Dieci dollari, uomo bianco il West è in fondo a destra di Alessandro Baricco

B A R N U M B A R N U M LO SPETTACOLO DELLA SETTIMANA Dieci dollari, uomo bianco il West è in fondo a destra T T 1 NA volta era più semplice: il West era a Occidente. Sempre dritto di là. Quando finiva la strada, quella era la Frontiera. E tu eri arrivato. Così se uno ti diceva «Go West, young man, go West», sapevi benissimo da che parte andare. Adesso è diverso. Adesso che il West non è più un luogo geografico ma un'iperbole della fantasia, il West è ovunque e da nessuna parte. Bisogna andarselo a cercare nei posti più strani, oppure ti arriva lui addosso a tradimento, come una diligenza contromano. Per dire: a me è cascato addosso in un posto insospettabile, via Nazionale, a Roma, via tra le più brutte della capitale, sia detto per inciso, dove tra l'altro c'è un palazzone abbastanza agghiacciante che si chiama Palazzo delle Esposizioni, e lì, ancora per un po' e non mi ricordo da quando, c'è il West. Veramente. Il titolo della mostra dice: The American West, l'arte della frontiera americana 18301920. Dodicimila, per entrare. Meno di dieci dollari, per capirsi. Dentro, grandi pareti bianche e piccoli quadri con le cornici d'oro. E dentro le cornici, come bastimenti in bottiglia, spezzoni di West. Strani, però. L'arte è micidiale quando si tratta di annacquarti le favole. Paesaggi, cowboys, carovane, indiani, c'è più o meno tutto: ma quelli dipingevano, nel senso che facevano arte, e allora viene fuori l'Accademia, e il viaggio in Italia a vedere Raffaello e Caravaggio, e l'iconografia sacra, e i sublimi modelli... William Smith Jewett ritrae una bella famiglia di coloni, lui lei il bambino: si chiamano Grayson, ma in realtà sono la Sacra Famiglia travestita per carnevale da pionieri. George de Forest Brush dipinge una bellissima scena di caccia all'alce: sono indiani, quelli, ed è una piroga, quella, ed è un alce quello che cerca di scappare nell'acqua: ma la scena l'hai già vista, cento santi hanno già ucciso cento draghi in quel modo, e all'uomo in piedi sulla piroga, con la lancia in mano, manca solo l'aureola e una croce da qualche parte. Insomma è il West, in superficie: ma raschi un po' di colore e trovi la vecchia Europa, il vecchio mondo, la vecchia frontiera. Perfino i capi indiani dipinti dal mitico George Catlin hanno una fissità che non è loro. Viene da un'altra parte di terra. Sono icone bizantine, quelle. Poi, passi un po' di sale e arrivi davanti alle fotografie. E lì la cosa cambia. Perché, al tempo, la fotografia non aveva ancora avuto il tempo materiale di immagi¬ narsi arte. Scattavano e basta. Puzza di West, finalmente. Le foto più commoventi sono quelle che facevano in studio, a Washington, durante i periodici summit in cui i capi indiani andavano a firmare trattati destinati a diventare carta straccia. Li mettevano in fila, seduti, a guar¬ dare immobili l'obiettivo. Ce n'era sempre uno che per l'occasione si era vestito da bianco, giacca pantaloni scarpe col tacco e penne in testa, un mix tragicomico di orgoglio e disfatta. Non uno che sorrida. Non usava, allora. E comunque c'era effettivamente poco da sorridere. Seduti, di tre quarti, con una roccia di cartapesta di fianco e un po' di muschio a far scena, c'è anche Nuvola Rossa, il grande. Una sola penna sul capo, faccia di pietra dominata da un naso enorme, occhi e bocca chiusi in un mutismo espressivo totale, spettacoloso. Sembra completamente marmorizzato da un unico, feroce, desiderio: non farsi rubare i pensieri e l'anima da quella macchina infernale che ti ruba la faccia. Se era quello, che voleva, ci è riuscito: filtra il nulla assoluto, da quella foto. Le più penose, comunque, sono le foto che vedi per ultime. Scolaresche di ragazzi indiani, ripuliti, passati dal barbiere, messi in divisa e iscritti alla Indian Training School. Peggio che il circo e le verdure lesse. Una tristezza gigante. La didascalia dice che erano Navajos (quelli di Tex). Inchiodati a studiare geometria e buone maniere. Mi han fatto venire in mente Timothy H. O'Sullivan. Era un fotografo, uno dei primi a spingersi nel West e a fotografare gli indiani. Lo fece fino a che, un giorno, un indiano a cui aveva scattato una foto, semplicemente, l'uccise. Non so nient'altro di quella storia. Solo che l'indiano si mise bene in posa, lui scattò, dopo di che l'indiano l'uccise. Non so precisamente quale, ma ci dev'essere una morale, in questa microstoria. Alla fine del giro, è chiaro, il gusto per il West ti si è un po' ammosciato dentro, c'è niente da fare, un po' di nausea ti è venuta. Così, per rinfocolare la favola mi sono chiuso nella sala cinematografica attigua dove, lì sì, è tutto come una volta, gli indiani sporchi e cattivi, i bianchi puliti e buoni, il West un sogno da difendere, la frontiera una terra libera, il futuro a portata di Colt. Sullo schermo Rio Bravo, bianco e nero, versione originale, 1950. Film bruttino di un grande: «Mi chiamo John Ford, faccio western». Lui è John Wayne, lei un incrocio tra la Mangano e Bo Derek. Storie di amori, reggimenti, cavalleria, indiani avvinazzati e prateria. Manca solo Rintintin. Tutto falso, completamente, anche i baci. Ma non gliene importa niente a nessuno. Alessandro Baricco Sacra Famiglia travestita da pionieri Seduto, capo indiano e sorridi

Luoghi citati: Europa, Italia, Roma, Washington