Ex Jugoslavia i criminali si arricchiscono; viva le forze corsare

Dacci oggi le nostre scarpe quotidiane lettere AL GIORNALE ExJugoslavia, i criminali si arricchiscono; viva le forze corsare Un cinico commercio che fa comodo a molti Vi scrivo per ringraziarvi per la pubblicazione sulla Stampa della denuncia, rilasciatami dall'Arcivescovo di Sarajevo, dello strapotere della criminalità organizzata sulla popolazione della capitale bosniaca. La malavita locale ha sostanzialmente assunto il controllo dei traffici illeciti. Tra questi particolarmente fiorente è il mercato nero di viveri e combustibili, che costituisce l'unica reale fonte di approvvigionamento per i circa trecentocinquantamila sarajevesi ancora residenti in città. Sarajevo è, infatti, in imo stato di deprivazione pressoché assoluta. Durante gli oltre 20 mesi di assedio la quantità di viveri procapite distribuiti è stata di soli 125 grammi (!) al giorno. Sul mercato clandestino un chilo di patate giunge a costare sino a 15 marchi, ovvero l'equivalente di 5 mesi di stipendio, ed un litro di preziosissimo gasolio ben 30 marchi. Su questa guerra dunque la criminalità locale sta costruendo delle vere e proprie fortune. Queste cifre possono darci la dimensione di grandezza di questo cinico commercio, ma ancor più debbono farci comprendere come 10 schieramento dei fautori della guerra ad oltranza trovi negli interessi di una criminalità organizzata e politicamente introdotta un alleato potente. Nel leggere l'articolo, così come è stato pubblicato, mi sono reso conto che i tagli imposti all'intervista hanno finito per snaturarne 11 significato. Il conflitto per la gestione e la distribuzione degli aiuti non contrappone, infatti, soltanto i cattolici ai musulmani di Sarajevo, ma soprattutto ìe bande criminali che hanno infiltrato l'esercito bosniaco e la popolazione civile nel suo complesso. A conferma di ciò, il sindaco di Sarajevo mi ha confidato che la condizione di guerra consente ad alcuni personaggi, pervenuti al potere negli schieramenti contrapposti, un tale accumulo di denaro e prestigio, anche politico, da rendere per essi la pace un vero danno. Il ridurre la problematica della gestione degli aiuti a una semplice contrapposizione tra etnie è, dunque, un errore che dobbiamo evitare. Esso rispecchia, tra l'altro, una inadeguata chiave di lettura di questo conflitto: quella riflessa nel distorcente specchio dei nazionalismi, gli stessi che hanno suscitato questa guerra. Ritengo che anche a questo schematismo interpretativo intendesse riferirsi mons. Pulic, nella sua critica alla superficialità con cui i mass media si sono occupati di questo conflitto. Anche questa parte dell'intervista non ha, purtroppo, avuto pubblicazione. Marco Ferrerò, Torino Religione una minoranza tradita A proposito dell'iniziale decisione governativa di non tener conto della ricorrenza della Pasqua ebraica per la data delle prossime elezioni, Paolo Mieli ha scritto: «Un Paese civile lo si riconosce anche dal modo in cui riesce a rispettare le minoranze». Un indiscutibile progresso in tal senso il nostro Paese lo ha compiuto nell'ultimo decennio stipulando una serie di «intese» con le comunità religiose minoritarie, fra le quali l'ebraica, l'avventista, la pentecostale e la valdo-metodista. Buone indicazioni emergono anche dal recente dispaccio di agenzia, secondo cui Ciampi avrebbe espresso l'intenzione di concludere tra breve l'intesa con i 60.000 italiani di fede buddista. Ma rimane un mistero come sia possibile che di tutte le minoranze religiose, i testimoni di Geova, che vantano il maggior numero di aderenti nel nostro Paese (con oltre 350.000 partecipanti alle riunioni per il culto) continuino ad essere esclusi da questo diritto costituzionale. Mi sia concesso di esprimere al riguardo un fondato sospetto. Per il suo attivo proselitismo, la religione dei testimoni di Geova costituisce la maggiore preoccupazione dei vertici della Chiesa italiana, che in anni recenti si è spinta fino al punto di richiedere l'intervento del «braccio secolare» per limitarne l'espansione. E' più che verosimile dunque che dietro l'apparente dimenticanza governativa dei diritti di questo mezzo milione circa di italiani vi sia l'interessato intervento delle autorità ecclesiastiche. Eppure, per usare le parole di Domenico Del Rio ne La Stampa del 20 gennaio il rispetto verso una piccola minoranza religiosa non è un «atto di bontà», ma «la normale considerazione che si ha per le persone all'interno di una convivenza umana». Faccio appello dunque a tutti coloro che ancora sono disposti a credere nel «nuovo», nello Stato laico, nella democrazia compiuta: non c'è niente di «nuovo» nel perpetuare le violazioni di principio. dr. Lelio Mario Sarteschi Medico chirurgo, Lucca Niente più soldi alla Raffaello Sanzio Apprendo dai giornali dell'esclusione della compagnia di ricerca teatrale Raffaello Sanzio, di Cesena, dall'accesso ai finanziamenti statali decretata dalla commissione per la prosa del Dipartimento dello Spettacolo. Non conosco i motivi dell'esclusione. Avverto tuttavia come un grave danno per il teatro italiano - specie se si pensa al consenso, anche internazionale, che tale compagnia riscuote - questa sorprendente decisione. Siamo abituati a pensare la civiltà come un insieme di fatti progressivi e irresistibilmente predeterminati. Ma ciò non è che una abitudine mentale. In realtà la civiltà, e in essa la città - la polis! - e in essa il teatro, come fenomeno il più antico e invincibilmente significativo, è fragilissima. Non sostenuta, la civiltà di un Paese può ben cadere a terra. Vorrei, con questa, invitare tutti coloro che amano teatri e città a far pervenire al vostro giornale il loro sostegno alla compagnia Raffaello Sanzio di Cesena. Meritevole di continuare a lavorare tra le forze «corsare» di una comunicazione, la più estesa e profonda possibile, capace di esplorare, con l'insostituibile Parola, o grido, il nostro problematico presente. Antonio Tarantino Premio Riccione Ater 1993 per il teatro Il voto europeo e i greci in Italia I cittadini greci che intendono esercitare in Italia il diritto di voto per la elezione dei rappresentanti nazionali al Parlamento Europeo, sono tenuti a presentare o far pervenire tramite persona designata entro e non oltre il 4 marzo prossimo, un'apposita dichiarazione alla sede consolare ellenica più vicina al loro luogo di residenza. I relativi moduli potranno essere ritirati presso tutte le sedi consolari o di rappresentanza elleniche in Italia. Alle elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo, che all'estero si svolgeranno sabato 11 giugno 1994, potranno partecipare tutti i cittadini greci aventi diritto di voto purché risultino iscritti negli elenchi elettorali in Grecia e siano in possesso di libretto elettorale e di carta d'identità o di passaporto. In prossimità alla scadenza elettorale, chi avrà già presentato la dichiarazione per esercitare in Italia il suo diritto di voto, dovrà mettersi in contatto con le autorità consolari per ottenere conferma della sua avvenuta iscrizione negli speciali elenchi elettorali nonché l'indicazione del seggio presso cui voterà. Si informa inoltre che i cittadini greci, al pari dei cittadini degli altri Stati membri dell'Unione Europea che risiedono in Italia, possono, in alternativa a quanto sopra, esercitare il proprio diritto di voto partecipando unicamente all'elezione dei rappresentanti italiani al Parlamento Europeo; in tal caso - che beninteso renderebbe incompatibile l'espressione di voto per l'elezione dei rappresentanti greci - dovranno attenersi alle procedure e alle modalità che verranno rese note dalle compe tenti autorità italiane. Jannis Zissimos, Roma Consigliere stampa dell'Ambasciata di Grecia Torti e ragioni della Parenti La dottoressa Parenti, nell'intervista di Pierangelo Sapegno pubhcata ieri, dice: «Io dico solo che ho diritto ad avere più rispetto. E che l'avevo questo diritto anche que sta estate, quando Violante disse che la mia inchiesta era una put tanata giuridica». Ha ragione la dottoressa Paren ti a chiedere rispetto per il suo la voro. Ha torto, invece, ad attri buirmi quel giudizio che non ho mai pronunciato e il cui stile, na turalmente, non mi appartiene. Luciano Violante