La Cariplo «decapitata» dai giudici

A San Vittore il vice Polli e i manager Mosca e Mariani. Le accuse: ricettazione e corruzione A San Vittore il vice Polli e i manager Mosca e Mariani. Le accuse: ricettazione e corruzione La Cariplo «decapitata» dai giudici Ricercato il presidente Mazzotta MILANO. Il presidente Roberto Mazzotta è ricercato. Il suo vice, Carlo Polli, è a San Vittore. Nello stesso raggio, sesto lato B primo piano, sono Luigi Mosca e Francesco Mariani, altri due dirigenti della Cariplo. Così, in un amen, il ciclone Mani pulite fa il vuoto ai vertici della più grande cassa di risparmio del mondo. I reati contestati vanno dalla ricettazione per il solo Mazzotta, ex ministro de, alla corruzione per Polli e Mosca. A Mariani, invece, il giudice Ghitti contesta il reato di abuso d'ufficio a scopo patrimoniale e truffa. Nel mirino dei magistrati di Tangentopoli, che ieri hanno condotto i primi interrogatori, c'è la gestione dei fondi pensione della Cariplo e l'acquisto di alcuni immobili con mazzetta. Ma non solo. II presidente della Cariplo viene tirato in ballo anche per alcune somme di danaro, più miliardi che milioni, prese quando aveva incarichi nella de lombarda, prima segretario regionale, poi commissario a Milano. Il cerchio su Mazzotta e gli altri dirigenti si stringe nelle ultime settimane. Tornano in procura gli uomini d'oro della de, già inquisiti agli inizi di Mani pulite. Per gli interrogatori c'è Raffaele Tito, 37 anni, appena arrivato da Pordenone dove ha fatto arrestare metà dei politici locali, al suo esordio con il pool e già al primo sfracello. Sfilano Maurizio Prada, Gianstefano Frigerio, Giovanni Manzi e Roberto Mongini. L'11 gennaio l'ex vicepresidente della Sea fa mettere a verbale: «Roberto Mazzotta non poteva non sapere da dove arrivassero i sol¬ di per il partito. Arrivavano da finanziamenti illeciti o occulti». Non basta ancora. Il magistrato vuole sapere di più. Ad esempio quali imprenditori, piccoli o grandi, possono aver dato soldi a Mazzotta per le case e i palazzi acquistati con il fondo pensioni dell'Istituto. E' la preistoria di Mani pulite, si torna all'Ipab di Matteo Carriera. «Zi Matteo» è stato arrestato subito dopo Mario Chiesa, eppure solo negli ultimi tempi questo filone dell'inchiesta sembra avere una accelerazione vorticosa. Perché? Cosa c'è dietro questa terra bruciata fatta ai vertici della Cariplo? Chi sono gli imprenditori, grandi e piccoli, sotto tiro? Una risposta potrebbe arrivare dallo stesso Mazzotta, inseguito da un ordine di arresto lungo così. Mazzotta per adesso è a Londra. Impegni di lavoro. Questa sera dovrebbe partecipare alla cena annuale del «Bankers Club». E' certo che sarà vuota la sua sedia al tavolo ovale attorno al quale siederanno i rappresentanti delle banche straniere. Mazzotta potrebbe essere a Milano già oggi, aereo privato che atterra e finanzieri alla scaletta, per il primo interrogatorio. Sono molte le cose di cui è accusato, e i magistrati milanesi hanno la mano pesante. Lo si vede dai reati. Il presidente della Cariplo viene considerato un pubblico ufficiale perché il fondo pensioni dell'Istituto è sotto il controllo del Ministero del Lavoro. Un cavillo giuridico, già applicato con successo per i vertici della Metropolitana, che ha 10 scopo di aggravare la posizione degli indagati. E allora via con le accuse. Il presidente è accusato di aver preso due miliardi da imprenditori interessati agli appalti della Mm attraverso Maurizio Prada, e poi ancora 300 milioni per una campagna elettorale, e altri 30 milioni ancora attraverso Roberto Mongini. Tutto questo tra l'84 e l'86, quando Mazzotta era ai vertici della de a Milano. Sempre da Mongini tra l'87 e 11 '92 arrivano altri soldi, «imprecisate somme» recita il mandato di cattura. Mazzotta è il responsabile del gruppo «Proposta» della de. Il «foraggio» arriva per gli appalti degli aeroporti milanesi. Poi c'è tutto il capitolo Cariplo, che lega l'ex parlamentare de Mazzotta al suo vice Polli, ex senatore psi, e agli atri due dirigenti dell'Istituto. Appunto la storia dei fondi pensioni. Cifre a nove zeri intascate sull'acquisto di immobili in mezza Lombardia. Sotto osservazione della guardia di finanza ci sono circa 50 operazioni. Si va dal Cristal Palace di Brescia, sul quale indagava già il magistrato Guglielmo Ascione, operazione per cui il costruttore Mario Dora versò 300 milioni alla de nazionale, ad altri immobili meno costosi a Monza, a Gessate, e naturalmente a Milano. Come il palazzo di via Senato appartenuto al conte Titta Giliberti, venduto per 40 miliardi nell'89 all'Immobiliare Senato, e acquistato per 75 miliardi, solo 4 mesi dopo, dal Fondo pensioni Cariplo. Fatti i conti saltano fuori tangenti per 5 miliardi. Fabio Potetti Maurizio Prada, avrebbe pagato Mazzotta per la Metropolitana