Nella casbah del voto di Augusto Minzolini

Alleanze in pericolo: la scelta dei nomi accomuna nelle polemiche destra e sinistra Alleanze in pericolo: la scelta dei nomi accomuna nelle polemiche destra e sinistra Nella casbah del vote E sui candidati è già rissa continua ROMA. A destra si lamentano. Franco Fausti, uno dei ccd cioè degli scissionisti de finiti in braccio a Silvio Berlusconi, ce l'ha col solito Umberto Bossi che in quello schieramento si comporta come il padrone del vapore. «Aho! dice senza peli sulla lingua quello mica può fare troppo il furbo altrimenti possiamo dare un calcio anche a lui. Chi se ne frega di quello che dice lui: noi l'Ombretta la candidiamo lo stesso in Lombardia e gli diamo un collegio anche a Napoli». A sinistra si sfogano. «Io - dice il pidiessino Nardone - non ne posso più. La segreteria nazionale mi vuole ancora. I compagni del posto, invece, fanno problemi: sarà perché quando sono andati appresso alla proposta del presidente della provincia di Benevento, un de che vuole un nuovo Sannio basato sull'etnia, gli ho dato degli scemi». E chi un posto in lista pensa già di averlo, come l'ex magistrato Imposimato, si lamenta per come deve andare alle elezioni: «Uè! - confida - mica è una gran cosa andare alle urne con il capo della polizia o il ministro dell'Interno indagati e senza poter dir niente. La destra gli spara addosso, e noi che facciamo? Gli stronzi. Catania insegna: bisogna stare accorti. Quando la gente pensa che c'è l'inguacchio penalizza anche noi». E al centro? Non ne parliamo. Ciriaco De Mita è fuori sé. Sembra che ad Avellino l'ex segreta- rio de abbia promosso una raccolta di firme di elettori che lo implorano di scendere in lizza. E qualcuno assicura che in un momento di rabbia l'uomo avrebbe minacciato anche di scendere in campo con un suo simbolo. Eh sì, poveretti. Mentre loro, gli aspiranti al seggio, soffrono, i «protagonisti» della nuova politica scrivono nuove pagine sull'«epica del tavolo». Ce n'è uno al giorno: a destra come a sinistra, nazionale o regionale, per il simbolo, per il programma, per scegliere i candidati e finanche - grazie a Berlusconi che ieri ha invitato i suoi alleati a pranzo - per mangiare. La scena è sempre la stessa, a via quattro novembre dove al gruppo parlamentare dei verdi si riunisce la sinistra come a via dell'Anima dove a casa del Cavaliere pranzano gli alleati di Forza Italia: fuori ci sono telecamere e cronisti, dentro i «protagonisti» parlano di programmi ma alla fine rischiano di rompere sui posti. E' fatale. La casbah del voto non perdona. Si può parlare di tutto ma alla fine, nei salotti della politica come nelle cucine, l'ultima questione che richiede un accordo chiaro è quella. Tavolo della sinistra, ieri mattina. Dentro il salone del gruppo Verde al Parlamento europeo i leader dello schieramento progressista tentano di sciogliere gli ultimi nodi. C'è anche Del Turco. E questa volta «il problema» lo pone il «portavoce» dei verdi, l'ex-socialista Carlo Ripa di Meana. «Noi - dice, strascicando al solito le parole - vogliamo che il documento sia chiaro su alcune questioni: l'alta velocità, la centrale di Montalto di Castro...». Si discute un po' ma alla fine Ripa di Meana sputa il rospo: «Non ci piace neanche come stanno andando le cose nelle trattative per le liste. Per noi si pone un problema di rappresentatività. Sulla carta voi ci offrite una rappresentanza parlamentare che è dimezzata rispetto a quella che oggi abbiamo in Parlamento. Non è possibile: dovete tener conto che tra le tante anime presenti qua dentro, noi siamo l'unica che si è schierata per intero nel polo di sinistra. Inoltre una presenza ambientalista nelle liste ha un suo significato, dimostra che tutto lo schieramento progressista ha scelto un modo di vita». Si apre la discussione. Del Turco, sottovoce, dà una mano a Ripa di Meana. Occhetto sembra disponibile. Orlando un po' meno. Qualcuno riferisce di un suo ragionamento che in un'alleanza può anche apparire strano: «Noi, faccio un esempio, siamo pronti anche a presentare il pretore Amendola in Sicilia, ma se è eletto deve diventare un deputato della Rete». Sarà vero? Sarà falso? Sta di fatto che la riunione si interrompe e i leader chiedono notizie su quello che avviene sull'altro «tavolo», appunto, quello su cui i loro «secondi» stanno trattando i posti. Poi la faccenda viene per un momento accantonata. Nel pomeriggio c'è il tavolo allargato alle delegazioni. Del Turco parla con Occhetto dei quadri dipinti dal padre di Achille. D'Alema guardando i tanti socialisti e ex socialisti che sono in quella stanza esclama: «Avete fatto tanto casino ma alla fine siete diventati la maggioranza». Tra una battuta e l'altra si legge il documento: Scoppola vorrebbe fare un riferimento alla vittoria nei referendum, Bertinotti dice «no» visto che loro, quelli di Rifondazione, erano sull'altro fronte. I «verdi» anche riescono a strappare una frase che, secondo loro, tiene aperta la possibilità di rivedere le scelte sull'alta velocità e sul resto. Magri chiede a tutti di stare attenti: «I nostri candidati nei collegi uninominali debbono aver presente che parlano a sette elettorati e non solo a quello da cui provengono». Come dire: controllate quello che dicono. Del Turco, invece, mette in guardia dalle grandi capacità di comunicazione che dimostra la destra: «Quelli useranno anche un linguaggio pubblicitario, ma spesso riescono a far centro. Hanno un modo di esprimersi efficace che appartiene anche ai loro giornali». Occhetto annuisce e come al solito viene fuori un altro tavolo sul taglio della campagna elettorale, o meglio un «sotto-tavolo». Tutto risolto? Nemmeno per sogno, rimane il problema dei problemi che Mattioli ricorda a tutti: «Qui in Italia per avere ragione bisogna alzare la voce: bene, se la questione delle liste non viene affrontata in altra maniera, questi alle elezioni ci vanno da soli». E a casa Berlusconi cosa succede? Manco a dirlo anche lì si discute di posti, anche lì il problema è lo stesso. Bossi non vuole la Fumagalli, non vuole Silvio Lega e non vuole un certo Eugenio Fontana che sarebbe un amico di Prandini. E allora gli scissionisti hanno chiesto una mano a Berlusconi che, forte dei suoi sondaggi, accetta di fare insieme a loro la voce grossa con Bossi. Eh sì, come al tavolo della sinistra anche al pranzo della destra c'è chi fa la voce dura. Tra un boccone e l'altro Mastella e Casini tentano di portare il Cavaliere dalla loro parte, mentre gli esclusi da Bossi a Montecitorio fanno sentire la loro voce: «Bossi ce l'ha con la nostra lista? - dice Silvio Lega - E allora perchè non tira fuori l'elenco dei suoi fregnoni». E il Cavaliere? Nel mercato si destreggia. Ma mentre Casini giura che sta dalla parte dei ccd, Roberto Maroni scommette che è d'accordo con le ragioni della Lega. Succede alla casbah del voto. Augusto Minzolini ■ Il portavoce dei Verdi, Carlo Ripa di Meana