Choc in Israele per l'idillio Peres-Arafat
Le due delegazioni sono già arrivate al Cairo in vista di un incontro decisivo per domenica Le due delegazioni sono già arrivate al Cairo in vista di un incontro decisivo per domenica Choc in Israele per l'idillio Peres-Arafat L'immagine dei 2 ex nemici mano nella mano a Davos TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO Le delegazioni israeliana e palestinese riprendono già oggi i colloqui al Cairo, per preparare il nuovo incontro tra Arafat e Peres, fissato per domenica. Lo ha detto al suo arrivo al Cairo Nabil Shaath, consigliere politico di Arafat. Shaath ha aggiunto che «i negoziatori a Davos erano vicini a un accordo, ma tutto è stato rinviato in mancanza di istruzioni del governo israeliano alla prc::ria delegazione». Questo stupefacente processo di pace, difficile quanto si vuole, e forse ancora più lungo e sanguinoso di quello che un occidentale possa mai immaginarsi, pure ha ormai indotto tante di quelle rotture conoscitive ed estetiche che mai più l'opinione pubblica israeliana ed araba potranno tornare sui propri passi. A Davos, la montagna incantata di Thomas Mann, la «holy mountain of peace», la Santa Montagna della Pace, come il ministro degli Esteri israeliano l'ha denominata, Peres e Arafat sono saliti sul palco della conferenza stampa tenendosi per mano. Quanto cammino nel linguaggio corporeo dell'incontro fra arabi ed ebrei da quando, quasi in punta di piedi, formando un arco con quel corpo magro di vecchio soldato, Rabin a Washington si è sporto sulla punta dei piedi porgendo ad Arafat soltanto la prima falange delle dita. Il volto un po' girato all'indietro, con tutto il suo essere Rabin esprimeva il ritegno e perfino il dolore di doversi tanto avvicinare fisicamente al Grande Nemico, uccisore di giovani israeliani. Il sorriso di Arafat era quello largo ma visibilmente gelido delle grandi occasioni: un grande politico arabo sa sorridere e avanzare verso il nemico al momento opportuno, ma i corpi dicevano, in quel settembre, tutto il sospetto e la paura reciproca. Peres e Arafat, Shimon e Yasser, si sono incontrati per caso di sera al bar dell'albergo di Davos; così ha riportato la stampa israeliana. Shimon ha chiesto «Come va?»; Yasser ha risposto: «Bene grazie. Sono appena tornato da una cena con Benazir Bhutto»; «Ci vediamo alle 9?» ha chiesto Shimon; «Per me va bene», ha risposto Yasser. Fuori nevicava forte. E quando nevica la gente, specie quella del Sud, ha un po' paura di scivolare per strada. Dimentichi di Hamas, delle dimostrazioni degli ultra israeliani e arabi, Yasser e Shimon in cima a quel monte incantato si sono sostenuti l'un l'altro per mano, per non cadere. Dicono che quando Rabin ha visto questo gesto in televisione si è erto tutto sul busto seduto in poltrona, ancor più di quando ha sentito Peres dire: «Vediamo in Arafat un simbolo della sofferenza palestinese». I corpi sono più sinceri dei volti, i volti più delle parole. Adesso, scrive un grande quotidiano israeliano, Yediot Aharonot, nessuno ci risparmierà al prossimo incontro un abbraccio e un bacio sulla guancia fra lo scabro premier israeliano e il grande gatto leader dei palestinesi. [f. n.] Dopo la caduta dell'Impero russo il grande nemico degli Stati arabi non è più Israele ma l'integralismo Il terrorismo purtroppo è destinato a durare: costa poco e rende molto Ma Gerusalemme non deve fermarsi Il ministro degli Esteri israeliano Shimon Peres e il presidente dell'Olp Yasser Arafat al tavolo di Davos A sinistra, Bernard Lewis Sopra, il presidente Assad
Luoghi citati: Cairo, Davos, Gerusalemme, Israele, Tel Aviv, Washington
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