La mafia spara ai nemici in tv di Francesco La Licata
La mafia spara ai nemici in tv Il carabiniere ferito aveva detto a Santoro: ribelliamoci ai boss La mafia spara ai nemici in tv COSA nostra teme la televisione, teme il messaggio antimafia amplificato dal mezzo televisivo. Sembra - questa - ormai una certezza, a giudicare dalle reazioni che i signori della morte tradiscono ogni volta che dal piccolo schermo parte un invito all'opposizione ai metodi e alla cultura mafiosa, evidentemente più incline al silenzio che alla denuncia. Salvatore Serra, uno dei carabinieri feriti in Calabria nell'agguato di martedì sera, era stato protagonista di un accorato appello alla ribellione e alla coscienza antimafia. Intervistato, quindici giorni fa, da una troupe de «Il rosso e il nero», in occasione dei funerali dei colleghi uccisi nell'agguato di Scilla, il militare aveva detto: «Noi abbiamo le mani legate ma lo Stato rimarrà sempre così finché la popolazione non si ribella». Era convincente, emotivamente efficace, il carabiniere Serra. Ricordando i colleghi trucidati ripeteva: «Li conoscevo, lo conoscevo bene... Siamo stati insieme per otto anni alla compagnia di Palmi, siamo quasi tutti di qua, della zona, facciamo i carabinieri anche perché qui non ci sono altre possibilità. Ma una volta che siamo dentro lo facciamo con coscienza Le difficoltà? Sono tante... forse è meglio che non le diciamo». Poteva, la mafia, ignorare la grande forza di quel messaggio che suonava come dissociazione, come esplicito invito a tutti i calabresi a scegliere l'onestà contro la «Santa violenta»? Certo, è davvero singolare che, a distanza di quindici giorni, i killer siano tornati a sparare a Reggio e proprio al carabiniere Serra. E' facile cedere alla suggìstione e pensare ad una vendetta «esemplare» per controbilanciare l'efficacia del messaggio televisivo. D'altra parte non è la prima volta che i boss dimostrano un'insospettabile attenzione verso la tv. Come non ricordare Libero Grassi. Andò a Samarcanda e disse: «Non mi piego. La mafia non avrà i soldi frutto del mio lavoro. Invito tutti a seguire il mio esempio. Se resistiamo uniti, non potranno ucciderci tutti». Restò solo e fu massacrato, una mattina d'estate. E come non ricordare l'ira di Cosa nostra dopo la «trasgressione» di Maurizio Costanzo? Sotto l'occhio impietoso delle telecamere, il giornalista intervistò la signora Carla Cottone, in Madonia. La donna rimase intrappolata nella sua stessa «imprudenza» e fu costretta a rinnegare in diretta i parenti del marito. Spiegano i pentiti che Leoluca Bagarella in persona, guardando la televisione, sentenziò che «era troppo». Qualche tempo dopo la mafia bombardò i Paridi. Francesco La Licata
Persone citate: Carla Cottone, Leoluca Bagarella, Libero Grassi, Madonia, Maurizio Costanzo, Salvatore Serra, Santoro
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