Tempo determinato chi paga per la Rai di Lietta Tornabuoni

1 PERSONE Tempo determinato chi paga per la Rai OMA sta per .venir invasa da un'altra ondata di disoccupati intellettuali o disoccupati artisti, che andranno a unirsi a tutti quelli lasciati senza lavoro dalla scuola, dalla crisi del cinema, dalla neopovertà del teatro: sono i T. D., sigla che indica i lavoratori a tempo determinato della Rai, i precari (seicento circa alla televisione, circa duecento alla radio) assunti con contratti trimestrali o semestrali ripetuti nel corso degli anni ma sempre intervallati da pause per evitare che l'aspirazione al posto fisso diventasse sostenibile in tribunale, usati dall'azienda con il massimo risparmio, realizzatori di programmi radiofonici o televisivi con pieni doveri e nessun cliritto. Adesso, repentinamente, vengono quasi tutti messi fuori dalla Rai-Tv: un po' per innovazioni nei programmi, molto per tagliare i costi. Se l'azienda avesse fatto una politica sana anziché sperperare, se avesse selezionato per concorso i suoi funzionari anziché assumere a seconda delle tessere di partito, se avesse istruito e addestrato nuove leve delle generazioni giovani anziché tirare a non spendere per i realizzatori di trasmissioni, le cose sarebbero diverse. E' andata invece come tutti sappiamo, e a pagare il prezzo dell'indecenza o dell'impotenza altrui sono adesso i non-protetti,-i coLvic t.isti precari. In cinquecento circa si ^sono riuniti^in assocjagio"J ne, hanno eletto presidente del comitato direttivo Gian Maria Tavanti, terranno una conferenza stampa, vogliono lottare, però difensori ne hanno pochi: l'azienda, i governanti pure loro provvisori, i detentori di posto fisso, anche alcuni economisti o analisti sembrano ritenere del tutto inevitabile, se non naturale, che i primi a perdere il lavoro siano i precari, i contrattisti. Magari in teoria non avrebbero torto, ma dalla Rai i T.D. sono stati adoperati per anni, sistematicamente, come una forza-lavoro strutturale; chi ha frequentato l'azienda ha potuto constatare che tra loro c'erano come dappertutto persone giovani o non tanto giovani, raccomandate e no, lottizzate e no, molto brave o poco bra|^e^ma che i precari erano quelli che facevano i programmi, che lavoravano, o che almeno lavoravano di più. Di trovare un impiego diverso hanno poche possibilità, ciò che hanno imparato a fare, sanno fare e fanno, è quello e non altro: la radio, la televisione. Un esempio? Anna Leonardi, voce notissima ai radioascoltatori, diplomata all'Accademia d'arte drammatica, per sette anni attrice di teatro, cominciò a lavorare per la Rai vent'anni fa, nel 1974, attraverso una selezione organizzata per il programma radiofonico «Cara Rai»: i concorrenti erano sessanta. In vent'anni di successo al microfono, da un programma all'altro («Cara Rai», «Qui Rai2», «3131», «Il giro del sole», sceneggiati, sessanta puntate sulla Rivoluzione francese, «Passafilm», «Effetto cinema») s'è trovata a parlare in diretta con gli ascoltatori nelle ore difficili del rapimento di Moro, del terremoto dell'Irpinia o delle battaglie sull'aborto, a interrogare intellettuali spinosi come Giorgio Manganelli o Alfredo Giuliani, a discutere di mafia con la gente sulla piazza di Palma di Montechiaro, a intervistare le star dello spettacolo internazionale: «Una sola volta, vedendo che i colleghi protetti da padrini politici erano entrati tutti, provai invano a chiedere l'assunzione. Ma la precarietà non mi spaventava, la radio marciava ancora bene, ricevevo centinaia di lettere, entrare non mi pareva così importante». Ora? «Ora la trasmissione di cinema che alternandoci abbiamo fatto per quattro anni sempre soltanto in due persone e senza mezzi, arrangiandoci con sforzi inauditi, è stata cancellata. Il mio contratto è finito. Nessuno m'ha detto una parola. Ora sono passati vent'anni, e la mia unica prospettiva è quella d'andare in pensione senza pensione». Lietta Tornabuoni

Persone citate: Alfredo Giuliani, Anna Leonardi, Gian Maria Tavanti, Giorgio Manganelli, Moro