Monsieur Nessuno ultimo Papa rosso

Beirut, ucciso diplomatico giordano FRANCIA Al Congresso comunista designato l'uomo che guidò una marcia anti-immigrati Monsieur Nessuno ultimo Papa rosso Addio a Marchais, Robert Hue nuovo leader delpcf\ «Anche il Papa è eletto più democraticamente di un segretario del pcf», si lamentava nei giorni scorsi Jean-Pierre Brard, un dissidente nel partito ex monolitico di Marchais. Da ieri il Papa rosso si chiama Robert Hue: ma è stato l'ultimo leader dei comunisti francesi, una specie in via d'estinzione, a essere designato nel segreto da un pugno di oligarchi. Con Georges Marchais, salutato dal congresso come «l'uomo che ha fatto del pcf un grande partito internazionale», portandolo però dal 25 al 9% dei voti, va in pensione anche il centralismo democratico. Meglio tardi che mai. «Tranquilli, qualcosa cambierà anche da noi», è stata la prima dichiarazione del neoeletto. Tutto si può dire di Robert Hue, tranne che sia un capo scelto per i mass-media. Piccolo, grassottelle, quasi calvo, e quasi sconosciuto. Prima di oggi era finito sui giornali forse una sola volta. Facendo scandalo. «Comunista guida la rivolta contro gli immigrati», titolò la stampa parigina nel febbraio dell'81. Al- lora Robert Hue guidò una marcia di protesta per chiedere l'espulsione di una famiglia di immigrati, accusata di condurre un traffico di droga. A chi ieri glielo rinfacciava, il nuovo segretario del pcf ha risposto duro: «Lo rifarei. Non contro gli immigrati ma contro la droga, che oggi come nell'81 è il flagel¬ 10 della banlieu». Ai margini della Grande Parigi Hue è nato e cresciuto. E non se n'è mai andato. Di mestiere fa 11 sindaco di Montigny-Les-Cormeilles, il suo paese, qualche decina di chilometri a Nord della capitale. Di sé ama dire: «Sono un comunista atipico. Sempre lontano dai giochi di potere, dalla segrete stanze. Credo nella democrazia locale». Non è poco, in un partito da sempre diretto rigidamente dall'ufficio politico, alla moda del pcus dell'era ante Gorbaciov. Non che il pcf non avesse i suoi eretici. Fiterman, Rigout, Ralit, ministri della breve stagione delle nazionalizzazioni e dei sogni nel governo di Pierre Mauroy, richiamati da Mar¬ chais ai primi segni dell'insofferenza operaia, da anni chiedono l'abbandono del breznevismo post-litteram e il varo di una linea riformista, che porterebbe verso gli ecologisti e l'ala sinistra socialista di Chevènement. Urla inascoltate. «Alla politica che difendo da vent'anni ci tengo come alle pupille dei miei occhi», digrignava i denti Marchais in apertura del congresso. Non a caso, dal conclave rosso di Saint-Ouen si attendeva il nome di un fedelissimo. Ad esempio, Francis Wurtz, una vita all'ombra del Capo. La scelta di Hue suona invece come un compromesso con l'ala avanzata del partito. Fiterman non ci crede, si dimette sbattendo la porta. Ma i primi segnali di apertura già si intravedono. Oltre all'abbandono del centralismo democratico - peraltro ferocemente contestato dalla federazione del Pas-deCalais, gli irriducibili del Profondo Nord -, il partito celebra ormai l'economia mista. Troppo tardi, forse. Alle politiche del marzo scorso il pcf non ha guadagnato un voto dal crollo socialista, anzi. Primo compito del nuovo leader sarà rispondere alla domanda che un desolato Marchais poneva ai congressisti, non dal palco ma dalla vignetta del Nouvel Observateur. Il problema non è più «chi dirigerà», ma «c'è ancora qualcosa da dirigere?». Aldo Cazzullo Finisce il centralismo democratico, sì all'economia mista Ma è troppo tardi Il segretario dimissionarlo Georges Marchais è stato salutato dal Congresso come «l'uomo che ha fatto del pcf un grande partito»; in realtà l'ha portato dal 25 al 9% dei voti

Luoghi citati: Francia