo di televisori con un milione di pezzi sfornati nel 1993, rischia di essere liquidata. E di fare (triste) compagnia alle altre aziende commissariate o ridotte ai minimi termini, delle quali ha preso una quota la Rei, la finanziaria di settore del ministero dell'industria. Nomi un tempo gloriosi come Autovox, Voxon o Brionvega non significano quasi più niente per l'economia italiana. E i 1500 dipendenti della Seleco temono di perdere il posto. E' irritato Gianmario Rossignolo, che guida la cordata degli imprenditori che con il 36% hanno gestito la Seleco negli ultimi due anni accanto alla Rei (che ha il 60%) e alla finanziaria regionale Friulia (4%). I soci privati ce l'hanno con Paolo Savona, il ministro dell'Industria che accusano di aver bloccato il piano di risanamento dell'azienda di televisori che ha il quartier generale a Pordenone. Rossignolo, che è anche presidente della Zanussi, rinfaccia a Savona di essersi «eretto a difensore di un ente del suo ministero sorto con il compito istituzionale di rilanciare il settore dell'elettronica civile in Italia ma che ha invece portato alla distruzione di 500 miliardi di risorse pubbliche ed alla scomparsa dell'unica azienda che avrebbe dovuto costituire il polo di settore nel Paese». Mentre Pordenone scendeva in piazza, Rossignolo ha affidato la sua rabbia a una nota diffusa nel tardo pomeriggio di ieri. Ma in mattinata il primo a muoversi era stato proprio Savona che lo aveva pesantemente attaccato. Per il ministro la Seleco è a un passo dalla liquidazione solo perché sono stati commessi «errori imprenditoriali» e la cordata privata (riunita sotto la sigla della Sofin) avrebbe manifestato il «rifiuto di assumere responsabilità finanziarie per il futuro». Ma come stanno le cose? La storia è davvero ingarbugliata. Fra l'altro la Rei è una specie di fantasma. E' a sua volta già in liquidazione e in base alla legge non deve assumere nuove iniziative. La Seleco, invece, si pre- senta con una situazione a due facce. E' vero che, dopo un lungo periodo buio, con l'arrivo di Rossignolo ha raddoppiato la produzione e ha varcato le frontiere esportando per 200 miliardi. Ma è vero anche che lo scorso anno ha accumulato perdite a valanga. Tanto che la stessa Rei ieri ha protestato per la «crisi finanziaria» dell'azienda e perché non si sarebbe «dato conto puntuale delle ragioni delle impreviste perdite contabilizzate (76 miliardi nel '93)». Il problema che ha scatenato l'ultima disputa targata Rei nasce con l'esigenza di ripianare le perdite che hanno superato il capitale: 60 miliardi contro 54 al 30 ottobre scorso. La cosa singolare è che tutti i soci si dicono pronti a partecipare all'aumento di capitale per consentire all'azienda di vivere. Savona accusa Rossignolo di essersi «spinto fino a impedire il rinvio dell'assemblea straordinaria richiesta dalla Rei e dalla Friulia per ricercare un diverso sbocco alla liquidazione della società». Secondo il ministro, quindi, far slittare l'assemblea favorirebbe la ricerca di una soluzione finanziaria adeguata. Rossignolo, invece, sostiene che la Sofin è già pronta a tirar fuori quaranta o cinquanta miliardi per rimediare ai guai dell'azienda e acquisire il pieno controllo al posto della Rei (la cui presenza nelle società dovrebbe essere a tempo). La Sofin sostiene che con la Friulia aveva «trovato un accordo di copertura delle perdite e di successiva ricapitalizzazione della società senza richiesta alla Rei di partecipare ai previsti aumenti di capitale» E invece la Rei ha «posto condizioni via via inaccettabili». Le condizioni considerate inammissibili riguardano, stando sempre ai soci privati, la contestualità fra ripianamento delle perdite e aumento di capitale. E' un'operazione giudicata illegittima e che non sarebbe stata gradita nemmeno dal sottosegretario alla presidenza Antonio Maccanico. La Sofin lamenta che la Rei prima ha detto sì al ripianamento dei debiti (versando 3,6 miliardi per la sua quota) e poi in assemblea ha fatto marcia indietro. La Rei accusa invece la Sofin di non aver dato garanzie adeguate per l'aumento di capitale. Savona perciò adesso parla dell'esigenza di «ricercare una nuova soluzione al grave problema sociale venutosi a creare». Ma Rossignolo si sente vittima della macchina ministeriale e della Rei guidata da Giovanni Ruoppolo, definito «specialista in liquidazioni» per essersi occupato di Egam e Sir. E intravedendo il commissariamento della Seleco, ne dà la colpa a Savona: «Mi auguro che di un simile ministro cosiddetto "tecnico" il Paese ne possa fare al più presto a meno». Fin qui i colpi bassi. Ma c'è già chi parla di incontri programmati per sbloccare la situazione. Roberto Ippolito «Privati, avete sbagliato tutto» «Caro ministro devi andartene» Da sinistra Gianmario Rossignolo e il ministro Paolo Savona

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