Ricci l'ultima trincea del fascista rosso

20 il caso. Era anarchico, ma amava Mussolini: la verità sull'eretico del Ventennio ■ Ricci, l'ultima trincea del fascista rosso R~ IVOLUZIONARIO o imperialista? Anarchico o fascista? Quanto fedele a Mussolini? Quanto am minatore di Hitler? E quanto influenzato dal socialismo e dal leninismo? Amico intimo di Romano Bilenchi e Ottone Rosai. Protetto da Giuseppe Bottai e in parte da Galeazzo Ciano. Collaboratore del Selvaggio di Mino Maccari, ma anche del mussoliniano Popolo d'Italia. Più simile a Elio Vittorini o a Indro Montanelli? La biografia di Berto Ricci, ribelle intellettuale fiorentino, è una somma di interrogativi. Considerato dall'ex direttore del Giornale nuovo un «maestro di carattere» e collocato dallo storico Renzo De Felice nella «sinistra fascista», è il personaggio che più apertamente riassume le contraddizioni del regime: il suo era Un fascismo impossibile, come dice il titolo di un libro di Paolo Buchignani, storico del Novecento, che le edizioni del Mulino manderanno nelle librerie la prossima settimana. Ma la vita inquieta di Berto Ricci, nato nel 1905 a Firenze, figlio unico di un funzionario delle ferrovie, e morto nel 1941 in Libia, dove era andato volontario, diventa l'occasione per riportare alla luce tutto uno spigoloso mondo di intellettuali toscani che diede una propria impronta alla cultura fascista. Formatisi sulle pagine della Voce e di Lacerba e soprattutto sulle letture di un poeta eversivo come Dino Campana o di uno scrittore morale come Federigo Tozzi, avvezzi alla polemica fin dai primi passi nelle lettere, erano i sostenitori di una cultura antitradizionalista - che si espresse in particolare in «Strapaese» e nel longanesismo, in opposizione, per esempio, al Novecentismo di un Bontempelli. Un mondo attraversato da figure che presero strade diverse: Ardengo Soffici, l'editore Vallecchi, Luigi Bartolini o Aldo Palazzeschi, e i già citati Bilenchi, Montanelli, Rosai, Vittori- ni, per fare solo qualche nome. «Enfant prodige», secondo Buchignani, Roberto Ricci, noto come Berto a partire dalla sua collaborazione al Selvaggio nel 1927, mescola negli anni giovanili le passioni per la matematica e per la poesia. Fino all'età di vent'anni è un anarchico antifascista, influenzato da Proudhon e Sorel e innamorato dei mistici medievali. In una lettera si definisce «un poeta, ossia un violento, un antimoderno». L'adesione al fascismo avviene attraverso la frequentazione dell'editore Enrico Vallecchi e la cerchia di intellettuali che fanno capo alla casa editrice, primo fra tutti il pittore e scrittore Ottone Rosai. Un filo rosso univa comunque l'anarchismo e il fascismo di Berto Ricci: egli faceva parte di quella generazione di mezzo che vede nel fascismo una rivoluzione sociale. A questa idea era ispirata la rivista L'Universale, che fondò nel 1931, e che venne soppressa da Ciano nel 1935, dopo quattro anni di contrasti, censu¬ re, sequestri, soprattutto a causa degli articoli contro la borghesia e il capitalismo. L'intellettuale di destra Marcello Veneziani ha sostenuto sul Giornale che la rivista sarebbe stata chiusa d'accordo col fondatore, ma Paolo Buchignani presenta documenti che smentiscono questa tesi compiacente. In realtà Ricci e i suoi amici andavano benissimo finché servivano come alibi per tenere in vita il rivoluzionarismo fascista e agitarne lo spauracchio. Per cui si poteva lasciare scrivere a Romano Bilenchi, sulTI/raversale nel 1934: «Tutti gridano urlando lodi alle corporazioni: il liberale, il signore che vive di rendita, il fascista, l'antifascista, il borghese, il parassita, il rivoluzionario, l'operaio. Eppure a qualcuno la rivoluzione dovrà tagliare la testa». D'altra parte, nello stesso anno il Duce proclamava in un discorso a Bari: «L'obiettivo della nostra marcia, sul terreno economico, è la realizzazione di una più alta giustizia sociale per il popolo italiano». Ma nel 1935, come si sa, Mussolini decise la «stretta di freni» che dagli Anni del consenso doveva portare allo Stato totalitario, per usare due felici formule di Renzo De Felice. Così quando Berto Ricci scriverà, nel 1937, su Critica fascista che «il problema non è o è solo secondariamente quello di abbattere il bolscevismo, ma è in primissima linea quello di abbattere un mondo, una struttura economica e morale che ha reso il bolscevismo possibile e inevitabile», le sue parole suonano come un recipiente vuoto; e quando un anno più tardi comunica ai suoi ex collaboratori che vuole rifare la rivista - cosa che non gli riuscirà -, si avverte nella lettera un senso di sfiducia: «Finché non si organizza su nuove basi la produzione e non la sola ripartizione si resta nel sistema borghese, nella civiltà borghese, nel fascismo borghese». E' diventato fatalmente un predicatore nel deserto che denuncia invano la povertà dei meridionali e «le diversità assurde di tenore di vita» fra padroni e operai. A quell'epoca Montanelli lo aveva già ammonito che il fascismo portava alla rovina il Paese e Bilenchi e Rosai avevano rotto, per cause ideologiche, l'antica amicizia. Il povero Ricci continuava a prendersela coi «cani ammaestrati», senza rinnegare l'amato Mussolini. D'altronde nel '32 si era compiaciuto per il cancellierato di Hitler, «uomo di grandi e sicure qualità». Può essere vero, come scrive Buchignani, che Ricci aveva in comune con Vittorini l'idea di un primato della cultura sulla politica, ma di certo non sapeva guardare politicamente molto lontano. Alla fine fece di tutto, comprese suppliche e raccomandazioni, per essere mandato in prima linea: chissà se a cercare in una morte eroica la mancata rivoluzione. Alberto Papuzzi Era appassionato di matematica e poesia. «Hitler? Ha grandi qualità» Bilenchi e Bottai ruppero l'antica amicizia, lui cercò la morte in guerra ■ Da sinistra, Petrone. Romanelli, Bottai, Ricci, Luchini, Bilenchi e Bettolini: tutti collaboratori (tranne Bottai) dell'«Universale». A fianco, Hitler A destra. Ricci con la moglie A fianco Elio Vittorini. Con lui Ricci aveva in comune l'idea di un primato della cultura sulla politica. A sinistra Dino Campana

Luoghi citati: Bari, Firenze, Libia