Giallo al museo dell'Olocausto di Aldo Baquis

Dall'Italia 2 tappeti di capelli umani Giallo al museo dell'Olocausto Dall'Italia 2 tappeti di capelli umani TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO «Un oggetto così ripugnante non l'avevamo mai visto. Mai prima d'ora c'eravamo imbattuti in tappeti tessuti con capelli umani». Irit Shalmon, la curatrice del Museo dell'Olocausto di Gerusalemme «Yad va-Shem» sotto le cui mani sono passati centinaia di documenti strazianti, non riesce a nascondere l'orrore provato un anno fa nel vedere due tappeti di color marroncino giunti dall'Italia. Esami morfologici hanno ora accertato che si tratta di capelli umani, misti a fili di lino e a crine animale. Gli scienziati non sono stati però in grado di stabilire se la materia prima sia giunta dai campi di sterminio di nazisti, dove gli ebrei venivano rasati subito al loro arrivo. «Sappiamo che i tedeschi non buttavano via i capelli, ma li spedivano in Germania», ha detto la Shalmon. Ieri, a Haifa, una signora sopravvissuta all'Olocausto si è ricordata di aver visto un tappeto analogo a quelli giunti dall'Italia, arrotolato in un angolo del lager di Auschwitz. «Yad va-Shem» ha già lanciato un appello mondiale a quanti siano in grado di far luce sulla vicenda. La proprietaria dei due tappeti (96x93 centimetri) è Malvina Perata, 65 anni, residente a Sapri (Salerno). «Nel 1942 mio padre lavorava a Vado Ligure, in una stazione di smistamento di convogli fer¬ roviari militari tedeschi», ha detto ieri la signora Perata. Nella zona si era creata una rete locale, incaricata di prelevare dai treni tedeschi quanto possibile. Un giorno, il padre tornò a casa con due tappeti marroncini. Ma presto la madre venne a sapere che si trattava di «tappeti fatti con i capelli di ebrei» e il macabro cimelio fu riposto in un armadio. I due tappeti sono tornati alla ribalta solo 50 anni più tardi, quando la signora Perata ne ha rivelato l'esistenza intervenendo al «Maurizio Costanzo Show». Nel dicembre 1992 sono arrivati a «Yad vaShem», che li ha inoltrati al laboratorio della polizia criminale israeliana. Al loro esame ha preso parte anche Avigail Shefer, una studiosa dell'Istituto di archeologia dell'Università di Gerusalemme. «E' chiaro che per tessere questi tappeti è stato usato un telaio», ha detto la Shefer. «L'artigiano doveva essere molto abile: si è aiutato con filo di lino, e con crine animale. Abbiamo notato anche una colorazione artificiale ai bordi di un tappeto e un lavoro di intrecciatura». «Per anni ho tentato di liberarmi di questo peso sulla coscienza», ha detto ieri la signora Perata. «Certo non potevo pensare di calpestare quei tappeti, o di consegnarli a gente che magari ne avrebbe fatto commercio a scopo di lucro». Aldo Baquis

Persone citate: Avigail Shefer, Maurizio Costanzo, Perata, Shefer

Luoghi citati: Germania, Gerusalemme, Italia, Salerno, Sapri, Tel Aviv, Vado Ligure