Il banchiere creato da De Mita

Dalla «base» anticomunista alla vicesegreteria di Ciriaco Il banchiere creato da De Mita Quella promozione fece indignare Ciampi UN MIGRATORE DENTRO LA DC GROMA LI «attributi», così frequentemente evocati nella sua felice era presidenziale, Bettino Craxi rischiò tristemente di perderli nel marzo del 1987, alla vigilia della caduta del suo secondo governo, per colpa di Roberto Mazzotta: «Se diventa presidente della Cariplo - ebbe l'imprudenza di esclamare - me li taglio». Così qualche giorno dopo, quando il giovane leone, virtuso del circuito sinistra-destra-sinistra-destra tra le correnti de, s'insediò tra tutti gli onori, ma anche tra polemiche furibonde, a Ca' de Sass, Giulio Andreotti potè malignare con la vocina che usava all'uopo: «Craxi dovrebbe procedere alla sua propria mutilazione...». Per nominare Mazzotta alla Cariplo, Ciriaco De Mita, segretario della de, e Giovanni Goria, ministro del Tesoro dell'ultimo-Bettino, sfidarono allegramente - come Andreotti aveva previsto - ìa minacciata automutilazione craxiana, ma anche l'indignazione incontenibile della Banca d'Italia, rotta sì ormai a tutte le nefandezze dei politici, ma incredula per un caso di lottizzazione così plateale e arrogante. I flash di quei giorni rimandano a un Carlo Azeglio Ciampi schierato pacatamente - come gli è proprio - contro l'ignominia, ma umiliato a far anticamera, invano, dinanzi alla porta di Goria, che Forattini profeticamente disegnava come un uomo senza faccia, una barba nera che galleggiava nel nulla. E poi De Mita ha oggi il coraggio di lamentarsi contro questa Patria matrigna, che non riconosce e non santifica i suoi meriti, giungendo all'ipotesi blasfema che mette in dubbio la sua candidatura al prossimo Parlamento. Storia singolare ma sommamente emblematica della prima Repubblica, quella di Roberto Mazzotta. Nasce a sinistra con Giovanni Marcora, l'Albertino della Resistenza cattolica, cresce a destra con i «Cento», i «Mille», «Proposta» e tutte le esperienze anticomuniste che hanno traversato la de in un ventennio. Diventa vicesegretario unico del partito con la segreteria demitiana, per definizione di sinistra, e approda alla Cariplo - uno dei grandi posti di potere della Repubblica - con l'ostracismo dell'anticomunista Craxi e il sostegno indefettibile del filocomunista De Mita. Chi sia questo Fregoli basista ma liberaldemocratico, popolare ma rapito dal mercato, cattolico ma ipercapitalista, lo racconta bene Giancarlo Galli, quando negli Anni 70 sembra che Mazzotta l'Alfiere del Neocapitalismo - così lo definisce - sia quasi unto dal Signore e destinato addirittura alla segreteria de. Sentite il quadretto di Galli: «Ciccardini dice che puoi aspirare alla successione di Zaccagnini...», dice rivolto al potente interlocutore. «Mazzotta ride: "Il Bartolo finisce col diventare un menagramo..."». Noi siamo modesti, risponde Mazzotta, è quello sciagurato del Ciccardini che ci vuole rovinare. Erano i tempi degli hiltoniani, dall'Hotel Hilton di Roma, dove era «sceso in campo» politicamente Umberto Agnelli, mentre si preparavano i governi di solidarietà nazionale. «Il comportamento di Moro preoccupa - confessava Mazzotta -, per ridare dinamismo alla società italiana occorre dire una buona volta se si è per il socialismo o per il neocapi¬ talismo... A me è proprio Berlinguer che fa paura, perché la sua tecnica strisciante, attendista, ci porterà fuori dall'Occidente. Io sono per un bel neocapitalismo di stampo americano, tedesco». E' nato a Milano nel 1940 da un contadino pugliese - racconta Galli, tracciando il profilo del pro¬ babile prossimo segretario della de - e da una casalinga piemontese, Elsa. Figlio unico, ha risentito profondamente l'influenza della nonna materna, originaria di Vignale Monferrato. «Le devo moltissimo - ricorda il candidato-segretario -. Terza elementare, ma a realismo della vita di chi viene dalla terra... Fu la nonna a portarmi, nel '48, a sentire De Gasperi. Quel pomeriggio d'aprile decisi che sarei diventato democristiano». Sì, ma di quale corrente? Marcora, fondatore della Base, lo porta sottosegretario all'Agricoltura, ma lui si sente un basista «spurio»: la gente lo considera filocomunista, come tutti i basisti, nella corrente lo additano invece come un reazionario. Così, nel 1976 lascia il governo, abbandona la Base e intraprende il nuovo e tormentato cammino di Alfiere della liberal-democrazia, che misteri delle ideologie - lo riporterà con De Mita nel 1982, come vicesegretario unico della de. Lontani i tempi dei «Mille», un movimento con sede in Roma in piazza Capranica 94, che sembrava una specie di Rotary di serie C: farmacisti, geometri, commercianti, che vogliono rifondare la de. «Grandi speranze - dicevano allora - riponiamo in Massimo De Carolis (leader della maggioranza silenziosa milanese, n.dr.) e in Roberto Mazzotta: hanno dimostrato che non si piegheranno mai ai comunisti e stanno cambiando la faccia della de». Che cosa vi ricordano quei farmacisti e quei geometri di piazza Capranica? A noi, se dobbiamo essere sinceri, ricordano un po' i seguaci del «Club Forza Italia» dell'Olgiata, tardi epigoni un po' storditi del «Mille», visto che non si sono neanche accorti che il comunismo non c'è più. E ci sembrano i precursori, tre lustri dopo, di quello strepitoso spot televisivo turistico-sessuale copiato dalla «Grappa Bocchino»: «Sempre più in alto!», esclamava Mike Bongiorno, ispirato sulla cima di una montagna gelida e ventosa. Ma - guarda un po' - troviamo nelle nostre carte un piccolo reperto prezioso che - carta canta ci conforta nel parallelo berlusconiano. E' il 15 luglio 1977: il costruttore edile Silvio Berlusconi, quarant'anni, concede a Mario Pirani di Repubblica la sua prima intervista importante: «De Carolis - dice - se ne stia a destra, che è il suo posto... La vera alternativa è nella de, una de che si trasformi in modo da permettere al psi di tornare al governo. La realtà locale sta cambiando, soprattutto in Lombardia e a Milano, dove un uomo di grande valore come Mazzotta ha conquistato la federazione de, coagulando la sinistra anticomunista della Base e di Forze Nuove, la Coldiretti, CI. Altre forze si ritrovano attorno a uomini come l'onorevole Usellini, un industriale che si è impegnato in politica sull'esempio di Agnelli, come Mario Segni, come il ministro Pandolfi. Sono politici che si sanno presentare in modo chiaro e immediato, facendosi capire dalla gente, e non come Moro che ogni volta che apre bocca ci vuole un esercito di esegeti per interpretarlo. Questi capi storici - ne ricava Berlusconi, il costruttore di Milano 2 - hanno il culo per terra, ma ingombrano la porta». Moro avrebbe liberato l'ingombro pochi mesi dopo, per opera delle Br; Mazzotta avrebbe invece atteso De Mita segretario per diventarne il vicesegretario unico e per esserne nominato - lui così ansioso di nobilitare la politica in senso liberal-democratico - presidente di una delle più importanti banche della nazione. Ricordate il raffinato Mongini, quello con le granturismo e l'appartamento tutto damaschi al centro di Milano, spuntato nel giurassico di Mani pulite? Quel Mongini lì era un collaboratore non secondario del presidente della Cariplo, che, tuttavia, negli ultimi tempi aveva privilegiato le frequentazioni leghiste (il suo estimatore Berlusconi, del resto, non era ancora «sceso in campo»): quando Bossi aveva avuto bisogno di 15 miliardi sull'unghia per entrare nella nuova sede di via Arbe, Mazzotta non si era fatto pregare. Chi più del senatùr, nuovo padrone degli enti locali lombardi, avrebbe potuto influire sulla riconferma delle cariche alla Cariplo e soprattutto della sua? «Anche i leghisti si possono comprare», aveva detto qualche tempo fa il presidente del Cnel Giuseppe De Rita. «Tu hai un'idea ciociara dell'Italia», gli aveva replicato Beniamino Andreatta, un professore ormai anziano, ma irrimediabilmente perso nell'utopia di un'Italia svizzera, che non esiste. Mazzotta, il liberal-democratico, sarà pure innocente, ma chissà quante volte, da banchiere, ha avuto a che fare con l'Italia ciociara. Peccato, per lui, che glielo contestino proprio adesso, quando il suo estimatore Berlusconi ha scoperto quell'anticomunismo che lui, con più ragioni, aveva quasi inventato tre lustri fa, molto prima che Craxi si giocasse gli attributi con De Mita pur di non vederlo insediato a Cà de Sass. Alberto Staterà Una nomina avversata dalle polemiche Craxi: se scelgono lui me li taglio Dalla «base» anticomunista alla vicesegreteria di Ciriaco Roberto Mazzotta è stato deputato dal 1972 al 1983 per poi assumere la presidenza della Cariplo Roberto Mazzotta al sedicesimo congresso de del 1984 tra Flaminio Piccoli e Toni Bisaglia. A destra, Ciriaco De Mita