Gli accusati: fu una fatalità di Marina Cassi
Gli accusati: fu una fatalità Gli accusati: fu una fatalità Per i sanitari un dramma imprevedibile CESAREO O PARTO NATURALE? LA dottoressa Raffaella Colombero spiega che cosa è accaduto in sala parto la notte del 17 luglio '92: «Ho visto la signora Gazzera quando il bambino stava già uscendo. Il travaglio era stato molto veloce, regolare senza segni di sofferenza». Prosegue: «I problemi sono arrivati alla fase espulsiva: la testa del piccolo è uscita, ma il resto del corpo aveva difficoltà». A quel punto era impossibile utilizzare il taglio cesareo; ma perché non è stato deciso prima? Colombero: «La signora aveva partorito il primo figlio di oltre 4 chili. Era alla seconda gravidanza con un feto grosso poco di più del fratello e inoltre senza particolari difficoltà. Non era facile decidere per un cesareo che comunque comporta sempre rischi. Fosse stato il primo figlio si sarebbe potuto scegliere per un parto non naturale». Il dottor Cesare Mariani, aiuto alla divisione A del Sant'Anna, è intervenuto nella fase finale del parto; preferisce non parlare di quella notte. Per lui parla l'avvocato, Ettore Bert, che fa il punto della vicenda giudiziaria: «Difendo i tre medici e l'ostetri- ca. Il pm ha chiesto l'archiviazione perché la perizia ha dichiarato che non sussiste alcuna colpa da parte dei sanitari». Aggiunge: «Il Gip però si è opposto: ha chiesto un supplemento di indagine». Polemico l'avvocato Vittorio Nizza che difende la famiglia Gazzera: «La signora l'ha detto più volte che doveva essere sottoposta al cesareo, ma nessuno l'ha ascoltata. Aveva le ecografie che dimostravano la grandezza del feto, si poteva dedurre che pesasse più di 5 chili». Prosegue: «Contestiamo anche le manovre effettuate sul bambino nella difficile fase dell'espulsione. Se si fosse prodotta la frattura della clavicola prima non si sarebbero troncati i nervi della spalla destra e adesso Marco non sarebbe paralizzato». L'utilizzo del cesareo è da anni al centro di riflessioni nel mondo medico. Spiega la dottoressa Silvia Bussolino, aiuto del professor Sismondi: «E' dimostrato che non esiste l'equazione più parti cesarei meno mortalità prenatale. In Olanda dove la percentuale dei cesarei è intorno al 6% la mortalità perinatale è bas- sissima. Mentre in Usa e Canada, dove il cesareo arriva fino al 30%, la mortalità è più elevata». Aggiunge: «Ogni gravidanza ha una storia a sé. A parte alcuni casi in cui il cesareo è sicuramente consigliabile (anomalie nella presentazione del feto, sofferenza fetale) in tutti gli altri c'è la discrezionalità del medico». Precisa: «Troppo spesso si tende a vedere solo gli effetti positivi del cesareo senza valutare le controindicazioni. Ad esempio il rischio anestesiologico. Non si I può dimenticare che la mortalità materna è più elevata nell'intervento di cesareo che nel parto spontaneo». Il professor Piero Sismondi è categorico: «Se il medico potesse prevedere in ogni istante quello che accadrà e individuare senza possibilità di errore la soluzione migliore sarebbe Dio. Purtroppo non è così». Spiega: «In certi momenti in sala parto si ha a disposizione un minuto per decidere che cosa fare e si è soli, senza consulenti e biblioteche. E si deve decidere». Aggiunge: «A volte, purtrop¬ po, solo dopo si chiarisce che la scelta fatta non era la più opportuna. Ma non si può mai sapere con certezza se l'altra strada sarebbe stata quella giusta». Spiega il dottor Giorgio Martiny, direttore sanitario del Sant'Anna: «Da noi circa il 30% dei bambini nasce con il cesareo. Se ne fanno tanti proprio per ragioni di previdenza e perché nel nostro ospedale arrivano donne con gravidanze difficili da tutta la regione e anche da fuori». Riflette: «Nella nostra cultura ormai non si accetta più l'idea della malattia, della morte. E si pensa che la nascita sia una cosa facilissima, prevedibile, controllabile. Non è così. Adesso che è di moda parlare male della sanità pubblica ogni volta che un parto non va liscio si dice che è colpa dei medici». C'è amarezza nelle sue conclusioni: «Da 2 anni è aumentata la mortalità perinatale dopo anni e anni in cui continuava a diminuire. E sa perché? Perché sono peggiorate le condizioni socio-economiche. E in questo i medici non hanno colpa». Marina Cassi Da sinistra Giorgio Martiny direttore sanitario del S. Anna e il prof. Piero Sismondi
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