Borsa senza freni, «bruciata» l'offerta Imi di Zeni

Borsa senza freni, «bruciala» l'offerta Imi FINANZA A PRIVATIZZAZIONI A Piazza Affari scambi per 1360 miliardi. Valanga di offerte per l'istituto guidato a Arcuti Borsa senza freni, «bruciala» l'offerta Imi Egli stranieri non hanno dubbi: l'Italia è un grande affare MILANO. Niente stop in piazza Affari. Un piccolo passo indietro nelle quotazioni dei titoli, un passettino indietro - cento miliardi in meno - nel valore degli scambi che comunque restano alti. Altissimi: 1316,6 che è roba da non crederci dopo il triplice botto, mille miliardi giovedì, mille e cento venerdì, mille e 400 lunedì. E poi come si fa a prevedere frenate quando l'offerta pubblica delle azioni Imi viene chiusa dopo soli due giorni confermando un successo senza precedenti alla seconda grande privatizzazione made in Italy? No che non si può. Arrivano da tutta Italia le richieste per Imi, richieste 5 volte superiori all'offerta. E così, quella che forse un po' da tutti era attesa come una giornata di riflessione in piazza Affari si è trasformata nel giorno delle conferme: il mercato c'è, non è fuoco di paglia, tiene. Cento miliardi di scambi in meno. Tre anni fa rappresentavano una soddisfacente seduta borsistica, adesso sono una goccia nel mare. E in questo mare magnum di piazza Affari nessuno se l'è presa più di tanto per uno stop dell'indice Mibtel, quello del telematico (-0,79%), ma non per il Comit fermatosi a + 0,55%. Come previsto, la vecchia regola che consiglia di mettere un po' di fieno in cascina e di monetizzare parte dei guadagni fatti è scattata: Olivetti e Montedison hanno visto scendere le quotazioni rispettivamente dell' 1,06% e dell' 1,2%. Alti e bassi anche per Generali e Mediobanca, Stet e Comit. Gran sorpresa, invece, dalla Fiat che ha chiuso a 4900 lire, in rialzo niente meno che del 2,3% rispetto al lunedì della lettera agli azionisti che aveva reso ufficiali i dati del bilancio '93, quelli più duri degli ultimi anni. Pazzie di Borsa? Affatto. Nessuno sottovaluta o sopravvaluta nulla in piazza Affari, men che meno la Fiat. Ma proprio dall'esame della famosa lettera, gli uomini di piazza Affari hanno tratto la convinzione che per Fiat il peggio sia alle spalle. «In fondo, avevamo tutti già scontato da tempo la perdita del '93», dice il tam tam degli operatori. Quel che conta è che si sta uscendo dalla crisi e che, insomma, il domani sarà meglio dell'oggi. Per la Fiat. Ma un po' per tutto il sistema Italia. Già, perché non è solo la valanga di adesioni - dall'Italia ma anche dall'estero - all'offerta di vendita Imi a confermare che la fiducia è tornata a soffiare verso piazza Affari e l'economia italiana. «L'Italia presenta forti potenzialità, molti investitori scommettono su di lei», sintetizza un esperto di investimenti come Francesco Taranto, amministratore di Prime. E ag¬ giunge: «E' in atto un gran cambiamento nelle scelte di portafoglio di investitori, grandi e piccoli, istituzionali e individuali, italiani ed esteri: piazza Affari e l'Italia sono visti come mercati ottimali». Parole profetiche. Che hanno anticipato di poco l'arrivo di due autorevoli studi sull'Italia: uno della banca americana Chase Manhattan e uno dell'agenzia di valutazione del credito Nippon Investors Service. Apprezzamenti dagli States e dal Sol Levante per il Belpaese. Per Chase il consiglio agli investitori è quello di preferire l'Italia alla ricca Germania: «Lavorare in Germania è forse più facile che in Italia ma se alla fine dell'anno non hai utili, a che serve?». Meglio l'Italia, spiega la Chase: «Ha ritrovato competitività, tagliato l'inflazione, rinnovato manager, insomma si è tirata su le maniche». Anche se poi, per gli acquisti, il consiglio Chase è di puntare sulle piccole e medie aziende più che su quelle messe in vendita dallo Stato. Ai giapponesi della Nippon, invece, piacciano anche le emissioni intemazionali dello Stato italiano premiate con la conferma del precedente rating d'AA plus) più che giustificato, dicono, dall'andamento dell'economia tricolore in miglioramento come poche altre. E il Crédit Suisse non teme neppure la sinistra al governo. Anzi pensa che una sua vittoria alimenterà l'attuale corsa al rialzo dei Btp. Armando Zeni Il presidente dell'Imi Arcuti con il ministro Barucci

Persone citate: Arcuti Borsa, Barucci, Francesco Taranto