Le avventure dell'orecchio

Come cambia l'ascolto della musica Come cambia l'ascolto della musica Le avventure dell'orecchio Eil cambiato, nei secoli, il J modo di ascoltare la musica? Oppure la percezione dei suoni è un atto 1 semplicemente fisiologico, rimasto immutato nel tempo? Heinrich Bcsseler non aveva dubbi: nel suo straordinario libretto del 1959 dedicato a L'ascolto musicale nell'età moderna, ora tradotto dal Mulino con un'indispensabile prefazione di Antonio Serravezza, traccia una storia della musica vista attraverso i mutamenti nel modo di ascoltarla. Si parte dall'età della riforma e della controriforma che nella messa, nel mottetto e nel madrigale offre un discorso musicale in continuo cambiamento, pronto a seguire il testo, trasformandosi di frase in frase, senza riprese né corrispondenze. «Melodia prosastica» la chiama Besseler: l'ascoltatore la seguiva col cervello, prima che con l'emozione, perché la musica era uno dei campi in cui, nella chiesa cattolica e in quella riformata, si giocava la partita fondamentale della cultura cinquecentesca: l'esatta comprensione della parola di Dio. La rivoluzione del Seicento Questo tipo di ascolto muta nel '600 - quando nasce il melodramma e la musica di danza, rigorosamente scandita in battute - diventa un modello quasi universale. 11 discorso si costruisce ora per frasi ripetute, membri, magari piccolissimi, collegati da un ritmo regolare. Ma, davanti a forme di questo tipo, l'ascoltatore è chiamato a un nuovo compito: unificare i vari frammenti per dare loro un senso compiuto. Già nel Compendi//)// musicete del 1618 Cartesio descrive con impressionante esattezza questa novità: l'ascoltatore si fa partecipe dell'esecuzione e, seguendo la musica di gradino in gradino, porta a compimento la costruzione come «soggetto» che fa da supporto a qualsiasi composizione. «In tal modo - conclude Besseler - l'uomo viene innalzato filosoficamente al centro di riferimento di tutto l'essente. Qui ha inizio l'età moderna. Si tratta di una svolta di fatidica profondità, di fronte a cui nessun pensatore potè restare indifferente». Besseler descrive con chiarezza l'approfondirsi di questa linea nel corso del '700, quando nasce il concerto pubblico e l'ascolto viene considerato, in tutta Europa, l'autentica via di accesso alla musica che ha ora un nuovo protagonista: il tema, articolato in frasi e semifrasi, elemento portante della composizione. 1 temi sono dapprima unitari, poi, come quelli di Bach e Vivaldi, spezzati in cellule diverse con contrasti e svolte inattese; infine, ecco temi personalissimi che, nella varietà imprevedibile dei loro elementi organizzati in simmetria, diventano espressione diretta di una personalità. Con Haydn e con Mozart la musica rispecchia ormai perfettamente la svolta verso l'irrazionale, il sentimentale, l'assol utilmente personale teorizzata nel concetto kantiano di «genio», sulla scia di Shaftesbury, Rousseau, Hamann e Herder. «Nel classicismo - scrive Besseler - l'ascolto attivo-sintetico del 700 tocca il vertice. L'ascoltatore, ora non più solo soggetto ma individuo, persona, salda di regola in una unità, grazie alla sintesi, il periodo di otto battute e compie così, passo passo, la costruzione musicale». La classicità viennese di Haydn, Mozart e Beethoven rappresenta, quindi, l'esaltazione del soggetto come elemento unificante dell'opera: senza di lui, questa non avrebbe senso. Ma, nell'800, si afferma, parallelamente, un altro tipo d'ascolto, un ascolto passivo teorizzato da Wackenrodcr che si sprofonda misticamente nella musica, identificandosi con essa. Il mondo dei suoni definisce ora un'atmosfera - in tedesco «Stimmung», termine che trae origine dalla musica in quanto «Stimmcn» è il risultato dell'accordare e «Gestimmtheit» l'essere accordato - e questa atmosfera avvolge il soggetto, inducendolo a captarne il mistero. La composizione non viene quindi più intesa come un oggetto da ammirare a distanza ma come una corrente, un flusso in cui immergersi: vita, natura, movimento dell'anima. Ben l'aveva inteso Nietzsche quando affermava che, mentre nella musica precedente l'ascoltatore doveva, in un certo senso, danzare, stando attento a non perdere il tempo, nella melodia infinita di Wagner egli deve invece nuotare, e che in questo nuovo tipo di ascolto consiste forse la più importante di tutte le sue innovazioni. Le cento pagine di Besseler si fermano al Romanticismo. Cos'è avvenuto dopo? Bell'argomento per una tesi di laurea. A occhio e croce risponderemo: una moltiplicazione vertiginosa delle modalità di ascolto. Se nell'800 i canali erano ancora due, nel '900 si moltiplicano all'infinito: non si ascolta Debussy come si ascolta Strauss, né Stravinsky come si ascoltano Schònberg e Webern, per non parlare di Berio e Britten, Stockhauscn e Petrassi, Boulez e Cage. Questa, forse, è la vera difficoltà della musica moderna, la ragione del suo progressivo scollamento dal grosso pubblico e del suo arroccarsi in una cerchia di ascoltatori specializzati. Movimento continuo Nel '900 musicale l'orecchio e il cervello devono muoversi di continuo, sintonizzarsi sulle esigenze della musica che cambiano non solo da un autore all'altro ma anche da un'opera all'altra: non posso, ad esempio, ascoltare Visage di Berio allo stesso modo di Coro o Laborintns II. Talvolta devo abbandonarmi passivamente ai puro suono, portando alle ultime conseguenze l'atteggiamento dell'ascoltatore romantico; talaltra devo seguire, invece, il rapporto col testo, aguzzando l'intelligenza come un ascoltatore rinascimentale; oppure intendere, sin dalle prime battute, che il musicista sta mettendo in discussione il mio metodo di ascolto, mi gena, volutamente, nello sgomento percettivo, disorientandomi come soggetto abituato a unificare la musica nel tempo: infatti la musica si ferma, esce fuori dal tempo, si trasforma in spazio, mi circonda e mi rinchiude, come le pareti di un ambiente. Non per nulla il Prometeo di Luigi Nono porta come sottotitolo Tragedia dell'ascolto. La riflessione storica di Besseler è quindi aperta a fecondissime prospettive di sviluppo: attendiamo che vengano raccolte perché forse proprio spiegando, nei programmi di sala dei concerti, qual tipo di ascolto adottare per la musica contemporanea, si potrà rompere un circolo vizioso che alimenta, tuttora, la diffidenza del grosso pubblico. Paolo Gallarati

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