Mannoia: «Libero di parlare» di Giovanni Bianconi

Mannoia; «Libero di parlare» II pentito: voglio evitare che le mie accuse siano strumentalizzate Mannoia; «Libero di parlare» «Rinuncio all'immunità per i miei delitti» ROMA. «Per non porre ostacoli all'accertamento della verità e per evitare ogni strumentalizzazione sulle mie dichiarazioni, rinuncio alla clausola di immunità, prevista dal trattato tra Italia e Stati Uniti, per i reati da me commessi e confessati». E' cominciato con questa frase, fatta mettere a verbale davanti ai magistrati italiani e americani che lo ascoltavano, l'ultimo interrogatorio di Francesco Marino Mannoia, uno dei principali pentiti di mafia, l'accusatore - fra gli altri - di Giulio Andreotti e dei boss mafiosi per l'omicidio di Roberto Calvi. E' un passo «storico», quello di Marino Mannoia, fatto la settimana scorsa nella località segreta degli Usa dove i giudici della Procura di Palermo sono andati ad interrogarlo. Per la prima volta un collaboratore di giustizia rinuncia al privilegio di non essere perseguito per i reati commessi, con l'obiettivo di sgombrare il campo da dubbi e polemiche sulla sua credibilità. Adesso Francesco Marino Mannoia detto «mozzarella», 43 anni, potrà essere giudicato e condannato, in Italia, per i delitti che aveva confessato negli Usa e finora coperti, appunto, dall'immunità; a cominciare dai 25 omicidi di cui ha parlato lo scorso anno a New York durante le sue deposizioni al processo Gambino. I primi effetti del suo nuovo atteggiamento si sono già avuti nell'interrogatorio della scorsa settimana, nel quale il procuratore Caselli e i suoi sostituti hanno fatto molte domande sugli omicidi di mafia negli anni scorsi. Marino Mannoia s'è autoacciuato, per esempio, dell'attentato al circolo del «tiro a volo» di Palermo ordinato all'inizio degli Anni Settanta da Michele Greco e Stefano Bontate, mentre prima s'era limitato a chiamare in causa altre persone. Le polemiche sulla non punibilità di Marino Mannoia erano sorte all'indomani delle accuse contro Giulio Andreotti. Nell'inchiesta sul senatore a vita accusato di concorso in associazione mafiosa, «mozzarella» è uno dei principali testimoni dell'accusa, colui che racconta di due incontri tra Andreotti e i boss mafiosi Bontate e Inzerillo. Accuse ribadite nell'ultima deposizione, che Andreotti ha negato e bollato come bugie. Il suo avvocato americano, Abraham Sofaer, nel settembre scorso preparò una memoria contro i pentiti e i magistrati di Palermo in cui batteva più volte il tasto dell'im- munita garantita dagli Usa. «Le testimonianze - scriveva tra l'altro l'avvocato americano - sono state raccolte in segreto, senza il beneficio di un controintcrrogatorio o di altri controlli, da testimoni pagati e protetti e che godono della completa immunità in Italia». Sofaer, e con lui Andreotti, hanno insistito sul fatto che non si poteva garantire l'immunità anche nel caso della calunnia e della falsa testimonianza, ma in realtà questo problema non esisteva già prima della rinuncia di Marino Mannoia. Il trattato di assistenza giudiziaria tra Italia e Usa, infatti, prevede che le dichiarazioni accusatorie nei confronti di terze persone non sono coperte dall'immunità qualora risultino false. Tuttavia il pentito, facendo esplicito riferimento alle «strumentalizzazioni», ha voluto cancellare ogni equivoco. In qualche modo la scelta di Marino Mannoia è un ritorno alla «dichiarazione d'intenti» fatta al giudice istruttore Giovanni Falcone nel suo primo interrogatorio, l'8 ottobre 1989: «Ho deciso di collaborare con la giustizia dopo lunga riflessione, poiché sono stanco'e nauseato dell'appartenenza a Cosa Nostra che mi ha arrecato grave turbamento e profonda crisi di coscienza... Questa mia decisione non ha come finalità né sconti di pena né altri benefici. Sono un pentito nel vero senso della parola, nel senso che mi sono reso conto del grave errore da me commesso nello scegliere la via del crimine. Non chiedo quindi appoggi o benefici, ma soltanto di non essere trattato peggio degli altri detenuti». Giovanni Bianconi Francesco Marino Mai/'oia, uno dei principali pentiti di Cosa nostra, ha contribuito a far luce su molti delitti di mafia