I segreti dei dieci giorni che sconvolsero lo Russia

Non toccate i serbi, alt all'Est nella Nato, l'Armata Rossa resta sul Baltico: un balzo all'indietro Non toccate i serbi, alt all'Est nella Nato, l'Armata Rossa resta sul Baltico: un balzo all'indietro I segreti dei dieci giorni che sconvolsero lo Russia LA GELATA DELLE RIFORME E' m MOSCA * ' già finito il post-guerra fredda? Quindici giorni orsono il presidente Clinton era a Mosca. Eltsin era al suo posto, con la sua panoplia di riforme prossime venture, lucidate a specchio per mostrarle all'ospite presunto «pagante». Il giovine Egor Gaidar sedeva al ministero dell'Economia, il giovanissimo Boris Fiodorov teneva stretta la borsa del ministero delle Finanze. Se ne sono andati, l'uno e l'altro, sbattendo la porta. E al loro posto c'è un più che mai voluminoso Viktor Cernomyrdin, che dirige l'orchestra. Eltsin tace. Parla solo il suo portavoce, che non sa che dire. Tempo di fulminanti virate. Cade un anno da quel gran colpo di teatro che il ministro degli Esteri Kozyrev fece alla Conferenza di Stoccolma. Aveva lasciato di stucco i colleghi di tutta Europa con un discorso nazional-patriottico da far accapponare la pelle. Ma dopo un quarto d'ora aveva svelato candidamente il trucco: vi ho mostrato cosa succederebbe se Eltsin venisse sconfitto. Un anno dopo Eltsin è ancora al Cremlino; Kozyrev è ancora ministro degli Esteri. Ma le cose che dice girando per il mondo sono sempre più simili a quelle del «finto» discorso di Stoccolma. L'Est Europa nella Nato? Non se ne parla neppure. Sanzioni alla Serbia? Eliminarle. Bombardamenti sui serbi di Bosnia? Il ministro non esclude un appoggio russo, il premier lo smentisce. E ancora: la Bussia ha una sua sfera d'influenza da salvaguardare. Che, per inciso, concerne anche i baltici. Per cui non chiedeteci di ritirare le nostre truppe. Non almeno fino a che i diritti dei russi che vi abitano siano stati garantiti. Ai cinesi ha comunicato che l'aiuto dell'Occidente è benvenuto, ma che il Cremlino non intende sentire altre lezioni. Andrei Kozyrev era il bersaglio dei conservatori. Lo accusavano di essere un servo dell'America. Adesso li rincorre. Anche perché sono tanti, più di quelli che c'erano nella Casa Bianca bombardata. E Gavrijl Popov, l'ex sindaco di Mosca, profeta anche lui delle riforme radicali, annuncia ora con aria grave che il voto di dicembre ha condannato la politica di Eltsin-Gaidar, troppo «occidentalista». Tempo di pentimenti. L'onda di ritorno si sta abbattendo, possente, sulle rive di quello che fu sprezzantemente definito - solo due anni fa, mentre se ne decretava la fine - lo «spazio geopolitico dell'ex Unione Sovietica». L'autore di questa locuzione, il vice-premier Serghei Shakhrai, è ora il capo di una piccola fazione del¬ la Nuova Duma, di fatto all'opposizione del presidente. Quindici giorni fa il presidente Clinton sostava a Minsk, Bielorussia, per incontrarvi il presidente Shushkevic, il secondo dei tre che scavarono la fossa di Gorbaciov in un bosco vicino a Brest. Ora Shushkevic è stato messo in minoranza dal Parlamento e licenziato in tronco. Cernomyrdin e Kebic, i due premier, avevano appena firmato un trattato che riporta la Bielorussia nell'orbita del rublo. Eltsin non parla. E il terzo dei protagonisti della distruzione dell'Urss, Leonid Kravciuk, resta alla guida dell'Ucraina come un equilibrista sul filo, sen¬ za rete. In Crimea ha stravinto Jurij Meshkov, il nemico numero uno di Kiev, colui che vuole rimettere la Crimea nell'orbita di Mosca. E gli sconcertati analisti di Washington stanno pian piano giungendo alla conclusione che, se il collasso economico dell'Ucraina non verrà bloccato in qualche modo, il Paese rischia di spaccarsi lungo linee etniche e geografiche: la vasta minoranza russa dell'Est che chiederà di riattaccarsi alla madrepatria, la maggioranza ucraina dell'Ovest che non solo difenderà l'indipendenza con le unghie e coi denti ma che cercherà d'impedire la secessione degli altri. Cosa farà la Russia di Eltsin, divenuta nel frattempo anche la Russia di Zhirinovskij? «Non sarà una faccenda pacifica», dicono gli esperti americani. E gli esperti ucraini, nel frattempo, pensano che potrebbe essere prematuro liberarsi dei missili nucleari che ancora stanno nei loro silos. E incombono elezioni generali. Quanto fiato ha ancora in corpo l'uomo che il presidente Clinton incontrò all'aeroporto di Borispol appena quindici giorni fa e con cui firmò a Mosca, due giorni dopo, l'intesa che dovrebbe trasformare l'Ucraina in Paese non nucleare? L'Europa dell'Est e del Cen¬ tro è inquieta. Ha chiesto l'ombrello della Nato e ha ottenuto la «partnership for peace». Poco o molto che sia - dipende dai punti di vista - una cosa è certa: così com'è a Mosca non piace a nessuno. I nazional-patrioti la considerano manifestazione imperiale dell'Occidente. Ma cosa replicare a Eltsin-Kozyrev che avanzano ora la tesi della «sfera d'influenza russa» da salvaguardare? L'Occidente manifesta i primi segni d'irritazione. Henry Kissinger, sprezzante verso il presidente democratico Bill Clinton, punta il dito: «Se accettiamo i veti di un Cremlino debole, che ha bisogno di aiuto, come potremo respingere quelli di un Cremlino forte?». Come sempre esemplarmente chiaro: «Guai ai vinti!». Il Consiglio d'Europa rifiuta l'adesione di Mosca finché ci saranno truppe russe sul Baltico. Formalmente ineccepibile, se non fosse che sul Baltico non ci sono soltanto truppe russe, ma anche famiglie russe. Istituzioni finanziarie internazionali, banche, investitori privati occidentali cambiano programmi. Il Congresso degli Stati Uniti fa sapere che difficilmente, in queste condizioni, il contribuente americano tirerà fuori altri dollari. Potrebbero finire - pensano sull'altra riva dell'Atlantico - nei buchi neri dei manager rossi, oppure nelle tasche di Zhirinovskij. Che fare? Il fatto è che i buoi sono usciti dalla stalla e a nulla vale chiudere la staccionata. Qualunque mossa dell'Occidente è ora in perdita. Bisognerà scegliere con cura la meno peggio. Si è preteso che la Russia diventasse in fretta come l'Occidente e si è ottenuto Zhirinovskij. Adesso c'è chi vuole dare tutte le colpe ai russi (che, per la verità, ne hanno) e lasciarli al loro destino, dietro nuovi steccati. E si otterrà uno Zhirinovskij al quadrato. Sorge la domanda: ma chi è che ha perduto la Russia? Giuliette Chiesa Crimea e Bielorussia tornano a guardare al Cremlino L'Ucraina rischia la guerra civile A sinistra Boris Eltsin, a destra il premier Viktor Chernomyrdi li di lin