DE GREGORI Adelante Italia contro i trasformisti

iintervista. Il cantautore a viso aperto, fra musica e cultura, politica e poesia iintervista. Il cantautore a viso aperto, fra musica e cultura, politica e poesia DE GREGORI Melante Italia, contro i trasformisti ROMA DAL NOSTRO INVIATO Si definisce «un artigiano», Francesco De Gregori. E mostra i calli sulla punta delle dita: «Mi sono venuti a forza di suonare la chitarra». Stavolta, però, il cantautore colto, poetico e politico accetta di parlare di cultura, poesia e politica. E lo fa a viso aperto, pur ripetendo di non amare il ruolo di «maitre-à-penser» che oggi taluni attribuiscono a lui e ai suoi colleghi: «Il cantautore è un uomo che fa comunicazione - dice. - Tutto lì. Non drammatizziamo». Però c'è stato il tempo dei cantautori con il pugno chiuso, «militanti». Lei meno di altri: di rado affrontava il discorso politico in modo diretto. «Sì, nelle canzoni. Se poi mi chiedevano per chi votassi, rispondevo pei. Senza misteri e, devo dire, con un po' di orgoglio». Oggi la militanza, più che dei cantautori, sembra essere patrimonio dei rapper. «Beh, non penso di dover star qui a difendermi. Comunque, Chi ruba nei supermercati è una canzone molto esplicita, potrebbe essere la canzone di una posse; anche Dottor Dobermann o Bambini venite parvulos, con quel verso che diceva, agli inizi dell'89, "legalizzare la mafia sarà la regola del Duemila"... Non credo di essere stato mai schierato rigidamente: però l'ansia di descrivere la politica, il malcostume di certi anni, l'ho sentita. E per un po' ho avuto la sensazione di vivere in grande controtendenza: cantavo certi temi, e mi sentivo dire "ma ancora?". Adesso è diverso. Più facile». Guccini, non sospettabile di oppurtunismo, ha fatto una canzone politica, per la Baraldini... «E io ho fatto una canzone con la Baraldi. No, non è una battuta, la risposta è tutta qui: un cantautore fa quello che sente, senza obblighi. Non è tenuto a fare o non fare... La cosa buffa è che oggi la politica mi interessa di meno. Sono meno accanito nella lettura dei giornali: mi sembra di trovarci dentro soltanto cose che già sapevo. Ricorda quando Pasolini scrisse quell'articolo, "Io so"? Io so chi ha messo le bombe in piazza Fontana... L'abbiamo sempre saputo che la de e il psi avevano occupato lo Stato, sottratto ricchezza, cultura e intelligenza a tutti noi, per decenni. Adesso che viene fuori... Anch'io sono affezionato a Di Pietro. Però sta soltanto mettendo in bella copia quello che sapevamo. Non guardo il processo Cusani in televisione. E' come se l'avessi già visto». Lei due anni fa è andato a cantare per Alleanza democratica. Lo rifarebbe? «Le cose non vanno mai ripetute. Credo comunque che quel progetto fosse, e resti, il nocciolo della nuova sinistra. E la mia storia, la mia cultura, mi portano a stare da quella parte. Non mi va di fare l'imbonitore, di andare a cantare "per qualcuno". Ma neppure posso nascondermi. Con Alleanza si cercava il nucleo di un accordo tra forze progressiste. E per la prima volta sono stato davvero orgoglioso di fare una cosa, di cantare non "per", ma "con" qualcuno. Con Ayala e Adornato e gli altri è stato un coro: l'entusiasmo, la speranza, erano collettivi. Comunque ho l'impressione di capirne più io di politica di quanto loro non capiscano di musica». Ma lei si darebbe alla politica attiva? Si candiderebbe? «No. A ciascuno il suo ruolo». Allora parliamo di lavoro: subito dopo «Canzoni d'amore», è uscito il «Il bandito e il campione». L'hanno accusata di sfruttare il momento favorevole. Per tutta risposta, lei pubblica un secondo (dive», «Bootleg». Arriveranno altre bordate, no? «Immagino. Ma il critico risponde di ciò che scrive a chi lo legge. Io rispondo a chi mi ascolta. Spero che siamo tutti in buona fede. Bootleg mi piace, mi sembrava un errore colpevole non rendere pubblica questa versione di Anidride solforosa di Dalla che faccio con Angela Baraldi: la Baraldi ha una voce straordinaria e Anidride solforosa è una canzone straordinaria». Dalla, già. Ha ascoltato il suo ultimo disco, «Henna»? «Dalla è un talento assoluto. Non si può giudicare un suo singolo disco. Lui va su altre strade, cerca altri suoni. Senza Dalla, la musica italiana sarebbe molto più povera. Non è una risposta diplomatica. Non m'interessa parlare bene dei colleghi a tutti i costi». A proposito, lei è un estimatore di Vasco Rossi. «Vasco è grande perché ha captato la vibrazione di una generazione. E' riuscito a essere un portavoce onesto. Parla con la sua voce, la sua intelligenza, il suo talento. Ma parla al suo pubblico. Che magari non si riconosce completamente in quel che dice, ma si riconosce in quella voce. Direi quasi che Vasco Rossi non esiste, o ne esistono dieci, come Omero o Shakespeare: è la voce del suo tempo. Vasco arriva a tutti, anche a chi di solito non ascolta la musica. Il vero poeta, oggi, è lui». L'eterno dibattito se a canzoni si possa far poesia... «Quando mi definiscono "poeta", provo fastidio. Se fossi un poeta, scriverei poesie: mi confronterei con una tecnica diversa, mi metterei a tavolino, senza strumenti musicali, e proverei a scrivere. Non faccio l'autore di canzoni perché non riesco a scrivere poesie, ma perché ho scelto questo mestiere. Però la poesia è un'arte rimossa, non arriva alla gente: quando sento di libri di poesia considerati "successi editoriali" perché tirano tremila copie comperate da altri poeti, penso che la poesia non contribuisca a formare la cultura di questa fine di secolo. Non viene parlata nelle strade, non viene recensita: forse anche per un atteggiamento neghittoso dei poeti». Voleva dire questo, in «Poeti per l'estate»? «Come ogni canzone, Poeti è estrema per esigenze di sintesi. Però provo fastidio per l'immagine della poesia come qualcosa di particolarmente elevato che ha rimosso ogni slan¬ cio civile, al contrario di quel che avviene in molte canzoni. Rifletta: nelle scuole c'è il movimento delle autogestioni. Ho ricevuto svariate richieste di andare nelle classi a parlare del mio mestiere: ho rifiutato per non sovrapporre il mio ruolo di uomo di spettacolo a un'iniziativa degli studenti per fare cultura. Però non mi risulta che abbiano invitato giovani poeti. Certo, i poeti non vanno in tivù, non sono "star": e non è colpa loro. Ma hanno, come dire? Paura di sporcarsi le mani. Invece il poeta deve comunicare, arrivare a tutti. Sennò la canzone diventa più importante, come fatto culturale». Dal che l'idea di Vasco Rossi poeta. Però anche «Adelante» è arrivata a tutti: e si è detto che «l'uomo con due occhi che sembra un diavolo» è Andreotti. «Ma no. Sa come mi è venuta l'idea di Adelante? Guardando un vecchio film, Vite vendute: uomini senza destino che guidano camion carichi d'esplosivo... Non passo la vita a pensare a Andreotti». Ancora la realtà filtrata attraverso icone culturali. «Mio padre mi ha fatto capire questo, della cultura: non è necessario leggere molto, ma sapere dove cercare quello che è importante leggere. Considero mio padre un intellettuale, nel senso vero della parola. Un operatore culturale. Faceva il bibliotecario: pensi che significava quel mestiere nell'Italia degli Anni 50. Era il mestiere di Bianciardi». Lei, una volta, ha pure lavorato in una libreria. «Per poco: volevo imparare, avevo in mente di aprime una mia. Ho rinunciato: mi spaventava la parte amministrativa, carte, moduli...». Le tasse... «Le tasse bisogna pagarle. Io le pago. Per principio. Non posso non farlo. Sono cosciente che il nostro sistema fiscale è caotico, per certi aspetti medievale: bisogna modificarlo, ma intanto pagare. La democrazia si sfascia, se passa l'idea dello sciopero fiscale. Sciopero che può essere chiesto apertamente, come oggi avviene, ogni tanto; o suggerito da un regime che tollerava o incoraggiava l'evasione. La nostra democrazia non ha funzionato anche perché ha aumentato sacche d'evasione. Ecco: sarei pronto a pagare di più, se servisse a rigenerare questo Paese». La rigenerazione del Paese è un'esigenza che si avvertiva anche in una canzone di quindici anni fa, «Viva l'Italia»: c'era quell'immagine dell'«Italia che resiste»... «"Viva l'Italia che resiste" era l'ultimo verso. Ed era collegato al primo, "l'Italia liberata". L'avevo pensato apposta, Liberazione e Resistenza, perché fosse chiara, non potesse essere sfruttato da destra». Come poi fecero. «Ci provarono...». Cosa pensa di Berlusconi? «Ha gettato la maschera. Ha costruito un impero grazie all'assenza di una normativa e con l'appoggio di partiti, primo fra tutti il psi di Craxi, completamente sconfessati: quindi, l'ha creato in maniera a dir poco equivoca. Quello che ha fatto Berlusconi in Italia, nessuno, in nessun altro Paese, avrebbe potuto farlo. Adesso vuole difendere i privilegi che s'è preso: ma trovo ridicolo, anche se per certi aspetti comprensibile, l'accanimento contro gh "ex comunisti", come li chiama. Puoi essere un avversario del pds, ma perché presentare un'eventuale vittoria delle sinistre come una jattura per il Paese? Al massimo, sarà un inconveniente per lui. La sinistra ha dimostrato di essere una controparte politica di tutto rispetto. No, Berlusconi non mi è simpatico». Tuttavia lei è stato ospite delle sue tivù. Ci andrà ancora? «Se Berlusconi diventerà ciò che vuol diventare, magari presidente del Consiglio, mi porrò il problema. Però non è su questo che si gioca la partita della democrazia: Berlusconi oggi non è diverso da ieri, e nei programmi musicali delle sue tivù ho trovato a volte più rispetto verso il mio mestiere di quanto non ne abbia trovato in Rai. Se vado da Berlusconi a cantare quello che mi pare, e non mi censurano, e neppure mi impongono quel coté scenografico che trovo in altre reti, non porto acqua al mulino di nessuno. Forse qualche suo servo sciocco non mi vorrà più in trasmissione, ma è un altro discorso». Torniamo al «nuovo che avanza)). Oggi tutti dicono di essere il futuro. «Talora sono tentativi patetici. I Mastella o i D'Onofrio non sono credibili, come uomini nuovi. O quell'Ombretta Fumagalli Comesichiama. E' gente che ha sempre vissuto certi ruoli politici: adesso si rende conto che è finita, e cerca un sistema per restare. Ma sì, c'è anche quell'Italia trasformista: s'è sempre detto che il 25 aprile non si trovava più un fascista. Però la storia è una serie di lezioni: oggi non credo che il trasformismo possa funzionare. Non ai livelli di un Mastella o di un D'Onofrio. Non mi fanno paura». E se invece, alla fine, prevalessero i «trasformisti»? «Faremo come i cristiani nel Colosseo: moriremo da martiri. Ma avremo combattuto dalla parte giusta. Non dalla parte dei leoni». Gabriele Ferraris «Di Pietro? Mette in bella copia quello che noi sapevamo già» «Il vero poeta, oggi è Vasco Rossi: è lui la voce del nostro tempo» «Berlusconi difende i suoi privilegi ma è ridicolo il suo accanimento contro gli "ex comunisti"» «Il vero poetaè Vasco è lui ladel nostro teNell'immagine grande Francesco De Gregori A destra il giudice Antonio Di Pietro, in basso Silvio Berlusconi, in alto Giuseppe Ayala e Vasco Rossi «Berlusconi difema è ridicolo ilcontro gli "ex coI I .1% Nell'immagine grande Francesco De Gregori A destra il giudice Antonio Di Pietro, in basso Silvio Berlusconi, in alto Giuseppe Ayala e Vasco Rossi

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